Quando il destino ha voglia di divertirsi, e nel calcio trova in questo senso terreno molto fertile, mischia storie molto diverse tra loro, accumunate da un qualcosa di sottile, imperscrutabile. Tra Prato e Teramo ci corrono 450 chilometri, una ad un’ora di treno dalla riviera tirrenica, l’altra a mezz’ora di macchina dall’Adriatico, una al centro-Nord, l’altra al centro-Sud. Poco, pochissimo in comune. Quest’anno, a legare con un filo queste due realtà c’è un campionato, la Lega Pro “unica” come a qualcuno piace chiamarla. E poi, ovviamente, ci sono i sogni e le ambizioni, bagnate dal sole d’agosto, tipiche di chi abita in una città come queste, di chi tifa una squadra come queste. Il sogno è sempre di trovarsi, dopo qualche mese, lassù in cima, di vedere i propri ragazzi suggellare sempre più vittorie, di guardare tutti dall’alto, di ottenere la promozione.

Era il 21 giugno del 1964. Il Prato stava disputando, nel caldo neo-estivo di Catanzaro, l’ultima gara di Serie B della sua storia. Finì con un’inutile vittoria per 2-0, che non servì a evitare il ritorno dei lanieri in Serie C. Sono passati oltre 50 anni e da allora il Prato e i suoi tifosi, complici le scarse casse e ambizioni societarie, hanno assistito a innumerevoli campionati di terza e quarta serie con in mente sempre e solo il desiderio di tornare a disputare il campionato cadetto. Molti di coloro che sono presenti quest’oggi sugli spalti del Lungobisenzio, la B, se erano nati, non se la ricordano.

Era il 15 luglio 2008. La Teramo calcistica stava compiendo i suoi venerandi 95 anni di storia. Intanto, nei palazzi della Federazione, si stava decretando la sua radiazione dal calcio professionistico. Così fu: la nuova Real Teramo si trovò rimbalzata tra i campi di quartiere della Promozione abruzzese, trovandosi spesso costretta a chiedere la disputa delle gare in campo neutro a causa dell’alto numero di sostenitori a seguito del Diavolo. L’inferno. Intanto, da quelle parti, pochi mesi prima, si erano conclusi i lavori di costruzione del nuovo stadio della città, il Gaetano Bonolis nella località di Piano d’Accio, non propriamente gradito ai nostalgici del Vecchio Comunale. Uno stadio da oltre 10.000 posti, pronto a ospitare grandi gare e sicuramente non un torneo interregionale.

Da allora, da quel campionato di Promozione, sono trascorsi quasi sette anni e il Teramo nel frattempo ha ottenuto la bellezza di quattro promozioni. Il ritorno nei professionisti ha portato con sé una bega in più da affrontare per coloro che allo stadio non ci vanno la domenica e basta, bensì lo vivono quotidianamente: la Tessera del Tifoso. Come spesso è successo a cavallo dello Stivale, diverse decisioni hanno preso piede nella tifoseria teramana e anche nella città abruzzese ci si può quindi trovare di fronte a gruppi tesserati oppure no.

Ed eccoci dunque arrivati a oggi. E’ il 19 aprile 2015 e Prato e Teramo stanno per scendere in campo. I padroni di casa, sedicesimi, vanno in cerca disperatamente di punti buoni per una salvezza che a tratti sembra lontana anni luce. Gli ospiti, primi, sette punti di vantaggio sull’Ascoli secondo, con una vittoria al Lungobisenzio e una sconfitta dell’Ascoli al Del Duca, sarebbero aritmeticamente in Serie B con tre giornate d’anticipo. Sono quasi 1.000 i tifosi al seguito del Diavolo al “Lungo”. 450 chilometri di passione e di entusiasmo per un sogno ormai ad un passo: la prima volta fra i cadetti. I biancorossi fanno il loro ingresso nel settore ospiti. Viene appeso, oltre alle pezze, un grande striscione e sistemato un grande copricurva pronto ad essere issato. E poi ancora, tante bandiere rosso fuoco e qualche torcia d’atmosfera. L’entusiasmo è alle stelle, anche fuori, dove un folto gruppo di non tesserati ha trovato l’ingresso sbarrato e, seppur lontano dal terreno di gioco, non smette di lottare e di far sentire il proprio calore ai ragazzi in campo.

Dall’altra parte dello stadio, i tifosi lanieri si stanno accomodando nel loro settore. Lo spettacolo che offre quest’anno il lato riservato ai biancoazzurri non è dei più felici: due settori su tre sono chiusi per inagibilità in attesa dei lavori di smantellamento e ricostruzione, e ai pratesi non rimane che il settore centrale coperto che conta poco meno di 1.000 posti. Un manipolo di ultras dunque, costretto in questa nuova “abitazione d’emergenza” sistema le pezze e le bandiere, poi si compatta pronto per la gara. Il numero non è alto, ma la carica e la determinazione non mancano, malgrado l’ennesimo campionato nei bassifondi. Per loro quella di oggi è una gara importante e lo si capisce dal volto di chi c’è. Oltre a punti e campionato c’è una tifoseria di fronte, la più numerosa degli ultimi anni. Una tifoseria pronta a festeggiare da un momento all’altro. Pronta a festeggiare, per un bastardo scherzo del destino, proprio al Lungobisenzio dove la B manca da 50 anni.

La gara andrà come andrà e questa è un’altra storia. La rimonta dell’Ascoli a pochi minuti dalla fine basta a rimandare la festa a data da destinarsi e la sconfitta sul campo dei ragazzi di Vivarini peggiora, se così si può dire, la situazione, rendendo turbolenti e non poco i chilometri del ritorno verso l’Abruzzo. Il pensiero vola però già a domenica prossima. Una nuova finale, questa volta al Bonolis. Una nuova finale per regalare a Teramo quello che nessuno è riuscito a regalare mai. Quello che a Prato manca da troppo tempo.

Dopo soli sette anni da un atroce fallimento, il Sogno è lì, il Paradiso è ad un passo. Forza Diavolo, corri e conquistalo.

Testo di Lorenzo Putignano.
Foto di Michele Di Fronzo.

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