Il pullman percorre velocemente Via della Sorbona, sta uscendo da Roma passando in mezzo al campus universitario di Tor Vergata, come sempre semi deserto la domenica mattina. Mi giro quasi per caso, quando noto con sorpresa un campo di calcio con striscioni, bandiere e torce. L’occhio abituato a determinate dinamiche non tradisce, capisco subito che la partita in questione è Torrenova-Casal Barriera, condita dalla presenza di ambo le tifoserie. Sono in anticipo sulla mia tabella di marcia, così non ci penso due volte: scendo e ripercorro a ritroso i pochi metri che mi separano dal campo.

Siamo nell’estrema periferia della Capitale, a Tor Vergata, laddove più che case e strade, fanno breccia stradoni e un’incolta vegetazione. È proprio tra questi arbusti, ovviamente costeggiati da un piccolo torrente, che mi devo inoltrare per cercare un pertugio da dove scattare. La gara è iniziata da una manciata di minuti e di entrare in campo, ovviamente, non se ne parla. Allora mi arrangio come posso. Tra pollini, moschini e calabroni che volano come caccia bombardieri durante la Guerra del Golfo, e piante aggressive che si insinuano in ogni angolo dei miei vestiti e delle mie scarpe.

In fondo anche questo è un aspetto talmente pittoresco e folkloristico del calcio dilettantistico, che riesce a strapparmi un sorriso, malgrado la mia allergia alle graminacee monti sempre più forte, riempiendomi gli occhi di lacrime. Sul terreno di gioco crescono addirittura delle piccole margherite, mentre i palazzoni popolari fanno da severo sfondo a questo scenario domenicale. Ironia della sorte, peraltro, ho avuto modo di assistere allo stesso match nella gara di andata.

Oggi, numericamente, le cose sono un po’ diverse. Da ambo le parti la presenza assume sembianze più corpose rispetto a qualche mese or sono, e questo ovviamente giova al tifo.  I ragazzi del Casal Barriera, come sempre, evidenziano il loro stile italiano in tutto e per tutto. Bandiere, striscioni, pirotecnica e cori ritmati dal perfetto battito del tamburo sono un marchio di fabbrica ormai assodato per loro, con un’intensità che difficilmente scende sotto la sufficienza. Da segnalare la presenza dei gemellati di Tor Sapienza, ai quali, nella ripresa, dedicano anche uno striscione.

Su fronte casalingo, gli Arditi aprono le danze con una coreografia composta da cartoncini biancorossi, per poi mettersi in mostra con un tifo abbastanza continuo, caratterizzato da molti cori secchi provenienti dal repertorio delle due curve capitoline. Una prestazione positiva, che viene premiata dal gol in extremis che regala al Torrenova il successo.

Dovendo prendere il pullman alle 13, devo lasciare la mia postazione da sommo giardiniere in men che non si dica, proprio mentre il direttore di gara pone fine alle ostilità. Una sosta rigenerante, che rientra appieno nello spirito di questa stagione, trascorsa spesso su campi sperduti e di amene categorie, sempre più fiore all’occhiello per questo sport e il suo tifo. Come mi trovo spesso a dire in questi casi, e mi si perdoni quindi se non mi dilungo in considerazioni in merito, ma rischierei di essere incredibilmente ripetitivo, Roma gode di un ricambio generazionale davvero invidiabile, segno che in questa città, nel suo passato, si è lasciata un’impronta ultras importante. Il problema è che sempre più mancano gli spazi dove vivere tale passione. Il problema, senza girarci attorno, è ché l’uccisione del tifo allo stadio Olimpico, ha gettato le basi a un seguito massiccio a livello locale, e questo è certamente un bene, ma ha anche frammentato inevitabilmente quell’essere ultras di massa che, almeno fino a metà anni duemila, aveva contraddistinto il tifo della Capitale.

Comunque questa esperienza mattutina dimostra quanto sia importante osservare con attenzione tutto ciò che ci circonda. Sia in senso pratico che in senso figurato. Mai farsi sfuggire quanto ci è esterno, vorrebbe dire chiudersi in un individualismo che questa società già ci propugna quotidianamente.

Simone Meloni.