“Ai sostenitori della squadra che su questo terreno iniziarono la guerra patriottica contro la Serbia il 13 maggio 1990”. È questo ciò che si legge sulla targa posta davanti all’ingresso dello Stadio Maksimir di Zagabria. “Maksimir” che nel suo nome racchiude, insieme a quello del vescovo Maksimilijan Vrhova, la parola pace, “mir”. Guerra e pace: vere e parafrasate nel calcio, ma sempre presenti nell’incontro fra Dinamo Zagabria e Hajduk Spalato disputato domenica 6 agosto sul terreno di gioco della capitale croata.

È il Vječni derbi a scacchi biancorossi, il derby eterno, quello che già ai tempi della Jugoslavia vedeva in campo le due più importanti realtà croate, quelle lontane da Belgrado, quelle che insieme a Stella Rossa e Partizan componevano le magnifiche quattro del campionato della Federazione.

Da una parte i padroni di casa della Dinamo, 4 campionati jugoslavi, 7 coppe del Maresciallo Tito, ma soprattutto 18 titoli croati (su 26 disputati) e 14 coppe nazionali post-dissoluzione. Dall’altra parte “l’orgoglio della Dalmazia”, la squadra che porta il nome del Robin Hood dei Balcani, l’Hajduk, l’Aiducco che combatteva contro i turchi, ma anche contro gli austroungarici. In bacheca 9 campionati jugoslavi e stesso numero di coppe dedicate a Tito, 6 campionati e 6 coppe croate.

Ma non solo: sugli spalti due dei gruppi più importanti di tutto il panorama ultras europeo. La Torcida di Spalato ha il vanto di essere la prima formazione ultras d’Europa, datata addirittura 1950. Sulla curva opposta, quella di casa, i Bad Blue Boys, che portano in dote l’anno 1986 come fondazione, conosciuti ormai in tutto il continente grazie anche all’assidua presenza della squadra di Zagabria nelle Coppe. Tuttavia i ripetuti e violenti contrasti con la dirigenza del club e con i Mamic hanno portato i BBB ad allontanarsi dal Maksimir più volte, nonostante qualche recente riavvicinamento.

Ma la guerra non è solo fra Dinamo e Hajduk, fra Bad Blue Boys e Torcida. La guerra è soprattutto quella con la Serbia. Perché questo è il fine settimana dell’Oluja, la tempesta, l’operazione che di fatto ha sancito la fine della guerra e il dominio della Croazia su tutto il territorio croato. Sembra una contraddizione ma con il sollevamento dovuto al disfacimento della Federazione, alcune aree storicamente a maggioranza serba comprese nell’attuale Croazia erano insorte rivendicando autonomia o quantomeno la possibilità di ricongiungersi politicamente a Belgrado. L’Oluja costò vittime militari ad entrambe le parti e vittime civili (fra 2-3.000 morti e 250.000 sfollati) all’etnia serba.

E allora è lì che arriva la “pace”, nonostante la partita, nonostante la rivalità quando le due tifoserie calano la coreografia dedicata appunto all’Oluja, Spalato e Zagabria fanno pace e si scambiano applausi: prima tocca alla Torcida, che fino ad allora aveva molto impressionato per il volume dei cori, i battimani coordinati e i tamburi davvero rumorosi. Striscione bianco con scritta in nero: “78 giovani vite, 1.000 feriti, 15 dispersi. Il cielo e la dura roccia bruciano. Dalla tempesta (Oluja) nasce la Patria”.

Il numero 78 fa riferimento probabilmente agli ultras morti durante l’operazione che per le truppe croate furono complessivamente più di 500. Tutto intorno uno sventolio di bandiere che con ogni probabilità richiamano i gruppi e le compagnie che hanno combattuto la battaglia.

Poi tocca ai Bad Blue Boys, che formano una compatta macchia nera, con qualche mimetica qua e là. Il loro stile è più sobrio e il ricorso ai tamburi molto più limitato. Quando alzano il volume si sentono forte, ma la Torcida li copre spesso. Viene prima steso un grande “Oluja 1995”, qualche minuto e la coreografia inizia a essere srotolata. Stoffa nera con scritta in bianco: “Perché il sangue croato è puro come la verità. Da qualche parte, dalle stelle, si sente la voce dei guerrieri caduti. Proteggono la patria e Noi”. E poi inizia un grande sventolio di bandiere della Croazia, che spiccano nella curva che fino ad allora era rimasta “pulita” e composta solo da uomini.

Nel frattempo in campo la “guerra calcistica” continua a scorrere, senza particolari spunti di interesse. La Dinamo Zagabria non ha vinto il campionato lo scorso anno ma la superiorità di fronte all’Hajduk è netta. La sensazione è che vinceranno, prima o poi, in un modo o nell’altro. Segna subito il gioiellino Ćorić, poi a metà del secondo tempo pareggia il difensore Nižić. E questa è un’occasione stupenda per godersi i festeggiamenti della Torcida che spediscono sulla pista una quindicina di pyros. La gara acquista sempre più un senso di ineluttabile fatalità in favore della Dinamo e prima Olmo e poi Soudani fissano il risultato sul 3-1.

Testo di Gianni Galleri.
Foto di Marcello Casarotti.