“C’è una musica in quel sole che negli occhi ancora brucia, nell’orgoglio dei braccianti figli della Magna Grecia”. Comincia così la seconda strofa di Grande Sud, canzone presentata al Festival di Sanremo 2008 da Edoardo Bennato. Non ho potuto far a meno di pensarci appena il mio treno è partito da Salerno. Verso Sud. Verso la Calabria. Crotone, Kroton. Antichissimo centro fondato addirittura nell’VIII secolo a.c. e posizionato in riva allo Jonio che assunse un’importanza primaria proprio nella Magna Grecia. Basta camminare per le sue strade e avvicinarsi al suo bel lungomare per respirare un’aria che sa profondamente di Sud. Impregnata di storia e cultura. Peraltro la città che ospitò lungamente Pitagora (e dove lo stesso fondò un’importante scuola) vanta diversi primati nello sport ellenico, con numerose e vittoriose partecipazioni dei propri atleti alle Olimpiadi classiche. Pertanto l’avvento della Serie A non rappresenta – cronologicamente – l’accadimento sportivo più importante di Crotone ma ne è, semmai, una degna prosecuzione.

Certo, il legame tra due ere così lontane appare difficile e forse forzato. Così come la comparazione del modus vivendi dello sport. Soltanto una cosa, se ci pensiamo, è rimasta uguale nei millenni: la partecipazione popolare. Magari ha variato forma e modo con l’avvicendarsi delle epoche, ma è bello immaginare che il palpito dei cuori rossoblù, sospinti in A dai ragazzi di Juric lo scorso anno, sia molto vicino a quello che dovevano avere gli antichi crotoniati davanti alle gesta di Milone, forte e spavaldo lottatore nonché fiero condottiero dell’esercito che nel 510 a.c. sconfisse i rivali di Sibari.

Le tre ore di sonno sul pullman che stancamente ha attraversato la Sila, per tagliare la Calabria in due e portarmi da Paola a Crotone, non sono certo il massimo per definirsi riposati. Tuttavia già alle 8 del mattino il cielo si presenta azzurro lucente, lasciando presagire una bella giornata primaverile che in effetti arriverà, riservando persino una leggera tintarella ai più chiari di carnagione. Come nella migliore tradizione per le città di provincia, la zona attorno allo stadio è molto popolare e già di prima mattina diversi inservienti sono impegnati a preparare il campo, sistemare gli spalti e far spazio alle ingombranti apparecchiature richieste dalla televisione. Non ci sono ancora prefiltraggi e tornelli e la porta carraia è aperta. Ma non c’è bisogno di nessun gesto “furtivo” per varcarla. Ho l’impressione che sia tacitamente concesso. Così, in questa Serie A ormai a misura di repressione, business televisivo e salottini chic, ci sono ancora posti dove è possibile toccare con mano l’erba su cui correranno i nostri strapagati beniamini della massima categoria e scambiare due chiacchiere con il magazziniere. Proprio come se fossimo in un campo di calcio qualunque. Proprio come se, per qualche istante, ci fossimo rimpossessati di quel Dio chiamato Calcio, per il quale da bambini abbiamo pianto, urlato e passato intere giornate fuori casa.

L’Ezio Scida (che prende il nome da uno storico capitano del Crotone degli anni ’40, morto in un incidente stradale occorso alla squadra mentre si recava a Castrovillari per un’amichevole) è stato costretto a rifarsi parzialmente il look per consentire ai rossoblu di disputare le gare casalinghe in terra calabra. E la cosa non è stata affatto semplice. Dietro la Curva Sud, infatti, sorge l’Agorà della vecchia Kroton, già parzialmente coperta da una colata di cemento al tempo della promozione in B, sul finire degli anni novanta. La necessità (anche e soprattutto a causa delle nuove, cervellotiche, regole sulla sicurezza durante le manifestazioni sportive) di ingrandire ulteriormente lo stadio ha portato ad un estenuante rimpiattino tra società, Comune e Beni Archeologici, con questi ultimi ovviamente contrari all’ennesima colata di cemento su un’area posta sotto il vincolo archeologico, messa seriamente a repentaglio benché il materiale applicato per l’ampliamento sia teoricamente removibile.

Questo contenzioso ha portato i rossoblu a giocare all’Adriatico di Pescara per ben due mesi con il grave gap – de facto – di essere perennemente in trasferta o su campo neutro (considerato anche il sacrosanto rifiuto di gran parte della tifoseria di affrontare il lungo viaggio andata e ritorno per Pescara).

Francamente non mi piace parlare di favole nel calcio di oggi, dove comunque per fare qualsiasi movimento serve una buona dose di soldi e potere, ma sicuramente quella del Crotone è una bella storia. Più bella e genuina di chi ha avuto bisogno di comprare stadio, regalare biglietti e mistificare i dati del pubblico presente per ergersi a squadra modello che tutta Italia dovrebbe seguire. Ma chi è abituato a vedere il pallone in una data maniera sa di cosa stiamo parlando. Ti accorgi di quanto tutta la città sia rimasta sorpresa dalla promozione camminando per le strade. Non c’è via e non c’è piazza dove non vi sia almeno una bandiera o un poster che celebra lo Squalo in Serie A. La Calabria è una regione che ha conosciuto e conosce tutt’oggi il massiccio fenomeno dell’emigrazione. È un posto dove i bambini giocano ancora a piedi scalzi per le vie delle città, dando del tu a quel pallone divenuto per tanti una propaggine della Playstation e sognano troppo spesso un futuro lontano. Allora quando lo sport riesce a regalare un momento d’orgoglio e un po’ di celebrità a livello nazionale la cosa non passa inosservata. Sebbene le potenzialità di questa regione, stretta tra due mari e dotata di montagne tanto belle quando tenebrose, sarebbero infinite.

Crotone per me rappresenta anche un momento forse curioso per gli avvenimenti calcistici degli ultimi anni. Proprio i pitagorici erano gli avversari del Frosinone nella penultima giornata del campionato 2014/2015, quello che promosse per la prima volta i ciociari in A. Allora i rossoblu lottavano serratamente per non retrocedere e nessuno avrebbe mai pensato che proprio un anno dopo, mentre i laziali ritornavano in cadetteria, le prodezze di Budimir avrebbero regalato storiche trasferte a San Siro, all’Olimpico, al Franchi e allo Juventus Stadium. Una vera e propria staffetta.

Il calcio d’inizio è fissato per le 12,30 e un’oretta prima, percorrendo il lungomare, quasi fatico a non scontrarmi con la gente. Avevo quasi dimenticato quando il Sud dell’Italia possa diventare bello, vivo e spumeggiante all’uscita dei primi raggi di sole. Le sue donne mediterranee e i suoi ragazzi scherzosi si guardano e passano veloci, qualcuno decide di farsi un giro sulla battigia e immergere i piedi in mare. Altri hanno cominciato a preparare i loro pranzi e dalle finestre si sente l’odore del pesce.

Ora anche qualche maglia e qualche bandiera giallorossa fa capolino per le strade di Crotone, mentre è un continuo susseguirsi di vessilli rossoblù. Una volta, mi ricordo, si diceva che trasferte come queste valgono un’intera stagione: lo Scida oggi, come il Tenni di Treviso dodici anni fa, sono palcoscenici che si calcano raramente. E quella di oggi, inoltre, è una trasferta che presenta delle palesi criticità logistiche, almeno per chi ha scelto macchine e treno come mezzi di spostamento. Sarà anche per questo che i biglietti venduti nella capitale sono ufficialmente 834. Un numero di tutto rispetto, anche in relazione al prezzo tutt’altro che accessibile: 35 Euro.

Questa volta, tornando nuovamente allo stadio, non ci sono più gli ampi spazi in cui muoversi. Gli odiosi e restrittivi prefiltraggi hanno preso posizione in una vasta area. E per passare da una parte all’altra bisogna percorrere lunghi giri che circumnavigano praticamente l’intera zona. Per onestà va detto che, salvo chi c’è sempre stato, il pubblico crotonese non ha mai evidenziato grandissimi numeri negli ultimi anni, ma quello sulle cifre, come ripeto spesso, è ormai un discorso davvero fine a se stesso. Potremmo dire che in molti hanno deciso di sottoscrivere l’abbonamento solo per la Serie A e che altri alla fine di questo campionato – se arriverà la retrocessione – torneranno a seguire gli squadroni a strisce. Ma a cosa servirebbe? In fondo è vero che in alcuni tifosi i risultati creano l’entusiasmo e sviluppano la passione. Se ragioniamo a prescindere dalla mentalità curvaiola dobbiamo ammettere che le promozioni, i trofei e le vittorie sono comunque fondamentali per creare un sentimento comune attorno alla squadra (fatta eccezione per un paio di piazze che hanno saputo fondere la curva al vivere quotidiano). Quindi anche se il Crotone tornerà in B magari sarà riuscito ad accalappiare il cuore dell’1% degli “occasionali”, togliendoli comunque dalle grinfie di club che non gli appartengono storicamente, culturalmente e a livello d’identità. Vi sembra poco nella società attuale?

Intorno a mezzogiorno riesco ad entrare in tribuna. Certo, a dirla tutta le centinaia di impalcature in acciaio non sono un belvedere esteticamente. E, sempre a dirla tutta, non amo particolarmente gli stadi rattoppati (non a caso sono assolutamente contro l’usanza di avvicinare le curva al campo con quelle orrende gradinate in acciaio stile Cagliari o Ascoli). Perdono molto del loro fascino. La Sud e la tribuna dove mi trovo sono state rialzate all’inverosimile, tanto che ora lo Scida riesce ad ospitare oltre 16.000 spettatori. Peraltro il colpo d’occhio in questa bella domenica di sole è anche molto buono. Non posso far a meno di notare il gigantesco ospedale che sovrasta il grazioso Distinto. Ospedale dal quale spesso qualcuno è solito guardare la partita. E fondamentalmente resta bella l’idea che ai malati vengano concesse un paio d’ore di serenità con una sana gara di calcio.

Il Crotone occupa il penultimo posto in classifica e, quattro giorni prima, nonostante una prestazione coriacea, è arrivato l’ennesimo ko interno contro la capolista Juventus. La situazione per la squadra di Nicola è disperata, tuttavia gli jonici non hanno intenzione di prestare il fianco agli avversari. I tifosi lo hanno capito e già nel pre partita cominciano ad incitare i propri beniamini facendo bello sfoggio del tamburo e di un impianto di amplificazione: combinazione che non vedevo in uno stadio di Serie A da almeno dieci anni.

I romanisti si compattano principalmente nei due settori adiacenti al distinto e si mostrano subito colorati con i loro due aste e le loro bandiere facendo sfoggio di tutti i classici striscioni.

Parte “Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano e non posso negare che è uno dei momenti che più attendevo dopo averlo visto decine di volte dalla televisione. Quando le due squadre scendono in campo la Curva Sud si colora con una bella coreografia formata da tante bandierine rossoblu e dal telone che onora, per l’appunto, la figura di Milone. Un bel richiamo storico sottolineato dai cori che man mano crescono e coinvolgono parte dello stadio. Mentre alla mia sinistra il settore ospiti si produce nel consueto e massiccio “Quando l’inno s’alzerà” seguito subito da un paio di bei battimani. Le danze sono ufficialmente aperte.

Sui pitagorici cercherò di essere chiaro e sincero: vista la conformazione della loro curva (veramente troppo grande e dispersiva) mi aspettavo maggiori difficoltà nel coordinare il tifo. Tutto sommato, soprattutto nel primo tempo, i calabresi offrono una bella performance dimostrando di avere uno zoccolo duro che sa fare il tifo. Tanti battimani, canti tenuti anche a lungo, una buona sciarpata e i bandieroni sventolati in continuazione a ridosso della balaustra. Del resto che Crotone possa vantare la sua tradizione ultras, maturata in particolar modo negli ultimi vent’anni, non è certo un mistero. I ragazzi che si sbattono per far cantare, probabilmente sono gli stessi che in questi anni ho visto – e anche apprezzato – ad Avellino, Latina e Frosinone. Il vero problema, come accennato in precedenza, è coinvolgere le file più alte: probabilmente composte soprattutto da persone che hanno scelto la curva perché settore meno costoso e non in quanto cuore del tifo. Ma questo credo sia lo scotto da pagare per il salto in massima categoria. Da segnalare, infine, la presenza di un gruppetto in Distinti, proprio al confine con i tifosi della Roma.

Per quanto concerne il settore ospiti la prestazione dei supporter giallorossi è complessivamente molto buona. Ottimi picchi d’intensità, i classici battimani e un paio di cori tenuti veramente a lungo sono i cavalli di battaglia di questa trasferta. Così come belle sono le esultanze ai due gol (uno per tempo) realizzati da Nainggolan e Dzeko che sanciscono la vittoria della squadra di Spalletti. Curioso il fatto che qualche problema nella coordinazione del tifo avvenga a causa dei due settorini in cui sono stipati i tifosi capitolini. Cosa che (come una piccola barriera, sic!) divide il tifo in due e non permette in alcuni casi ai “due gruppi” di coordinarsi.

Nel secondo tempo vola persino qualche insulto tra le due fazioni. Ma è davvero roba poco significativa.

In campo, come detto, la Roma si impone per 2-0 ma il Crotone riceve comunque gli applausi per la buona prestazione mostrata.

Lascio lo stadio proprio quando gli ultimi tifosi di casa sono usciti e quelli ospiti stanno attendendo di poter tornare a casa. Il mio aereo da Lamezia è fissato per il giorno dopo e allora posso prendermela con calma e godermi ancora questa piacevole giornata semi primaverile, concedendomi un giro nel grazioso centro storico di Crotone.

Quando cala il buio e la brezza marina comincia a pungere mi accingo a raggiungere la stazione. Anche percorrere qualche chilometro a bordo dei mitici treni che viaggiano da Sibari a Catanzaro Lido da queste parti è un’esperienza mistica. Un qualcosa da poter raccontare.

Simone Meloni