Per chi non lo sapesse, o non mi hai mai letto, nutro diffidenza sul movimento ultras tedesco. Non è che ho pregiudizi sulla Germania in generale, ma quello che ho visto dal vivo non mi ha mai convinto al 100% e sopratutto tra le foto (bellisime) che si possono vedere in giro e la realtà, la differenza è sempre stata grande. Di fatto, per chi ha la fortuna di avere l’anima viaggiatrice e dispone di tempo, il meglio è di andare a vedere dal vivo le tifoserie che Internet e i vari forum mettono in risalto.

Il 21° secolo è ovviamente l’epoca delle nuove tecnologie e della globalizzazione. Non sempre un battito d’ala di una farfalla in Europa provoca un bufera in America, ma sicuramente, con l’ausilio d’Internet, una torciata in un campionato di terza serie serba o uno scontro decisivo in uno stadio polacco tra due fazione nemiche, provoca commenti in una grande parte del pianeta ultras, o almeno nel suo alter-ego, cioè nel mondo digitale. Come diceva un amico, ai nostri tempi si doveva masticare anni per capire qualcosa sulle altre tifoserie, adesso invece, ad un adolescente, basta andare su Internet per parlarti delle cause delle tensioni interne in una tifoseria. Non voglio giudicare questo, fa parte del progresso e sarebbe troppo facile dire era meglio prima, ma una cosa è certa: tra un video su Youtube, un resoconto su un qualunque forum ultras o un like su una pagina Facebook, niente vale l’esperienza del reale, prima, oggi e domani!

Per motivi di lavoro ho la fortuna di poter scegliere una destinazione in Germania, e, per capire meglio il movimento in questo paese e provare a sciogliere definitivamente gli ultimi dubbi che posso avere, decido di andare a Dresden e questo per due motivi. Il primo è la tifoseria della Dynamo Dresden, etichettata come una delle più turbolenti dell’intero paese, e capace di portare in tutta la Bundesrepublik migliaia di tifosi gialloneri. Anche se quest’ultimo punto sembra essere una caratteristica comune a tante tifoserie tedesche. Ma la Dinamo Dresden, che è in serie C, ha una media spettatori di 25.000 presenze, un dato che merita sicuramente attenzione: credo che in Europa siano davvero poche le squadre ad avere una media così alta. La seconda cosa che mi spinge nella “Firenze sull’Elba”, è la partita con l’Hansa Rostock, contrassegnata da una rivalità molto sentita: difatti la tifoseria biancoblu ha anche lei una reputazione di prim’ordine nel panorama tedesco.

La primavera bussa alle porte, almeno a Monaco di Baviera (dove faccio tappa) e sul calendario, ma nell’Est della Germania, a pochi passi dal confine con la Repubblica Ceca, è ancora inverno; anche se un uomo, con la faccia tipica che ti immagini del hooligan tedesco vecchio stile veste un pantaloncino corto totalmente anacronistico, ma visto il suo fisico non mi permetto di riportargli direttamente il commento. Non è solo il freddo, ma anche il grigio ad accoglierci nella capitale della Sassonia. Se uno vuole distruggere i cliché sulla parte orientale della Germania, sarebbe difficile con queste condizione climatiche il 18 marzo. La buona notizia è che più approccio il centro di Dresden, più noto la passione e il legame tra città e squadra. Scritte e murales si possono notare ovunque, è un qualcosa di molto comune in Germania, ma fa sempre piacere vederle, come gli adesivi che celebrano la gloria del SGD.

Lo Sportgemeinschaft Dynamo Dresden, questo il nome completo della gloriosa società, oggi gioca nella serie C tedesca, la Dritta Liga. La storia del SGD e del calcio a Dresden permette di intravedere la storia travagliata della Germania in generale e di questa città in particolare. Perché il calcio in Germania è nato proprio lì: nell’aprile 1874, sulle sponde dell’Elba, nacque il Dresden English Football Club. Degli industriali inglesi che vivevano nella città da parecchi anni, decisero di fondare una società di calcio. Nel 1893, dei dissidenti del Dresden English F.C. costituirono il Neue Dresdener F.C. Nel 1898 poi, gli affiliati delle due società s’unirono per creare il Dresdener S.C. Questa squadra sarà la bandiera del calcio cittadino per 47 anni. Vincerà pure, durante il secondo conflitto mondiale, due coppe di Germania nel 1940 e 1941, ed il campionato nel 1943 e 1944.

Il 7 maggio 1945, la Germania firma l’armistizio e la capitolazione senza condizioni. Il 17 dicembre, il consiglio degli alleati decise di mettere al bando tutte le associazione sportive esistenti, nel quadro della “denazificazione” del paese. Tante società calcistiche vennero sciolte, altre ricostituite sotto nuovi nomi, come il Dresdener S.C. che diventò S.G. Dresden-Friedrichstadt. Nella zona d’occupazione sovietica, quattordici squadre si ritrovano, nel settembre 1949, a disputare il primo vero campionato della Germania dell’Est, l’Oberliga. Questa prima edizione del campionato del dopoguerra è dominato dal S.G. Dresden-Friedrichstadt e dal Z.S.G. Horch Zwickau che si ritroveranno appaiate con lo stesso punteggio alla vigilia dell’ultima giornata di campionato… che le vede confrontarsi direttamente! Il 16 aprile 1950, di fronte a 60.000 spettatori, gli atleti di Zwickau vincono a Dresda 5-1 e si laureano campioni. Appena l’arbitro fischia la fine della partita, scoppiano incidenti tra la polizia e i tifosi locali che cercano di aggredire l’arbitro. Per punire quest’ultimi, il S.G. Dresden-Friedrichstadt è addirittura sciolto dalle autorità! È il primo ma non l’ultimo intervento dello Stato socialista appena costituito. Durante tutta la storia dell’Oberliga, difatti, il regime sarà uno dei maggiori attori di un campionato per certi versi assurdo se non surreale.

Nella capitale della Sassonia, il calcio continua sotto la bandiera del S.G. Deutsche Volkspolizei Dresden. Prendendo spunto dal modello sovietico, nasce dunque l’Associazione Sportiva della Polizia del Popolo tedesco, che prende il posto del S.G. Dresden-Friedrichstadt per la stagione 1950-1951. Diciasette giocatori, tutti funzionari della polizia, provenienti da tutta la Repubblica Democratica: questa squadra trionferà quasi subito, vincendo la Coppa del nuovo stato socialista nel 1952. L’anno dopo vincono anche il loro primo scudetto. Un momento storico per la nuova società, anche perché la squadra cambia nome e diventa Sportgemeinschaft Dynamo Dresden (o S.G. Dynamo Dresen), il 14 aprile 1953.

Questo primo scudetto però, annuncia un cambiamento tremendo: nel mese di novembre 1954, durante la stagione calcistica, la società è obbligata a spostarsi duecento chilometri a nord, a Berlino-Est, dove viene ribattezzata S.C. Dynamo Berlin. La Stasi, la famigerata polizia politica del regime socialista, impone questo cambiamento. il suo direttore dell’epoca, Erich Mielka, Berlinese doc, vuole che la parte orientale della capitale disponga di una società forte. Nell’altra metà di Berlino, ad ovest, ci sono due squadroni come l’Herta B.S.C. e il Berliner Tennis Club Borussia. Questo cambiamento è veramente assurdo, ma sarà uno dei tratti distintivi dell’Oberliga: decine di altre società cambieranno sede, dopo decisioni politiche del regime. Come l’S.V. Vorwärts, costituito nel 1951 a Leipzig, obbligato a trasferirsi a Berlino due anni dopo e poi a Francoforte sull’Oder.

La Dinamo Dresden non ha quasi più giocatori, solo alcuni giovani della Primavera continuano a portare in alto i colore gialloneri in DDR-Liga (la serie B locale) e poi in serie C. Bisogna aspettare il 1962 per rivedere la Dynamo Dresden in Oberliga e cinque anni dopo in una coppa europea. La storia della Dynamo ricomincia e va toccare le cime sportive durante il decennio successivo. Il merito di tutto è Walter Fritzch, l’uomo che allena la squadra dal 1969 al 1978. Questo uomo non ha nemmeno il titolo per allenare una squadra di calcio, ma sotto la sua direzione la Dynamo vince 5 scudetti e due coppe. Sono gli anni di gloria del calcio della Repubblica socialista, che raggiunge anche la sua unica qualificazione ad una Coppa del Mondo nel 1974 che si svolgerà nella vicina e “nemica” Repubblica Federale. Nelle Olimpiadi del 1976 poi, la squadra di calcio della Germania orientale vince addirittura la medaglia d’oro e nelle finale della Coppa delle Coppe, l’F.C. Magdeburg s’impone sul Milan l’8 maggio 1974.

Pure la Dynamo Dresden dice la sua nelle varie coppe europee: nel 1974-1975 vince contro la Juventus in Coppa dei Campioni, per poi essere eliminato con molta difficoltà dal Bayern München di Gerd Müller e Franz Beckenbauer. L’S.G.D. arriverà per 8 volte ai quarti di finale e una volta anche in semifinale della Coppa U.E.F.A. In quegli anni misero fuori combattimento parecchie società gloriose del continente dall’Atletico di Madrid al Benfica, al Porto e anche la Roma, come si può vedere nello spazio dedicato a questo glorioso passato nel salone VIP della società giallonera, all’interno della tribuna principale. L’ultima apparizione della Dynamo in Europa fu durante la stagione 1990-1991, quando la Stella Rossa, squadra che poi vincerà quell’edizione della Coppa dei Campioni, eliminò la squadra di Dresden nei quarti di finale. La partita in Germania fu segnata da durissimi scontri tra hooligans tedeschi e i Delije Serbi.

Ma se in Europa la Dynamo ha onorato degnamente la maglia giallonera, in campionato è diverso, perché dal 1979 al 1988 lo scudetto viene attribuito al Berliner FC Dynamo. Non solo per meriti sportivi, ma anche grazie all’aiuto di Enrich Mielka, il massimo dirigente della Stasi e grande tifoso della Dynamo Berlinese che, non accettando la vittoria dello scudetto del 1978 della Dynamo Dresden, va nello spogliatoio giallonero dopo la partita a comunicare che questo titolo sarebbe tornato a Berlino. Malgrado queste pressioni politiche, la Dynamo Dresden vince comunque tre coppe nazionali e per sei volte sarà vice-campione del campionato.

Il 1989, con la caduta del muro di Berlino, è un anno indimenticabile per tutti i tedeschi, ma ancora di più per i tifosi gialloneri, che vedono la Dinamo Dresden mettere a segno la doppietta coppa-campionato, come nel 1990. Tra i giocatori della Dinamo si fa notare il giovane Matthias Sammer, che dopo questi successi e la libera circolazione tra le due repubbliche, approfitterà per andare a giocare in Bundesliga: la fine del muro preannuncia il crollo dei club orientali, vittime predestinate delle società calcistiche occidentali. La stagione 1990-91 è l’ultima per il campionato tedesco-orientale, che sarà vinto dall’Hansa Rostock davanti alla Dinamo Dresden. Questo risultato permette a queste due squadre di essere integrate nella Bundesliga “unita” nell’agosto 1991, da lì in poi l’unico campionato di massimo livello nella Germania reunificata. Per quattro stagioni di fila la Dinamo Dresden riuscirà a mantenersi nella Bundesliga, per poi finire in terza serie per colpa di debiti quantificabili in 5 milioni di €.

Saranno vent’anni di anonimato sportivo per l’SG Dynamo, che giocherà tra il quarto e il secondo livello del calcio tedesco. Ma il 2016 è un’annata diversa: la Dynamo, che gioca in Dritte Liga (la serie C tedesca) ha finito di pagare tutti i suoi debiti che s’era trascinata dietro da 25 anni, e a livello sportivo domina il campionato, arrivando primo con dieci punti di differenza sulla seconda in classifica. Promozione quindi quasi assicurata, a otto giornate dalla fine del campionato, se oggi i giocatori gialloneri non sbagliano contro l’Hansa Rostock. I biancoblu del mar Baltico, a loro volta, giocano con le spalle al muro, trovandosi al 14° posto e per i quali l’unico obiettivo è non retrocedere. La partita si preannuncia come una pura formalità per la Dynamo, ma non per le forze dell’ordine che presenzieranno in un migliaio circa, per questa partita!

La mattina della partita, la città è grigia e triste, un cliché per qualunque turista che viene per la prima volta nell’ex Germania del Est. L’inverno decide di proseguire per alcuni giorni, ma mi permette comunque di fare una passeggiata per il centro storico. Per fortuna ho modo di conoscere questa bellissima città e anche se le condizioni climatiche non sono dei migliori, mi godo questo giro prima di raggiungere lo stadio. Di fronte al Samper Opera rimango sempre impressionato della bellezza della capitale della Sassonia, già piena ovunque di turisti. Nel vecchio centro storico, totalmente ricostruito, vengono ad ammirare il simbolo della città, la Frauenkirchen: questo monumento, come quasi tutto il centro storico, fu completamente raso al suolo dai bombardamenti alla fine della seconda guerra mondiale, il 13 e il 14 febbraio del 1945.

Fino a questi due giorni, la “Firenze del Elba” era stata ben preservata dai bombardamenti alleati sul terzo Reich. La guerra stava per finire con la sconfitta totale del nazismo, il morale della popolazione era bassissimo, decine di migliaia i profughi nella sola a Dresda, proprio mentre il fronte si avvicina alla capitale sassone. La città non ha un’importanza strategica, lo stato maggiore della Wermacht aveva già smantellato le difese anti-aeree, ma questa scelta strategica venne utilizzata dagli alleati per fare di Dresden un esempio, un monito, così durante 48 ore, in quattro ondate, ci fu un diluvio di fuoco sulla città: tra 18 e 25.000 persone morirono sotto le bombe, secondo le ultime ricerche degli storici tedeschi. Un crimine non solo umano ma anche patrimoniale, visto che la quasi totalità del centro storico verrà distrutto. Ma sotto il regime socialista, una parte del centro fu già ricostruita a partire dal 1951, compreso lo stadio, colpito anch’esso dalle bombe. La riunificazione accelerò il processo ed oggi si può di nuovo vedere la ricchezza della capitale della Sassonia come cent’anni fa. La cosa più interessante, per capire questo episodio terribile, è andare al museo dell’esercito tedesco 4 chilometri al nord del centro, paradossalmente un allestimento contro la guerra, specie se si considera che parliamo comunque di un museo ufficiale dell’esercito. I tedeschi sanno spesso dimostrarsi antesignani, non solo nell’economia o nel calcio, ma anche a livello di riflessione storica e sociale.

Ultima testimonianza di tutto ciò è quella mostra a cielo aperto che, in città, offre all’occhio dei visitatori delle statue metà lupi e metà uomini a rappresentare la crescita dell’estrema destra in una Dresden dove, a differenza delle altre città della Germania orientale, la crisi economica non si è fatta sentire in maniera così stringente. All’opposto Dresden è considerata una sorta di piccola “Silicon valley” teutonica, con imprese d’informatica di punta e tante piccole-medie aziende che ne fanno una città in pieno sviluppo. Comunque l’estrema destra è di casa qui: ogni anno, il 13 febbraio, migliaia di neonazisti si ritrovano per sfilare e commemorare il bombardamento della città. Dal 2014 la sfilata non c’è più, ma da due anni Pegida, il discusso movimento proclamatosi a difesa dell’Occidente, riunisce varie migliaia di persone il lunedì successivo a quella ricorrenza.

Oggi comunque la politica non è un argomento che interessa i tifosi, perché i colore gialloneri uniscono davvero tutti gli abitanti di Dresden e della sua provincia. Nel centro storico si notano i primi tifosi, e andando a piedi per ritirare i nostri accrediti, si vedono anche tanti tifosi con i colori sociali addosso. La società è molto ben organizzata ed avere l’accredito è molto facile. La simpatia degli addetti del club giallonero va sottolineata: non fanno sembrare che ci stiano facendo un favore, come altre società o suoi impiegati fanno ogni volta, ritenendo chi scrive di tifo come una persona di serie b.

Raggiungiamo lo stadio dopo una passeggiata di una ventina di minuti dal centro. Il quartiere è impressionante, tutto attorno ci sono viali grandissimi, tipici dell’architettura socialista: sembra di essere a Karl-Marx Allee a Berlino; gli edifici sono grigi, ma in buone condizione. Un tram moderno permette di raggiungere in un paio di minuti il centro, ma il meglio è farselo a piedi per approfittare del talento di alcuni tifosi gialloneri che, sui muri del tragitto, hanno dipinto vari murales dedicati alla gloria degli Ultras della Dynamo o dell’SGD. Il sole finalmente fa capolino e più ci avviciniamo allo stadio, più si sente quel clima calcistico che permette di fare crescere la tensione ambientale, intesa in senso positivo. Come ho gia detto è una partita ad alto rischio ed anche se sono stati mobilitati migliaia di poliziotti per l’evento, non se ne vede neanche uno in giro, tranne un elicottero biancoverde (i colori della polizia in Germania) che vigila dall’alto. Dobbiamo arrivare di fronte alla tribuna per notare una decina di mezzi della polizia. Il clima è comunque di festa, con gruppi di amici e famiglie che mangiano salsicce e bevono birra.

I tifosi che incrociamo lasciano quantomeno a desiderare dal punto di vista dello stile: tanti impersonano l’archetipo più classico e folkloristico della parola “tifoso”, con varie sciarpe annodate ovunque, tantissimi gadget con i colori della squadra e tante maglie del club. Alcuni hanno pure il loro abbonamento intorno al collo, come fossero bambini della scuola Materna: forse hanno paura di perderlo per le troppe birre? Quando scopro l’immenso negozio della Dinamo Dresden, posso capire quanto il merchandising rappresenti una fonte di reddito importante per la società.

Entriamo nel settore dedicato alla stampa e, come sempre in Germania, si può mangiare e bere con calma, senza che si verifichino scene allucinanti come all’Olimpico di Roma, dove buttano una ventina di panini e i colleghi fanno quasi a pugni per prenderne uno. Il giornalista viene rispettato e lo noto quando chiedo una seconda pettorina per scattare a bordo campo e me la trovano in un batter d’occhio, dopo avermi istruito sulle regole per scattare. Ottima organizzazione e grande accoglienza.

L’ingresso su un nuovo campo, che sia per un calciatore, un tifoso o un inviato che scrive per Sport People è sempre un’emozione grandissima, sopratutto quando lo stadio è così bello, moderno sì, ma non troppo ed è pieno al 90%. La capienza dell’impianto è di 32.066 posti ed oggi ci saranno 28.622 tifosi, tra i quali duemila tifosi venuti per sostenere i biancoblu dell’Hansa Rostock. Non male per una partita di terza serie e per una squadra che gioca per non retrocedere. Ultimo dettaglio: Rostock è comunque a 400 km a nord di Dresden.

Prima della partita giro attorno al campo e posso notare un maxi settore riservato ai VIP, che può accogliere 1.400 spettatori. Su tutti i muri che circondano il campo, senza barriere ad eccezione della curva, ci sono già gli anelli per montare gli striscioni. Infine, prima dell’inizio della partita, non c’è alcuna mascotte ridicola tipo Disneyland, ma c’è il capo della curva che viene invitato quasi al centro campo per coinvolgere tutto il popolo giallonero. Tutto lo stadio riprende le tre sillabe DY-NA-MO, con battimani da pelle d’oca. Scene gia visto in Grecia, con i tifosi del PAOK, ma che sono comunque bellissime. Una comunione d’intenti tra il capo degli ultras e il suo popolo. Un bel omaggio ed un riconoscimento della passione che mettono i ragazzi della curva.

A qualche minuto dal fischio d’inizio si può scorgere uno striscione di sessanta metri messo sopra quelli tradizionali dei gruppi della curva (o meglio del Blok K, come viene denominato qua il settore più caldo). Ottima cosa perché preannuncia di certo una coreografia. Quando i giocatori entrano in campo, nemmeno a dirlo, un mosaico di cartoncini gialli, neri e bianchi prende forma, con un piccolo numero “2” in plastica al centro. Un secondo “2”, più grande sostituisce il primo, fino a quando appare un “2” enorme. Si capisce l’allusione è alla “2.Bundesliga”, cioè la serie B locale. Lo striscione a completamento della coreografia, permette di capire meglio il senso di questa stessa imponente messa in opera: il riferimento è ad un sogno che diventa man mano più grande, più grande, più grande… con le lettere dello stesso striscione che diventano anch’esse sempre più grandi.

Gli ospiti non sono venuti certo a mani vuote e propongono, anche loro, una bellissima sbandierata blu, bianca e rossa. Il tifo si preannuncia caldo e lo sarà. Il Blok K, guidato dagli Ultras Dynamo, risponde come un solo uomo. I boati che sento oggi sono veramente esagerati. Un tifo potente e quasi militare. L’unica pecca che potrei trovare è nel lato poco melodico dei cori, ma siamo a pochi chilometri dal confine polacco e l’influenza dei vicini c’è. Non vanno a scemare con il passare del tempo, raggiungendo anzi dei picchi d’intensità fortissimi, mentre i livelli di tifo più attenuati sarebbero comunque più che degni della serie A! I bandieroni verranno sempre tenuti in alto, anche durante le fasi più concitate della gara, restituendo sempre un bell’effetto ottico a chi guarda. Il capo della curva, aiutato da un altro corista, si dà un bel da fare, mentre vicino a lui risuona una grancassa, uno strumento molto in voga in Italia negli anni ’80 e che nell’Est dell’Europa è sempre utilizzato.

La curva di casa ospita anche altri gruppi di tifosi, ultras o altri ancora con tendenze hooligans. Si nota uno striscione Fighters abbastanza vecchio, accanto allo striscione principale, poi una miriade di sotto gruppi (una prerogativa, questa, molto tedesca) uno dei quali utilizza pure simboli dell’ex DDR ma, a parte questa eccezione, la regola è nella totale assenza di vessilli politici: il giallonero ha il compito di unire tifosi, ultras e hooligans di casa, non di dividerli. L’unico gruppo che porta avanti un discorso “antirazzista” simile a certi gruppi che conosciamo in Italia, è l'”Internazionale 1953″. Ogni anno, lo sponsor della Dynamo Dresden lascia per una partita il suo posto sulla maglia allo slogan “Ama la Dynamo, odia il razzismo”: una questione molto sentita in un lander che registra decine di attacchi al mese per tensioni razziali. La presenza neonazista sul territorio è molto radicata, malgrado la presenzia straniera sia tra le più basse della Germania (2,9% della popolazione totale). Gli “Ultras Dynamo” hanno optato da qualche anno per una linea apolitica, cambiando la sua postazione tendenzialmente sinistroide, come testimoniavano i colori della bandiera Rasta su un suo striscione. Comunque, da quel che ho capito dai ragazzi, nel gruppo c’è trasversalmente di tutto, così come avviene nel resto della curva, mentre il gruppo “Internazionale 1953” è comunque ben visto.

Anche gli ospiti si rendono autori di una prestazione ottima, cantando anche loro per novanta minuti, senza mollare, e sventolando a tratti una parte delle bandiere utilizzate per colorare il loro spicchio ad inizio gara. Il gruppo trainante della tifoseria biancoblu si raccoglie dietro lo striscione “Suptras” (che sarebbe la forma contratta di “Supporter” ed “Ultras”), anche accanto a loro si notano tante pezze, di tifosi e anche di hooligans. La prima linea, che si può vedere schierata sul plexiglas, appare abbastanza giovane e per lo più ultras, ma non distante si possono intravedere alcune “brutte facce” sicuramente dall’età media più alta. La loro prestazione sarà ricompensata dal bel gioco della squadra, che strapperà un punto prezioso ai padroni di casa.

Sul campo il risultato si fissa su un 2-2 molto “socialista”, che potrebbe accontentare tutti ma non la curva di casa, che fischierà la prestazione odierna dei suoi beniamini, invitandoli a non mollare proprio ora che questa tanto agognata Serie B è ormai ad un passo. Gli umori son opposti nel settore ospiti, che festeggerà per 3 minuti con i giocatori quest’ottimo risultato.

Prima di lasciare lo stadio, posso notare nel corridoio dello spogliatoio alcune gigantografie della curva di casa, raffiguranti diverse coreografie. Questa è l’immagine che si ritrovano di fronte i giocatori, prima di ogni loro ingresso sul campo. Per curiosità mi intrattengo a parlare con l’addetto stampa, che mi spiega quanto, in Germania in generale e per la Dynamo Dresden in particolare, il dialogo con la tifoseria sia ritenuto importante e quando parla della tifoseria, la intende proprio per intero, in tutte le sue espressioni di tifo, da quelle più tranquille della gradinata ai calorosissimi “Ultras Dynamo”. Se non c’è la mascotte o altre stupidaggini simili, scopro che è proprio perché la società raduna i tifosi, ascolta le loro richieste e le tiene in grande considerazione. Non tutto ovviamente viene eseguito, ma si cerca sempre di trovare un giusto compromesso. E quando si parla di compromessi, non si intende certo richiedere permessi per cose ridicole, come in Italia dove è d’obbligo chiedere alla questura l’ingresso di uno striscione allo stadio, ma per cose molto più serie, costruttive e di interesse comune: bene o male anche loro hanno capito che la tifoseria non è il marcio del calcio, bensì proprio il suo cuore pulsante. L’atmosfera, la coreografia, il tifo hanno confermato questo, in una “misera” serie C tedesca, con quasi 30.000 spettatori. Lontano anni luce dal modello che sta fallendo clamorosamente in Italia.

Sébastien Louis.