Vivere intensamente e in modo passionale lo stadio come normalmente fanno gli ultras è difficile a qualsiasi latitudine, a maggior ragione in realtà piccole come quella di Ferrandina. La squadra locale ha vissuto, sul finire degli anni ’90, i fasti della serie D, palcoscenico che ha permesso alla comunità ferrandinese di affrontare club blasonati e tifoserie che hanno scritto importanti pagine nel panorama ultras meridionale. Oggi il tifo è retto da una nuova generazione che ha raccolto l’eredità degli Ultras Ferra e, seppur tra mille difficoltà, sta dando continuità al movimento ultras cittadino.

Con piacere abbiamo dato voce alla loro realtà, toccando con mano la voglia e soprattutto l’entusiasmo che mettono in ogni loro azione, andando anche oltre la retorica che vuole gli ultras, spesso per loro stessa ammissione, un mondo chiuso e diffidente, soprattutto nei confronti della stampa e anche di chi, come noi, cerca di descrivere con più onestà e rendere giustizia a un mondo che da 50 anni si muove parallelo a quello del calcio fino a diventarne parte integrante.

 

Per cominciare, per capire in che contesto si muovono i gruppi che intervistiamo, riteniamo interessante capire la loro città e farci raccontare un po’ di essa.
Ferrandina è un piccolo centro di 8 mila abitanti nel cuore della Lucania, il sesto per numero di abitanti della provincia di Matera e il tredicesimo della Basilicata. Un paese piccolo che ci permette di conoscerci tutti e di compattare tutto l’ambiente, soprattutto nelle occasioni importanti. L’estrazione sociale dei “Bad Boys” rispecchia quella della nostra comunità: al Santa Maria puoi trovare fianco a fianco l’operaio e lo studente universitario, uniti tutti dall’amore per i nostri colori.

Nonostante il piccolo centro cittadino, la vostra storia ultras ha radici abbastanza longeve… 
Nel 1982 nascono la “Tomas Army”, gruppo che resta in vita per pochi anni, ma che si fa notare per essere uno dei primi nel sud Italia ad esporre la Union Jack. Nel 1990 vede la luce il gruppo “Orgasmo Rossoblù” poi diventato “Ultras Ferra”, che si segnala per un tifo più “british”, almeno nello stile: sciarpe a “listarelle” e largo uso di pezze e due aste, su tutto. Oggi, nonostante questi gruppi appartengano alla storia del tifo ferrandinese, molti degli “attivisti” dell’epoca supportano noi giovani in questa nuova esperienza.

Quando nascono invece i “Bad Boys” Ferra?
Dal 2008 al 2011 il “Santa Maria”, l’impianto che ospita i match della nostra squadra, è stato chiuso per lavori di rifacimento, costringendo il Ferrandina a cercare continuamente ospitalità. Quella decisione spinse i vecchi gruppi ultras a sciogliere le proprie sigle. Il discorso ultras lo riprendemmo noi nuove leve non appena si ripresentò l’occasione di tornare a tifare per i nostri colori nell’impianto di Ferrandina. Dopo un primo periodo di rodaggio il 26 febbraio 2012, durante il match Ferrandina – Miglionico esponemmo per la prima volta il nostro striscione.

Come siete visti dal resto della comunità Ferrandinese? Vi segue e supporta le vostre attività o c’è una sorta di diffidenza visto come gli ultras vengono spesso considerati dall’opinione pubblica?
Per fortuna la nostra città ci sostiene in tutte le attività, anche se spesso dobbiamo stimolare il tifoso medio. Più in senso lato il Sud Italia, oggi più del passato, vista la disoccupazione galoppante e le scarse opportunità che offre, vede partire i propri figli. Questa emigrazione “forzata” incide purtroppo anche sui nostri numeri.

A proposito di condizionamento numerico, come ha inciso la repressione sulla vostra realtà?
La repressione non risparmia nessuno, anche realtà come la nostra, che disputano campionati regionali, vengono colpite dalla mannaia della repressione: esponenti di spicco dei “Bad Boys” mirati scientificamente da provvedimenti di DASPO, ne sono la riprova.

Il vostro tifo segue una scuola di pensiero particolare, in termini stilistici?
Prediligiamo seguire una linea stilistica che si rifaccia al tifo inglese: largo uso di stendardi, cori secchi senza il ritmo del tamburo. Non disdegniamo lo “stampo italiano”, come l’uso di torce e lo sventolio di bandiere testimoniano. Questo mix di stili rispecchia anche la nostra storia ultras: sono stati i nostri predecessori a prendere quanto di buono fatto dalle due principali scuole del tifo mondiale, appunto quella d’Oltremanica e la nostra.
Da questa stagione abbiamo inoltre deciso di esporre uno striscione con il nome della nostra città. A proposito di materiale, ci fa piacere che la vendita delle sciarpe e delle magliette sia andata molto bene: è anche questo un piccolo segnale della simbiosi fra il nostro gruppo e il resto dell’ambiente.

Molti gruppi ultras non fanno mistero del proprio credo politico, nel vostro caso invece esiste questo richiamo a ideologie o partiti?
Sin dalla nostra nascita abbiamo preferito tenere fuori la politica. Nel gruppo infatti convivono più anime e abbiamo pensato che una celtica, anziché una bandiera con il Che Guevara, avrebbero potuto minare l’unità della gradinata. Questo anche se in passato avevamo portato la nostra presenza ad alcuni raduni ultras antirazzisti, dove erano presenti curve importanti del panorama ultras italiano come Bergamo, Livorno, Terni, San Benedetto del Tronto e Cosenza. Ma per quel che ci riguarda, la posizione maturata è questa.

Quali sono le tifoserie alle quali siete legati da gemellaggi o comunque da rapporti di amicizia?
L’unico gemellaggio ufficiale, ma parliamo dei nostri predecessori (“Orgasmo Rossoblù”), era con i ragazzi di Lagonegro. Gemellaggio che poi con gli anni si è rotto per dissapori che avevano minato il legame stesso. Si è creato un rapporto di rispetto reciproco con Lavello, mentre l’iniziale simpatia con Rotonda è venuta meno dopo la finale di coppa Italia regionale della passata stagione, nella quale la nostra squadra affrontò proprio i biancoverdi. Ad oggi l’unico rapporto ufficiale è con gli ormai disciolti “Ultras Maris” di Rotondella.

Al di là dei rapporti, quali realtà lucane apprezzate?
Abbiamo avuto modo e piacere di vedere all’opera i rioneresi, tifoseria che stimiamo per l’attaccamento incondizionato, e che per questo ci ha sempre colpito in positivo. Per storia e tradizione abbiamo nutrito sempre una forte stima per i potentini.

Andando fuori dai confini lucani, quali realtà in certo qual modo stimate o colpiscono il vostro immaginario?
Durante la stagione 1999/2000, nel girone H di serie D, abbiamo avuto l’onore di affrontare il Taranto, la cui curva di certo non scopriamo noi e che ci ha sempre affascinato. Andando invece oltre le esperienze vissute direttamente, stimiamo molto Pisani, Genoani, Salernitani, Veronesi e Bergamaschi e Baresi, mentre andando oltre la penisola italica citiamo il Liverpool il cui spettacolare “You’ll never walk alone” anche noi amiamo cantare.

Ferrandina è un comune in provincia di Matera, città quest’ultima divisa da uno storico campanile con Potenza, lo stesso capoluogo di Regione verso il quale nutrite stima e simpatia. Quindi come vi rapportate con la gradinata materana, ma soprattutto che rapporti avete con i ferrandinesi che per anni hanno seguito la compagine biancoazzurra?
Ci teniamo a chiarire che tutti i componenti del nostro gruppo tifano Ferrandina. La “pezza” in questione, presente in passato al “XXI Settembre” di Matera, era espressione di un singolo ferrandinese, che per ovvie ragioni, dopo quella scelta, ha chiuso il proprio rapporto con la Ferrandina ultras: crediamo infatti che il tifo per due squadre sia incompatibile.

Ci sono stati momenti di tensione diretta tra le due squadre e/o tifoserie?
Nella stagione 1998-1999 il Matera contese proprio al Ferrandina l’accesso diretto al campionato di Serie D, con match combattuti non solo sul campo ma anche sugli spalti.
Ultimamente, durante un match dell’Italia under 21 disputato a Matera, quelle fratture sono riemerse e ci sono stati dei battibecchi, che comunque non sono sfociati in incidenti.

Oltre questi episodi specifici, quali sono invece le vostre rivalità più sentite?
La rivalità storica è con Pisticci, anche se sarebbe più corretto parlare di campanile. Già infatti dagli anni ’70 i match erano sempre molto accessi. In tanti anni di militanza si sono create parecchie antipatie: Venosa, Tricarico, Marconia, Irsina, Latronico, rivalità che vuoi per le vicissitudini societarie (vedi Pisticci) vuoi per la differenza di categoria, hanno oggi cessato di esistere.
Q
uest’anno si sono invece registrati attimi di tensione a Sant’Arcangelo dove, seppur non ci fossero gruppi ultras organizzati, siamo stati costretti a dover affrontare un’intera tribuna inferocita.

In ultima battuta, microfono aperto: a voi la conclusione!
Sono passati ormai 6 anni da quando iniziammo quel percorso, che ci ha visto crescere non solo come ultras ma prima ancora come uomini. Un manipolo di nuove leve che tra mille difficoltà è riuscito ad allargare il proprio consenso. Nel calcio i risultati sono importanti, ma per fortuna non hanno mai inciso più di tanto sulla vita del nostro gruppo. Purtroppo le diffide e soprattutto la forte emigrazione di molti componenti del gruppo, per studio o lavoro, ci ha penalizzati oltremodo, ma siamo stati comunque capaci di essere sempre presenti.
Sono trent’anni che, fra le varie generazioni di tifo organizzato, sosteniamo costantemente il Ferra e quando riusciamo ad esserci tutti (come nella finale di Coppa Italia dell’anno scorso a Viaggiano), riusciamo ad offrire uno spettacolo degno di ben altre categorie. Concludiamo con un auspicio: speriamo di ritrovarci tra qualche anno, con la stessa voglia e lo stesso entusiasmo del primo giorno. Forza vecchio cuore rossoblù!

Intervista raccolta da Michele D’Urso.