Il gelo che attanaglia da circa dieci giorni anche il territorio lombardo sembra un po’ attenuato per la prima partita del 2017 che l’Atalanta disputa tra le mura amiche.

L’avversario di turno sono i blucerchiati genovesi i cui ultras, come peraltro avviene in casa orobica, disertano da tempo tutte le trasferte in cui è obbligatoria la tessera del tifoso.

Peccato perché a distanza di un po’ di anni avrei rivisto volentieri “live” gli UTC e compagnia, ma questa è una di quelle volte in cui si può dire “Onore agli assenti”, considerata quantomeno la loro sofferta coerenza.

Fischio d’inizio fissato alle ore 18.00 e lunga coda sulla strada che mi porta al Comunale a causa dei villeggianti che hanno scelto di passare il weekend sulle montagne bergamasche. Quello di restare bloccato nel traffico e di non arrivare in tempo è un incubo che, calcisticamente parlando, mi perseguita in continuazione, forse a causa del fatto che fu proprio ciò che accadde in una delle mie prime partite allo stadio. Sono passati ormai trent’anni, è vero, ma se pensate che al tempo riuscivo ad andarci – e non dico dopo quante e quali trattative con mamma e babbo –  massimo due volte a campionato, potrete forse comprendere il motivo per cui ne porto ancora i postumi.

L’Atalanta è chiamata a riscattare la sconfitta in trasferta con la Lazio e soprattutto a confermare il sorprendente girone di andata. Il mercato di riparazione è ancora in corso e sono tante le voci che, dopo la cessione di Gagliardini, fanno temere per la cessione di altre pedine importanti: la curva chiede all’intera tifoseria di pensare solo a sostenere la Dea “senza se e senza ma” fino alla fine del campionato.

L’obiettivo, anzi il sogno, è quello di poter disputare l’anno prossimo, a trent’anni esatti dalla cavalcata in Coppa delle Coppe che la portò fino alla semifinale, una competizione europea. La coreografia allestita dalla Nord insiste infatti su questo tema e regala un bel colpo d’occhio alla “Pisani”. Non si tirano indietro nemmeno i Forever Atalanta, che a propria volta si cimentano nell’ennesima coreografia del campionato, anche questa volta ottimamente riuscita.

Oltre allo striscione appeso ai pali alti della Nord, non mancano quelli che, nella prima partita casalinga dell’anno, la tifoseria orobica espone in ricordo di Celestino Colombi: è passato quasi un quarto di secolo ma il “10-1-1993: NOI NON DIMENTICHIAMO” non manca mai.

Sempre in tema di messaggi, ma di contenuto bene diverso, va annotato lo striscione che nel pre-partita viene dedicato all’ex Gigarini, omaggiato come da tradizione dell’immancabile “butigliù” (bottiglione) di ruspante vino rosso.

Nel settore ospite, allo striscione dei “Cattivi Maestri” fanno da contorno pezze che richiamano soprattutto alla provenienza geografica dei vari gruppi e gruppetti. Non si può parlare di vero e proprio tifo ultras e quindi, detto che nel pre-partita nel settore si agitano un po’ di bandierine con i colori sociali, chiudiamo qui il discorso.

La partita si rivela più difficile del previsto per gli uomini oggi guidati da Tullio Gritti (ex bomber bresciano degli anni ottanta e vice di Gasperini, confinato in tribuna per via della squalifica rimediata a Roma), che non trovano l’assetto giusto per fare male agli ospiti e faticano per tutto il primo tempo. Pesano probabilmente alcune assenze importanti e un Gomez meno ispirato del solito. La Sampdoria comunque ha il merito di riuscire a contenere bene gli avversari e, anzi, si procura anche alcune occasioni che fanno tremare il Comunale, ma pecca di precisione sotto porta.

La Nord si cimenta nel consueto sostegno corale, secondo un copione che si ripete più o meno uguale partita dopo partita. L’acuto si registra a metà primo tempo quando in Nord compare lo striscione “Prima-durante-dopo… sempre con te” e si alza il coro “Claudio libero”. Una vigorosa pacca sulla spalla, che fa il paio con le pagine a lui dedicate nella fanzine “Sostieni la Curva”, per il Bocia, ormai da anni, troppi anni, costretto a stare lontano dagli spalti ed a subire una serie infinita di restrizioni.

L’Atalanta rimette piede in campo più convinta nel secondo tempo, spinge sull’acceleratore ed al 54° si porta in vantaggio, grazie al calcio di rigore procurato da Petagna e messo a segno da Gomez. Il match si vivacizza un po’ perché gli ospiti, che nel frattempo buttano nella mischia Muriel, devono provare a rimettere in parità il match e lasciano qualche spazio in più alle ripartenze neroazzurre.

Tra un coro e l’altro, nuovamente con dedica “al Claudio”, si arriva senza troppi scossoni al novantesimo e i bergamaschi mettono in cascina altro fieno utile all’obiettivo, pardon al sogno.

Lele Viganò.