“Ogni popolo è parte di una storia,
la storia produce arte che è simbolo,
noi siamo simbolo”. 
– F. Zeri

 

A Bergamo c’è l’esempio più eclatante dell’archetipo del nostro corrispettivo capo curva: Bartolomeo Colleoni, uno dei più noti capitani di ventura. Egli fu audace, rapace, violento, scaltro, forte e trascinatore.

Fu fuori dalle regole ma dentro ai meccanismi di potere; tradì per poco e amò con tutto, disse no per capriccio e sì per rischio e alla fine vinse lui, la sua mentalità. Non a Santi né a umanisti vennero dedicati monumenti e statue equestri ma a lui sì. Ovunque e sbeffeggianti, scolpiti e fusi nel bronzo, i tre testicoli del suo stemma lo ricorderanno in eterno.

Ancora oggi cerchiamo figure del genere nei nostri colorati eserciti di ultras sparsi per lo Stivale e ne riconosciamo quelle doti e quegli attributi necessari a guidare una Curva. In centro a Bergamo, ad esempio, molti sono gli adesivi e le scritte inneggianti degli ultras atalantini al loro capo, recentemente inquisito e le cui arringhe ai tifosi e ai calciatori sui social hanno più like di una rockstar.

Il terreno di scontro tra AlbinoLeffe e Mestre è appunto uno dei più difficili e consacrati del massimo campionato e nell’animo delle tifoserie questo è latente. Così, con la buona lena di un piccolo equipaggio su una petroliera i due gruppo issano le pezze ai corrimano del “Atleti Azzurri d’Italia”.

Pochi istanti prima del calco d’inizio i sostenitori di casa si presentano in numero esiguo avvolti nelle pezze bianco azzurre. Il loro giovane condottiero parla dell’origine dei “Nuova Guardia AlbinoLeffe”, nati nel 2004 e racconta come in seguito a fallimenti, scandali, tradimenti e repressioni sia stato difficile andare avanti. Parla da vero comandante e le mostra tutte, cercando strategie e soluzioni per far fronte alle difficoltà. Trova le parole che infondano coraggio al suo breve manipolo di fedeli che sventolano e cantano consapevoli di quanto sia facile parlare di onore e mentalità in una curva di serie A o in quelle sempre gremite di certe squadre, come un esercito.

La strana euforia della conquista avvolge lo spirito della curva Nord di Mestre che si presenta in gran numero, incitando meglio che in casa, che poi casa non è a sessanta chilometri di distanza, ma qui le chiacchiere stanno a zero e per far bene bisogna tirare fuori gli attributi, tutti e tre.

La partita inizia e l’idolo del giorno è lo speaker che manda in campo le squadre di corsa con le note di Flick, Flock, ossia la marcia garibaldina dei bersaglieri. Ancora simboli e storia nella città dei Mille.

Partita veloce ma senza molte occasioni, squadre tattiche e accorte, sino a quando, verso la fine del primo tempo l’AlbinoLeffe segna. Il piccolo settore azzurro per una volta sovrasta quello ospite e in breve finisce il primo tempo.

Durante la pausa sfila una lunga parata di bambini con le magliettine delle squadre e l’immancabile messaggio antiviolenza, scandito dalle infinite norme comportamentali che i signori dei posti vip approvano, sorseggiando spumante e facendo le faccine alle hostess balconate.

Digrignano i denti e cantano con ancora più ardore i mestrini che inneggiano più volte al Legnano con il quale sono gemellati.

La squadra torna trasformata e fa suo il secondo tempo ribaltando il risultato e mettendo a segno tre palle, come Colleoni.

Anche oggi un altro insegnamento di vita dal mondo del calcio. In fin dei conti cosa si inneggia e si canta di continuo in curva se non un continuo inno alla vita? Che è lotta e speranza, guerra e conquista, insegna che per vivere a questo mondo ci vogliono gli attributi. Non sappiamo cosa dicesse Colleoni al suo esercito, o forse sì. Prima di ogni scontro avrà mandato un grido di guerra del tipo: “Noi vogliamo questa Vittoria”, da ripetere tre volte, ovviamente.

Testo di Angelo Dolce.
Foto di Marco de Toni.