La destinazione originaria sarebbe stata Pomezia, dove il Cassino rischiava seriamente di festeggiare il suo ritorno in Serie D. Doveroso utilizzare il condizionale. Soprattutto se si ha a che fare con i trasporti pubblici che riguardano l’area metropolitana di Roma. Preso un pullman si rischia seriamente di non arrivare a destinazione.

E così sarà.

Malgrado il mio stoico – e a tratti masochistico – tentativo di raggiungere il centro posto sulla Via Pontina, siffatto tentativo si arresterà ad Albano Laziale, dove teoricamente avrei dovuto fare il cambio con un altro mezzo. Manco a dirlo soppresso. Lasciandomi come uno stolto nel bel mezzo di Piazza Mazzini, nel cuore della cittadina castellana. Tra moccoli e imprecazioni libere.

Eppure un pizzico di buona sorte ha camminato al mio fianco in questo infausto pomeriggio. Tutto d’un tratto mi sembra di udire il battito di un tamburo seguito da cori. Faccio mente locale e realizzo che l’Albalonga è impegnata in casa contro il Bisceglie, per il ritorno della semifinale di Coppa Italia Serie D.

Scendo fino al campo per andare a vedere. E ovviamente decido di inoltrarmi. Sempre meglio che tornare a casa con le pive nel sacco.

Conosco sin troppo bene questo stadio e in men che non si dica sono sul terreno di gioco con la macchinetta al collo. La cornice di pubblico è ottima – considerato il giorno lavorativo e l’orario – e anche il contingente ospite si attesta su numeri considerevoli.

Con mio malcelato stupore noto che su fronte casalingo ci sono alcune pezze con dietro dei ragazzi intenti a organizzare il sostegno alla squadra. Potrei scrivere un articolo soltanto sulla genesi del tifo albanense, ma forse rischierei di entrare troppo nello specifico o comunque di tediare il lettore con valutazioni personali. Di certo posso dire che i Warriors (il gruppo che con una certa continuità ha seguito le sorti dell’Albalonga nel primo decennio degli anni 2000 e oltre), con tutti i loro limiti e le loro pecche (chi non ne ha?) sono stati comunque un punto di riferimento importante nella zona dei Castelli.

Un gruppo che al suo attivo ha tante trasferte, belle storie di vita vissuta e un approccio agli spalti prettamente ultras. Soprattutto nella volontà di inculcare, nei ragazzi che negli anni si sono avvicendati sugli spalti del Pio XII, un certo modo di vivere il calcio e la curva. Cosa tutt’altro che facile in una zona che tende sempre più a divenire una propaggine della Capitale, esacerbando purtroppo tutti gli aspetti più grezzi e mitomani della stessa, malgrado possa contare su una storia millenaria, che precede addirittura quella di Roma.

I Warriors non sono sciolti, ma al momento hanno sospeso la propria attività. Quindi è giusto non confonderli con chi quest’oggi (e probabilmente anche nelle precedenti partite interne) ha preso spazio sulle gradinate per dar vita a una primordiale forma di tifo. Non me ne voglia nessuno – chiaramente – ma al pari di una buona dose di esuberanza e volontà, c’è sicuramente molta strada da fare per i ragazzi visti all’opera quest’oggi.

Peccati di gioventù, sia chiaro, ma visto il teorico potenziale diciamo che tutto è migliorabile con un gestione oculata.

Ho fatto prima cenno della buona presenza biscegliese. Come nel caso della gara di campionato col Trastevere, i pugliesi possono sicuramente giovare dell’importanza del match (vincere la Coppa Italia quest’anno equivarrebbe praticamente a conquistare un posto tra i professionisti). Il nucleo ultras si presenta con le classiche pezze e i tre bandieroni che ormai da tempo ne segnano il cammino in casa e in trasferta.

Sul piano del tifo molto bello il primo tempo dei nerazzurri, tanti cori tenuti a lungo e ben ritmati dal tamburo. Nella ripresa, quando la loro squadra viene letteralmente travolta dall’Albalonga (finirà 4-1) il settore va lentamente spegnendosi, con il solo manipolo ultras che resta a cantare per la maglia e la città.

Ecco, se devo muovere un appunto agli ospiti lo faccio proprio riguardo a questo: si poteva fare un po’ di più, nonostante il risultato sfavorevole; di contro però, in questo frangente si nota la differenza tra ultras e pubblico normale. Per una piazza come Bisceglie, abituata ormai da anni al calcio dilettantistico, non deve essere neanche facile trascinarsi dietro la massa in ogni partita. Inutile nasconderlo: i risultati sono importanti, creano entusiasmo ed aiutano anche ad avvicinare la gente al mondo curvaiolo. Soprattutto in un periodo storico come questo, dove fare aggregazione è diventato maledettamente più complicato.

Finisce così con la festa della compagine castellana e le ultime scaramucce tra il pubblico ospite e l’allenatore dell’Albalonga. Anche questo fa parte del folklore pallonaro. Almeno quello teniamocelo stretto.

Simone Meloni