C’era una volta, in un paese flagellato da anni di follia, un campionato di calcio che riusciva a risvegliare l’animo popolare di tanti uomini. Questi avevano nello stadio una sorta di zona franca dove poter esplodere la propria frustrazione nei confronti di chi, in quarantacinque anni, aveva sconvolto definitivamente la storia del proprio paese. Ma attenzione, il concetto di zona franca, in uno stato controllato da un regime liberticida, è piuttosto sarcastico. Lo stadio nella Romania comunista era semplicemente quel luogo in cui riuscivano ad aggregarsi più facilmente tanti uomini oppressi, i quali tramite i loro “Muie x” o “Muie y” scaricavano la propria rabbia nei confronti del potere, soprattutto quando al posto delle varianti “x” e “y” vi erano i nomi di due club della capitale, rappresentanti diretti delle autorità. Naturalmente il contesto calcistico non rendeva i facinorosi esenti da manganelli e da un paio di notti in galera, ma vuoi paragonare queste conseguenze a quelle che avrebbero potuto comportare delle spontanee manifestazioni di piazza?

Erano gli anni in cui nella massima divisione calcistica rumena, a competere con i due grandi club di Bucarest vi erano squadre di grande tradizione: quelle degli studenti di Craiova, Timisoara e Cluj, quella degli impiegati delle ferrovie di Bucarest o quella degli operai dell’acciaio di Galati per dirne qualcuna, ma la lista è lunga. Era un’altra epoca, gli sportivi erano degli operai con un programma di lavoro diverso e la gente si sentiva rappresentata dai propri colleghi di lavoro, i quali spesso e volentieri la mattina sgobbavano in fabbrica e il pomeriggio su un prato verde.

Arrivarono poi gli anni novanta, anni di sogni e speranze per una terra distrutta, che ebbe nel calcio una prima grande fonte di speranza. Pochi mesi prima della rivoluzione dell’ottantanove, una giovanissima generazione d’oro staccò il biglietto per Italia ’90, vent’anni dopo l’ultima apparizione ai mondiali di calcio, la seconda partecipazione dal dopoguerra e la quinta in totale, considerando che nel periodo interbellico i rumeni parteciparono a tutte e tre le prime edizioni della Coppa.

Il 1990 ancora oggi è ricordato come l’anno zero dai rumeni i quali, pochi mesi in seguito alla riapertura delle frontiere dopo ben quarantacinque anni, si presentarono in Italia con i loro tricolori bucati al centro, lì dove fino a poco tempo prima campeggiava il simbolo del regime. Era l’inizio di una nuova epoca, in cui in tanti credevano.

Ma la realtà a volte è molto più dura del sogno. A distanza di quasi trent’anni dalla rivoluzione e a più di dieci dall’entrata nell’Unione Europea la situazione sociale del paese rimane piuttosto drammatica, ma coperta abbastanza bene dal benessere di un paio di isole felici e da qualche statistica aiutata da questo benessere. Il calcio purtroppo è emblema e specchio della mediocrità di una grossa fetta di questo paese, o meglio dire, della mediocrità di chi controlla questo paese.

Se si guarda ora la classifica del campionato rumeno di massima serie, si vedrà che i vari Universitatea Cluj, Rapid Bucarest, Petrolul Ploiesti o Farul Constanta, sono stati sostituiti dai Voluntari, dai Concordia Chiajna e dagli Astra Giurgiu, tutte società con un seguito di cento spettatori nelle partite interne. Ma la cosa più esilarante in questa storia, è che diversi club di tradizione, in seguito a fallimenti o altre vicende giudiziarie, hanno spesso e volentieri generato un proprio doppione, o meglio dire “clone”, come tanto amano chiamarlo da queste parti. Dunque ad oggi si possono contare ad esempio: due Poli Timisoara, due Universitatea Craiova, due Steaua e addirittura tre (prima erano ben quattro!!!) Rapid Bucarest.

Le ultime due citate sono le protagoniste di questa cronaca, perché ciò che è successo negli ultimi tempi da queste parti ha veramente del clamoroso. A distanza di dodici anni dall’unico derby rumeno della storia delle coppe europee, quando le due compagini si giocarono l’accesso alle semifinali di Coppa Uefa, ora le due, per chi le considera dirette eredi dei due prestigiosi club, si affrontano in un campionato provinciale per la promozione in terza serie. Tutto ciò è frutto di una situazione alquanto grottesca che proverò a sintetizzare, anzi, chiedo scusa in anticipo se non dovessi rivelarmi del tutto preciso.

La Steaua Bucarest fondata nel 1947 come polisportiva appartenente all’esercito rumeno (ritengo che non abbia senso focalizzarsi sui grandi successi sportivi ottenuti da questa squadra o sulle sue controversie, temi già ampiamente trattati), nell’immediato post-rivoluzione mantenne la stessa gestione attuata nei primi 42 anni di storia, fino al 1998, anno in cui entrarono in scena i fratelli Paunescu, due uomini cresciuti nell’apparato comunista e arricchitisi dopo la rivoluzione, una storia molto comune da queste parti. Essi avevano ottenuto dal Club Sportiv al Armatei il diritto a separare la squadra di calcio dalla polisportiva e a poterne utilizzare il logo e a potersi vantare naturalmente del palmares ottenuto fino a quel momento. Nel 2003, dopo una lunga trattativa, il Fotbal Club Steaua Bucuresti, ovvero la costola calcistica del vecchio CSA, privatizzata dai Paunescu, venne venduta a Gigi Becali, uomo che reincarna perfettamente lo stereotipo del 90% dei benestanti rumeni: arroganza da vendere, volgarità ripugnante e assenza totale di eleganza. Leggenda vuole che Becali, appartenente ad una famiglia aromana e cresciuto come pastore, si arricchì grazie ad un prestito iniziale in denaro fornitogli da un altro noto appartenente ad una famiglia aromana, ovvero Gica Hagi, conosciuto all’epoca in tutto il mondo come il “Maradona dei Carpazi”. Quel prestito rappresentò il capitale iniziale con cui successivamente il pastore costruì il suo impero. D’altronde si sa, dopo la caduta di un regime, chi ci sa fare e si fa trovare al posto giusto nel momento giusto, riesce ad arricchirsi inverosimilmente.

A mio parere però, a quest’uomo va anche dato un merito: egli a differenza di tanti altri benestanti rumeni, o falsi tali, è un uomo che ha investito realmente i propri averi nel calcio nazionale e non solo, senza aspettare che dal cielo cadessero fondi pubblici come tanti altri hanno fatto nel corso degli anni.

Durante i suoi anni di gestione della Steaua, nonostante le tante vittorie, Becali divenne presto malvisto da una parte del tifo organizzato, più in generale dai gruppi della Sud. Credo che la causa di tutto ciò sia da cercare nel suo modo di porsi con pubblico, stampa e tifosi, essendo un uomo che reincarna quel prototipo di padrone che tanto può dare a fastidio a chi ama una squadra di calcio e la vede così tenuta in ostaggio da un uomo senza un briciolo di classe. Al contrario dei gruppi della Sud, diversi uomini della Nord non hanno mai fatto mancare il proprio sostegno a Becali, anche durante il suo periodo di detenzione, questa dovuta a più reati, anche se principalmente a malefatte perpetrate nel mondo del calcio. Piuttosto paradossali questi attestati di vicinanza se vogliamo dirla tutta, arrivati da parte di chi in teoria dovrebbe promuovere i valori di un calcio pulito.

Nel frattempo, nel 2011 il Ministero degli Interni iniziò un processo contro il proprietario della Steaua, accusandolo di non avere il diritto ad utilizzare nome e simboli della stessa e di non potersi vantare del palmares ottenuto fino al 2003, ciò perché la sigla all’epoca non fu venduta del tutto ai Paunescu. Questo processo venne vinto definitivamente nel Marzo 2017 dal Ministero e Becali fu obbligato a cambiare il nome della sua società in FC FCSB, acronimo di Fotbal Club Steaua Bucuresti.

Dopo aver vinto la causa su nome e emblema, l’esercito ha poi dato inizio a un nuovo processo tutt’ora in corso per ottenere anche il palmares, questo perché sembra che l’UEFA continui a considerare il FCSB diretto continuatore della vecchia Steaua, attribuendogli la Coppa dei Campioni dell’ottantasei e i punti del ranking ottenuti durante l’intera storia dal club di Bucarest. Ciò sarebbe frutto della confusione creata dalla FRF, ovvero la federcalcio rumena, la quale ancora non avrebbe comunicato all’UEFA l’esito finale delle sentenze dei tribunali rumeni.

Fra un processo e l’altro poi, il Club Sportivo dell’Armata (CSA) che ancora raccoglie successi in tutte le discipline, ha deciso di rifondare la sezione calcistica della polisportiva, iscrivendola alla quarta serie, un campionato che a Bucarest si gioca a livello provinciale e in cui non basta piazzarsi al primo posto per essere promossi nel terzo livello calcistico nazionale, ciò infatti deve essere seguito da una vittoria in uno spareggio giocato contro la vincente del girone della vicina provincia di Giurgiu.

La nuova Steaua ha ereditato naturalmente la gestione della base sportiva di Ghencea, storica sede dei rossoblu, ed è lì che la squadra gioca le sue partite casalinghe, in un vecchio campo di allenamento sito nel centro e non lontano dal vero e proprio stadio, da poco entrato in ristrutturazione per gli europei del 2020, competizione ospitata anche da Bucarest.

La direzione della sezione calcistica del club dell’Armata è stata affidata a Marius Lacatus, una leggenda da queste parti, uno che con la maglia della Steaua Bucarest ha vinto tutto ciò che si poteva vincere nell’arco dei suoi quattordici anni di militanza: dieci campionati nazionali (record), sei Coppe di Romania, tre Supercoppe, ma soprattutto la Coppa dei Campioni e la Supercoppa Europea del 1986, il risultato più alto mai raggiunto da un club rumeno.

Ai lettori di Sport People immagino che la domanda sorga spontanea, ovvero, che linea ha intrapreso in tutto ciò il tifo organizzato?

Ebbene le due curve hanno interrotto definitivamente il rapporto con il club di Becali subito dopo la sentenza di primo grado datata autunno 2014. Ora, l’intera Sud segue il CSA Steaua Bucarest, di cui è parte integrante anche a livello gestionale, sia in prima persona, sia tramite l’adesione di molti dei suoi uomini all’“Asociația Steliștilor 1947”, associazione che insieme all’esercito gestisce attivamente la sezione calcistica della polisportiva, sia a livello economico che a livello di lavoro sporco, quello che è necessario per mandare avanti la baracca. Solo chi è implicato nella gestione di una squadra di calcio conosce il lavoro che c’è settimanalmente dietro di essa. In più quest’associazione ha come scopo la tutela del brand, attentato continuamente da il “Pastore” e dai suoi uomini. La Nord a titolo ufficiale non segue nessuna delle due squadre, ma ripeto, a titolo ufficiale.

A contendersi la promozione in terza serie con i rossoblu di Bucarest vi è l’Academia Rapid București, società che si considera diretta erede del vecchio Fotbal Club Rapid București. Sarebbe interessante trattare un po’ della storia di questo club, ma preferisco conservare questo bonus per un’altra occasione in cui vedrò all’opera i “Ferrovieri”. Il vecchio Rapid rappresenta una delle squadre più amate della vecchia Romania, nonché uno dei club anti-regime per eccellenza, il quale purtroppo col passare degli anni ha subito una fine ingloriosa. Nato come Asociația culturală și sportivă C.F.R., fu uno di quei club che vanno considerati “da dopolavoro ferroviario”, un classico dell’est europeo: Lokomotiv Mosca, Lokomotiv Sofia, Lokomotiv Zagreb sono degli esempi a riguardo. Addirittura anche il Rapid Bucarest nel 1951 su ordine del Partito Comunista cambiò denominazione in Locomotiva București. Questo club, oltre ad essere uno dei più amati su scala nazionale, lega molto il suo nome al quartiere che lo ospita, ovvero Giulești, un quartiere periferico del nord-ovest della capitale, facente parte del Settore 6 della città. Lì vi è anche la più alta concentrazione di tifosi rapidisti. Nel suo palmares può vantare tre campionati, tredici coppe e quattro supercoppe a livello nazionale, ma anche due Coppe Balcaniche e un Campionato Europeo dei ferrovieri. Lo storico club è fallito nell’estate del 2016 e vi sono attualmente tre compagini che si reputano continuatori del vecchio Rapid:

  • AFC Rapid, anch’essa militante in quarta serie, non mi risulta abbia un seguito a livello di tifo organizzato;
  • ACS Rapid – Frumosii Nebuni Ai Giuleștiului, fondato dagli ultras della tribuna II e che letteralmente tradotto siginifica “Belli e pazzi di Giulești”;
  • Academia Rapid.

Fra tutte, inutile negare che la più seguita sia appunto l’Academia. Essa è finanziata dalla prima municipalità di Bucarest (Primaria Sectorului I) e come nel caso della Steaua, anch’essa è diretta da bandiere del club: Daniel Niculae in qualità di Presidente, Daniel Pancu in qualità di DT e giocatore, Constantin Schumacher in qualità di allenatore. L’Academia gioca le sue partite casalinghe nello storico stadio di Giulești, ma sarà costretta a cambiare casa visto che anche questo sarà teatro di lavori in vista degli europei del 2020.

L’incontro che vi racconterò è il secondo dei tre atti di quello che può essere considerato a tutti gli effetti il derby più sentito in Romania della stagione calcistica 2017/18. Secondo perché vi è stato già un match d’andata giocato a Giulești davanti a una splendida cornice di pubblico e terminato in parità, ma anche perché le due compagini si affronteranno anche nel girone finale del campionato in una partita da svolgersi su campo neutro, quella che sarà decisiva ai fini della promozione.

Credo che si possa tranquillamente affermare che questo derby sia iniziato già qualche mese prima del calcio d’inizio, ovvero nel momento in cui è stata posta per la prima volta la domanda: dove lo giochiamo?

Naturalmente questa partita non poteva essere giocata nello stadio dove abitualmente il CSA gioca le sue partite casalinghe, essendo esso dotato di una sola tribuna, né tantomeno poteva essere giocato nel vero e proprio stadio di Ghencea, essendo in disuso da molto e ormai destinato alla demolizione e alla ricostruzione.

L’Armata sembrava già indirizzata a chiedere l’autorizzazione per giocare nella vicina città di Chiajna, dotata di uno stadio da cinquemila posti, ma il fatto che la Curva Sud abbia minacciato di boicottare la partita ha fatto desistere da questa tentazione. Fu in quel momento che Associazione e Armata hanno deciso di provare con l’All-in: cercare di affittare l’Arena Natională.

Come credo possiate capire dal nome si tratta dello stadio nazionale, dove gioca abitualmente le sue partite casalinghe la nazionale rumena e attualmente il FCSB. Questo è lo stadio che ha ospitato la finale di Europa League del 2012 e che ospiterà quattro gare dei prossimi europei, fra cui un ottavo di finale.

Come mai parlo di All-in se comunque sembra la scelta più logica? Semplice, il fitto dello stadio per una sola partita costa la bellezza di cinquantatremila euro. Una cifra enorme per un club di quarta serie, soprattutto se si considera che si gioca in Romania, dove il prezzo medio del biglietto in questi campionati è di circa un euro, quando l’ingresso non è libero.

Alla fine, bisognerà dare ragione a chi ha optato per questa via: saranno infatti 36.277 gli spettatori paganti, record stagionale per l’intera Romania, con costo dei biglietti compreso fra i tre e i sei euro e diretta televisiva della partita venduta a Digisport, la principale emittente sportiva rumena. Questa ha trasmesso la partita sul suo primo canale, mandando la contemporanea partita di massima serie sul secondo. Digisport 1 registrerà a fine serata il terzo posto nella classifica dei programmi più visti della giornata con circa 400mila telespettatori, un numero abbastanza importante per una partita di quarta serie in una nazione di diciotto milioni di abitanti.

Per quanto mi riguarda, nella settimana antecedente la partita, senza troppe difficoltà sono riuscito ad ottenere l’accredito per la partita, anzi colgo l’occasione per ringraziare Aldo e Tommaso per la loro disponibilità, visto che mi hanno concesso il lusso di seguire l’incontro da bordo campo seppur non in possesso di macchina fotografica e né tantomeno di tessera dell’ordine dei giornalisti, a cui naturalmente non appartengo. A fare le foto tanto ci pensava come al solito “il tedesco”, o per lo meno così speravo, dunque mi andava piuttosto bene questa soluzione.

Arriviamo così al grande giorno: sabato 14 Aprile. Devo fare una premessa prima di questa cronaca e spero che non me ne voglia nessuno: io non sono il primo ammiratore del movimento ultras rumeno e più in generale mi annoio mortalmente durante le partite in Romania. Spesso e volentieri ho abbandonato lo stadio molto prima della fine del match, nonostante avessi pagato il biglietto, e non mi riferisco ai famosi biglietti da un euro. Chi mi conosce lo sa. Senza entrare in dettagli in questo momento superflui, posso riassumere la situazione così: in questi cinque anni, da quando questa bellissima terra mi ospita, poche volte mi sono veramente divertito in uno stadio. A memoria posso citare il vittorioso derby dell’U Cluj del 2014 sul campo del CFR, la magnifica cavalcata dell’U nella Coppa di Romania del 2015, conclusasi con un gran esodo in finale a Bucarest, la promozione del vero Poli Timisoara sempre nel 2015 e pochi mesi più tardi una bella prestazione dei Dinamovisti in quel di Targu Mures. Senza considerare un gran bel derby come il Romania-Ungheria giocato nel Settembre del 2013.

C’è anche da dire però che ho perso purtroppo tante partite importanti in questi anni, ad esempio non ho mai beccato un derby di Bucarest oppure un derby dell’ovest fra Poli Timisoara e Uta Arad, così come non sono mai riuscito a vedere all’opera i ragazzi di Ploiești, che mi suscitano tanto interesse. Ho premesso ciò per poter rendere l’idea di quanto mi sia potuto divertire durante questa partita, nonostante sia partito con tanto scetticismo da Cluj alla volta di Bucarest, 450 kilometri di cui soli 160 in autostrada. Appena uscito dallo stadio sembravo un bambino che aveva appena assistito a un film della sua saga preferita terminatosi con un lieto fine, avevo un sorriso a 32 denti e il gran rimpianto di non aver portato con me una macchina fotografica. Ora mi sarebbe stato più semplice raccontare ciò che è avvenuto sugli spalti con una sequenza fotografica da seguire, invece mi dovrò affidare alla mia precaria memoria e purtroppo sono sicuro di dimenticare tanti dettagli importanti. Pazienza, dagli errori si impara.


Man mano che nella calda serata primaverile del match, lo stadio nella sua imponenza si apriva ai miei occhi, riuscivo a sentire possenti i primi cori, nonostante al fischio d’inizio mancasse ancora più di un’ora. Le due tifoserie avevano chiaramente già fatto il proprio ingresso sui gradoni. L’accesso sul terreno di gioco per i fotografi avveniva attraverso un’entrata sita vicino la Curva Nord, ovvero il settore occupato dagli ospiti, i quali per l’occasione avevano già da diversi giorni prima della partita polverizzato i 15mila biglietti messi a loro disposizione. Non appena varcato il prato verde, il bianco-amaranto di una curva alla mia sinistra e il rosso-blu-nero alla mia destra mi hanno regalato un sorriso spontaneo. Già da allora ho capito che sarebbe stata una serata memorabile.

L’atmosfera era già incendiaria. Le due tribune ancora andavano riempiendosi, ma entrambi gli anelli inferiori delle curve erano oramai stracolmi. Si intuiva fin da subito che sia da una parte che dall’altra vi sarebbe stata una coreografia. Da un lato i rapidisti avevano anche l’intera frase visibile, ovvero: “La nostra pazzia amaranto, la più bella dell’intera Romania, il Rapid Bucarest siamo noi”, tutto ciò su due lunghi striscioni dalle tinte sociali appesi sulle balaustre. Dall’altro i padroni di casa esponevano, fra i primi due anelli, un pezzo di stoffa con i colori rosso, blu e bianco, mentre il resto il settore appariva già bardato con pezze e bandiere.

Decido di prendere posto vicino la Curva Sud e di non muovermi da lì, sinceramente non avevo la minima voglia di indispettire gli steward non avendo per nulla le sembianze di un fotografo. Probabilmente una mossa azzeccata, visto quello che sarebbe successo da lì a poco.

I primi cori con me all’interno della struttura sono partiti dalla Curva Sud, ovvero i classici ripetuti: “Bucuresti, Steaua Bucaresti”, coro con cui solitamente amano presentarsi gli “Stelisti”, seguito da un “La tigani, muie la tigani”, coro cantato da ogni tifoseria rivale durante le partite contro il Rapid. È giusto ora aprire una piccola parentesi per tradurre o quanto meno provare a spiegare questo ripetuto: i tifosi della squadra amaranto sono apostrofati da tutte le tifoserie locali come “Țigani”, ovvero zingari. Non vorrei sbagliare, ma credo che l’origine di questo sfottò provenga dal fatto che il famoso Giulești sia sempre stato un quartiere ad alta densità rom. So con sicurezza ad esempio, che un tempo questo era un villaggio separato dalla capitale e diviso in più comunità, fra le quali vi era Giulești-Țigania, dove il secondo termine richiama appunto a una possibile origine gitana.

Tornando ai primi due cori, devo ammettere che i locali sono stati molto belli durante la loro esecuzione: un’intera macchia nera divisa in due anelli è riuscita a far alzare tutte le mani dei presenti formando un imponente muro che ha dato il via ai due ripetuti, i quali a loro volta sono stati di un’intensità incredibile. Insomma, a livello ultras, molto molto belli da vedere fin dall’inizio gli stelisiti. In più hanno quel fascino che li accompagna, essendo considerati nell’ambiente locale del tifo organizzato, i “brutti e cattivi del movimento”, gli “Spurcați” come usano definirli i loro rivali. Un ruolo di cui sono compiacenti e che si sono costruiti da soli: sia tramite la loro politica di curva che non li vede collaborare in chiave nazionale con nessuno se non con i propri gemellati di Arad e Hunedoara, sia perchè comunque rappresentano pur sempre la Steaua Bucarest.

Possiamo sostenere tranquillamente che essi siano i più odiati di tutta la Romania e allo stesso tempo che siano orgogliosi di esserlo. A tal proposito ricordo un aneddoto, probabilmente una leggenda urbana, ma che è giusto che io racconti avendo per protagoniste le due tifoserie di cui si parla oggi: tempo fa, i rapidisti attuarono uno sciopero della fame in zona stadio, per una contestazione contro la vecchia proprietà. Quel giorno gli odiati rivali pensarono bene di mandargli un furgone pieno di cibo allestito da una società di catering. Ditemi quello che volete, ma a me è sembrata una bella goliardata. Se poi vogliamo rimanere in tema di aneddotti e cattiveria, potrei raccontare un altro episodio abbastanza “simpatico”, che mi ha visto coinvolto in prima persona. La prima volta che vidi all’opera i cattivi di Bucarest, l’otto Maggio 2014 in quel di Cluj, quando ancora seguivano il club di Becali, dopo aver salutato una mia amica con loro nel settore ospiti, diventai improvvisamente vittima di diversi petardi partiti dalla loro curva che mi portarono all’espulsione dallo stadio e a ricevere un paio di ceffoni da parte della Jandarmeria. A ricordare ora quei momenti mi viene da ridere, ma all’epoca dei fatti mi incazzai e non poco. Insomma, sono fatti così, fa parte anche questo del movimento.

Dopo queste digressioni giungiamo finalmente all’ingresso in campo delle due squadre, momento in cui hanno fatto la loro comparsa le due coreografie. Se dobbiamo dare a Cesare, quel che è di Cesare, in questa parte della serata i miei occhi sono stati fissi sugli ospiti. In primis ho l’obbligo di complimentarmi con loro per il numero, visto che sono riusciti a riempire tutti e tre gli anelli della Curva Nord (i locali solo i primi due) e credo che potevano contare un altro migliaio di sostenitori in tribuna. La loro coreografia mi ha colpito innanzitutto per l’innumervole quantità di bandiere bianche e amaranto sventolate senza pausa per dieci minuti e anche a più riprese dopo l’inizio del match. Sono un amante delle bandiere e l’impatto visivo con questa grossa macchia bianco-amaranto è stato notevole. I rapidisti infatti, a differenza dei locali, non presentavano il nero come colore dominante, ma i colori sociali. La coreografia è stata poi completata da un 3D (come amano chiamarlo da queste parti), ovvero un grande banner raffigurante diversi giocatori in maglia amaranto, innalzato tramite dei fili che si reggevano sulla struttura superiore dell’Arena, la quale offre questo vantaggio spesso utilizzato dalle tifoserie locali. Devo ammettere che non sono un amante del 3D, oramai di moda da queste parti, la coreografia mi sarebbe piaciuta di più se composta da sole bandiere, ma tanto di cappello agli ospiti per lo spettacolo offerto.

D’altra parte i locali hanno creato uno sfondo argentato, sul quale poggiavano prima due guantoni e un numero uno fra due foglie di alloro, in seguito, al posto di queste, sono state innalzate due mani e una coppa, accompagnate dallo striscione: “Voinescu, storia e blasone, magia e tempesta sul campo”, con chiaro riferimento a Voinescu, portiere della Steaua Bucarest a cavallo fra gli anni ‘50 e ‘60, deceduto un mese prima della partita. A proposito della frase, questa in rumeno suona molto meglio e presenta anche una rima fra le parole blasone e campo.

Durante le due coreografie si sono inoltre viste tante torce accese e petardi lanciati in campo. Sembrava una notte di San Silvestro in una qualsiasi piazza del nostro sud, uno spettacolo che non vedevo da tempo in uno stadio e che ha portato al ritardo del calcio d’inizio, ma anche a più minacce di sospensione della partita da parte degli organizzatori. Da segnalare che la Sud ha esposto uno striscione immediatamente dopo le coreografie dimostrando di essere a conoscenza di ciò che avrebbero messo in scena i dirimpettai. La sola esibizione che ha preceduto l’avvio della partita, già valeva lo sforzo fatto per arrivare nella caotica capitale rumena.


Dopo questa intensa introduzione offerta dalle due curve l’arbitro ha dato il via alle danze. Sul terreno di gioco livello tecnico di una scadenza agghiacciante. Che spettacolo vedere degli errori grossolani come quelli commessi dalle due squadre dinanzi a quasi quarantamila persone. Ma vi posso assicurare che la partita è stata molto più divertente di una qualsiasi altra partita di massima serie del campionato rumeno nonostante i valori dimostrati in campo, questo grazie all’agonismo messo in campo dai ventidue uomini che si sono sbranati dal primo al novantesimo. Mettetevi nei loro panni: ragazzi abituati a giocare davanti a trecento uomini, tutto ad un tratto catapultati nei sette giorni prima del derby in un’altra realtà, fatta da telecamere puntate addosso ad ogni allenamento e giornalisti che quotidianamente hanno posto le classiche domande di rito. Ragazzi che oltre ai quarantamila dello stadio nazionale del loro paese, sanno di essere seguiti da altri quattrocentomila uomini da casa e che sanno soprattutto, che il giorno dopo ricadranno nell’anonimato più totale fino a Giugno, quando presumibilmente si giocherà l’ultimo atto del grande derby 2017/18.

Sui gradoni l’incontro è stato ancora più coinvolgente. Fra gli ospiti da registrare la presenza dei da me tanto stimati timișoreni. A livello vocale non credo di bestemmiare dicendo che nonostante l’inferiorità numerica (in curva) a sentirsi siano stati maggiormente i padroni di casa. O meglio dire, i locali sono stati sicuramente più continui, merito anche di tanti cori secchi che hanno visto la partecipazione di tutti i presenti in curva. Mentre in Curva Nord si vedeva che a prendere parte ai cori sia stata maggiormente la parte centrale del primo anello. A sostegno della mia tesi ci sono due argomenti:

  • Quando in Nord partecipavano TUTTI ai cori, i decibel dei rapidisti erano di gran lunga superiori a quelli degli stelisti, ma ciò purtroppo è avvenuto sporadicamente, nonostante anche loro abbiano fatto una buona prestazione vocale;
  • Se in Sud campeggiavano quasi esclusivamente pezze appartenenti a gruppi ultras, in Nord vi erano diverse pezze che non potevano essere riconducibili al tifo organizzato e che dunque testimoniavano una massiccia presenza di tifosi che nulla avevano a che vedere con il movimento ultras.

Ogni derby che si rispetti, registra inoltre un’innumerevole quantità di striscioni da una parte e dall’altra. Così è stato anche in questa stracittadina della capitale rumena. Ma se da una parte gli ospiti si sono limitati a un paio di striscioni contro i loro nemici, per lo più fondati sul fatto che siano passati dalla tutela del pastore a quella dell’armata, il repertorio dei locali è stato molto più ampio, come se questa vetrina gli avesse dato un’occasione speciale per togliersi diversi sassolini dalle scarpe.

Simpatici gli striscioni indirizzati ai dirimpettai, vi risparmio la traduzione perchè perderebbero le rime, ma possiamo dire che per lo più erano incentrati sul presunto selvaggismo del quartiere Giulești e sul termine “Academia”, dato che in rumeno la galera nel gergo popolare viene definita “Facoltà”, le allusioni a presunti precedenti penali degli ospiti hanno avuto terreno fertile. Molto bello invece lo striscione per Radu, ragazzo della Sud venuto a mancare: “Oggi sentiamo la tua presenza”. Ad effetto il messaggio indirizzato a tutti gli stelisti che non seguono il CSA, anche se a mio avviso è da considerarsi un non troppo velato attacco all’altra curva, quella che non si è unita al progetto dell’armata: “Il grande scisma stelista, ci ha tolto di dosso il gruppo manelista”. Per chi non lo sapesse, le “manele” sono un genere musicale di origine turca, molto in voga in Romania ma più in generale nell’est europeo, anche se con diversa denominazione. Per chi volesse approfondire l’argomento suggerisco la visione del documentario firmato BBC: “The New Gipsy Kings”. Naturalmente il termine “manelista” è utilizzato per lo più in chiave dispregiativa, ma non è un insulto a sfondo razzista, nonostante il documentario inglese parli per lo più del legame fra gipsy e manele, questo è un genere di musica oramai ascoltato da buona parte della popolazione, anche se non credo che tutti usino ascoltare questo genere musicale lanciando banconote di grosso taglio…

I sassolini più grossi i ragazzi della Sud li hanno tolti dalle scarpe con gli striscioni indirizzati alla UEFA e alla stampa pro-Becali: tutti platealmente in inglese e tesi a dimostrare all’Europa intera che la vera Steaua non è quella che ha cambiato nome e gioca nelle massime competizioni continentali, ma quella che ha conservato il marchio e porta più di ventimila uomini sulle tribune in una partita di quarta serie.

Ho volutamente seguito quest’ordine per la cronaca degli striscioni, perché tutto ad un tratto sulle tribune è arrivata l’inaspettata sorpresa che ha cambiato definitivamente il volto della giornata. Venticinquesimo minuto della prima frazione, alzando gli occhi verso la Tribuna II riesco a vedere degli uomini esporre per pochissimi secondi uno striscione bianco con un messaggio abbastanza chiaro: “FCSB=Steaua”. Vi dirò la verità. Non appena ho visto lo striscione ho poggiato la mano destra sulla faccia e ho pensato “Cazzo, cosa sta per succedere…”. A quel punto già immaginavo tanti tifosi della Steaua presenti nel settore correre verso lo striscione incriminato. Invece il seguito è stato ancora più divertente: come se nulla fosse, una cinquantina di uomini in nero, chi superando gli steward, chi attraverso lo spazio che divide il terreno di gioco dalle tribune, ha iniziato a correre verso il settore alla loro destra. Dall’altra parte, anche se non chiamati in causa, i rapidisti non si sono fatti pregare, altrettanti uomini hanno superato il cordone di steward e si sono buttati nella mischia in Tribuna. Sono seguiti almeno cinque minuti di botte da orbi di quelle vere, un corpo a corpo intenso senza nessuna partecipazione di terzi, né steward né poliziotti, i quali a un certo punto dello scontro, vedendo che questo non scemava, sono entrati in forza con manganelli e spray urticanti nel mucchio.

Partita naturalmente interrotta, fuggi fuggi in tribuna causato dagli “spari nella folla” e un’aria sporca di spray e gas in quanto anche noi sul terreno di gioco abbiamo dovuto iniziare a coprirci occhi e naso. In più, tanti uomini portati via, non so se con prove o senza, ma sta di fatto che in quel momento ho pensato di aver fatto una mossa molto saggia a non muovermi dal mio angolo, con la solita fortuna che mi accompagna durante le partite della Steaua magari portavano via anche me.

Molto curioso un aspetto di questi fermi della Jandarmeria: diversi uomini, dopo essere stati portati via ammanettati, se ne sono tornati in curva tranquillamente camminando a bordo campo senza essere accompagnati da nessuno e come se nulla fosse successo. Una scena spettacolare, soprattutto quando poi li vedevi arrampicarsi sulla balconata con lo scopo di rientrare in curva venendo aiutati dagli altri ragazzi, senza che i “tutori dell’ordine”, nel frattempo posizionatisi ai loro lati, si muovessero minimamente. Una visione sinceramente incredibile ai miei occhi.

Dopo questi primi minuti di grande confusione, la partita è ricominciata con la Jandarmeria a presidiare le due curve, le quali per tutta risposta hanno ricominciato a lanciare in campo un petardo dopo l’altro, dando di nuovo inizio al capodanno di Bucarest.


Notte postuma di San Silvestro a un certo punto alimentata da quell’evento che speravo arrivasse affinché gli animi si surriscaldassero ulteriormente: ovvero un gol. Questo è stato realizzato dagli ospiti e per giunta sotto la curva dei locali. Inutile dire che la Nord sia entrata in fermento. Che sensazione di piacere mi ha dato vedere i 15mila della nord impazzire dopo il gol… Sono seguiti diversi cori di ottima intensità, cantati finalmente da tutti, oltre al solito contorno di petardi.

Dal canto suo la Sud non si è lasciata demoralizzare e ha continuato a farsi sentire con l’intensità di prima. Dimenticavo un dettaglio, la Sud in quei cinque minuti di botte in tribuna ha naturalmente recuperato lo striscione esposto dai “Becalisti” e lo ha esposto dopo la ripresa della partita.

Verso lo scadere del primo tempo è giunto di nuovo quell’elemento utile a rianimare la partita: un rigore per la Steaua questa volta. Il tiro e il gol. La metà rossoblu dell’Arena a quel punto si è lasciata andare a un urlo liberatorio e credo di non sbagliare se dico che dopo il gol del pareggio, i padroni di casa erano sicuri di portare i tre punti a casa.

Quando l’arbitro ha mandato le due squadre negli spogliatoi per la fine del primo tempo, le redini della serata le hanno prese l’esercito e la Curva Sud. Anche prima del calcio d’inizio vi era stato un piccolo sketch organizzato dalla società per intrattenere il pubblico, ma i momenti di intrattenimento a cavallo delle due frazioni meritano di essere citati. In quel momento infatti ha fatto il suo ingresso sul terreno di gioco l’uomo che ha sempre combattuto Becali e che di fatto gli ha portato via il marchio: Florin Talpan, il giurista del Club dell’Armata, per l’occasione visibilmente ingrassato, tant’è che ho dovuto chiedere chi fosse. Sono rimasto sinceramente a bocca aperta nel vederlo acclamato con così tanta partecipazione dalle tribune e soprattutto dalla Curva. Non pensavo godesse di così tanta stima da parte degli ultras. Da quanto mi hanno lasciato intendere, è visto un pò come il salvatore della patria dalla maggior parte della tifoseria, l’uomo che ha liberato la Steaua e che è riuscito a toglierla dalle grinfie del “Pastore”. Talpan, dopo essersi preso gli applausi di una buona fetta dei 20mila stelisti presenti, ha partecipato a uno scambio di targhe in campo con diversi uomini della Sud, e in seguito ha introdotto una piccola esibizione della banda militare. Una piccola americanata in salsa est-europea.

Il secondo tempo, iniziato abbondantemente in ritardo rispetto al ruolino di marcia, circa quindici minuti dopo, è stato la ciliegina sulla torta di una giornata speciale. È successo veramente di tutto. E chiedo di nuova scusa se purtroppo non posso ricordare tutto alla perfezione.

Tutto è iniziato con il secondo gol del Rapid. Tutta la squadra, portiere incluso, è arrivata sia sotto che dentro la Nord, unita in uno di quegli abbracci che tanto fanno bene al mondo dello sport. Questa scena da libro Cuore, in cui l’amore ha trionfato sul male, ha permesso a uno dei sostenitori assiepati in Curva Nord di fare ingresso sul terreno di gioco e di raggiungere la curva rivale in un tempo olimpionico, sfuggendo ad ogni tentativo di placcaggio compiuto dagli agilissimi (…) steward. Che prosieguo poteva avere questa scena, se non quello dell’entrata in campo da parte dei feriti nell’orgoglio stelisti con conseguente caccia all’uomo fermata appena in tempo dalla Jandarmeria? Ebbene è avvenuto tutto ciò.

Naturalmente da quel momento in poi la partita sulle tribune non è più stata la stessa: in entrambe le curve è dapprima partito un breve scontro con la Jandarmeria lato Tribuna II, fino ad arrivare a un nuovo contatto fra i due gruppi e inoltre in Sud la presenza dei “tutori” è stata rafforzata tramite un nuovo cordone installato fra la porta e la curva, con tanto di uomini con videocamera.

In una situazione del genere, verrebbe spontaneo pensare che la situazione in Sud si sia calmata definitivamente. Siamo nel 2018 e la polizia ha mezzi potentissimi per venirti a prendere il giorno dopo a casa e sbatterti in una cella in cui trascorreresti almeno 30 giorni della tua vita, solitamente il minimo in Romania anche per chi in seguito a un processo si rivela totalmente innocente. È stato invece in quel momento che la Sud mi ha lasciato veramente di stucco. Un lancio continuo di petardi, aste e seggiolini verso i gendarmi. Un lancio che non aveva fine nonostante le duemila telecamere ultra-performanti puntate sui loro volti.

Naturalmente il terzo gol degli ospiti non ha fatto altro che peggiorare la situazione: una sud inarrestabile (buffo gioco di parole), ha iniziato a colpire anche il DT e calciatore rapidista Daniel Pancu, non appena questi ha iniziato il suo riscaldamento in prossimità “del settore sbagliato”. Dal canto suo, il buon Pancu non ha mancato di provocare i già troppo caldi sostenitori dell’Armata, andando a più riprese a muso duro sotto il settore. Un pazzo insomma.

E così gli ultimi venti minuti della partita sono andati avanti da un lato con cori di giubilo, da parte di chi, forse per la prima volta durante l’intera stagione si era conquistato lo status di favorita alla vittoria finale; dall’altro invece sono iniziate invece piccole cariche della Jandarmeria con l’aiuto degli spray. Nel momento in cui hanno voluto, i tutori hanno evacuato totalmente il lato della Sud confinante con la tribuna principale, quello in cui sono partiti gli oggetti verso il DT ospite per intenderci.

Non credo che ci sia bisogno di dire che dopo la partita, le televisioni non parlavano d’altro se non degli incidenti occorsi durante il derby. Ma se questo d’altronde succede in Italia, dove la cronaca di solito non manca mai, figuratevi in un paese come la Romania dove non succede mai nulla e in cui anche una qualsiasi flatulenza farebbe notizia. Tra l’altro da segnalare il fatto che nessuna fra le televisione locali abbia detto chiaramente che gli scontri siano partiti da quello striscione pro-FCSB. Ditemi quello che volete, ma io sono certo che senza quello striscione che ha surriscaldato troppo gli animi, non sarebbe successo nulla sulle tribune durante tutto l’arco della partita. Si spera ora che chi verrà colpito da provvedimenti giudiziari dopo i fatti avvenuti, non abbia conseguenze troppo severe sulla propria vita. Un’interdizione dagli stadi non è la fine del mondo, le conseguenze che possono seguire ad un processo penale però sono già più gravi.

Ringrazio stelisti e rapidisti per lo spettacolo offertomi sulle tribune, devo ammettere che Sabato 14 Aprile ho fatto pace col mondo del tifo organizzato e con lo stadio in generale, dopo un lungo periodo di crisi e di scarsissimo entusiasmo. Magari non vedrò mai più il mondo ultras come lo vedevo dieci anni fa, con le emozioni di un ragazzino innamorato del più grande movimento di aggregazione giovanile dei nostri tempi, ma serate come questa per lo meno contribuiscono a farmi ricordare il perché di questa mia passione. Auguro uno Steaua-Rapid a chiunque viva un periodo di crisi simile al mio.

Colgo l’occasione per chiedere scusa per l’esigua presenza di materiale fotografico, purtroppo anche il mio caro amico tedesco non è riuscito a scattare più di tanto.

Tuttavia sentivo il bisogno di prodigarmi nel provare a raccontare questa mia ultima esperienza, coronata da una grossa grigliata notturna bagnata da Rakija locale in un giardino della capitale, un modo efficace per non dimenticare mai quanto amo la Romania.

Alessandro Piccioni