Il primo consiglio federale targato Tavecchio ha modificato gli articoli 11 e 12 del Codice di Giustizia Sportiva, quelli inerenti alla criticatissima norma della discriminazione territoriale. Di fatto, una marcia indietro della FIGC, che, con un taglio in un comma e un’aggiunta in un altro, modifica sostanzialmente la normativa.

Entrando nello specifico, il vecchio testo dell’articolo 11 recitava “Costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”. Nel testo appena approvato oggi, la parola territoriale viene depennata. Ciò equivale a dire che viene meno il principio di responsabilità diretta delle società per cori, striscioni o altre manifestazioni che inneggiavano alla contestata “discriminazione territoriale”; il risultato finale è che le sanzioni saranno più leggere, e, soprattutto, decisioni drastiche come la chiusura di uno o più settori, non verranno più attuate.

Il principio di discriminazione territoriale, tanto per dare un contentino all’opinione pubblica radical chic, è stato tuttavia reintrodotto nel successivo articolo 12, “Prevenzione di fatti violenti”, che contiene la seguente espressione al comma 3: “Le Società rispondono per la introduzione o utilizzazione negli impianti sportivi di materiale pirotecnico di qualsiasi genere, di strumenti ed oggetti comunque idonei a offendere, di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni oscene, oltraggiose, minacciose o incitanti alla violenza. Esse sono altresì responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione comunque oscena, oltraggiosa, minacciosa o incitante alla violenza”. Col testo introdotto oggi, è stato cancellato il secondo “comunque” e viene aggiunta, in coda, un’altra frase: “o che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di origine territoriale”.

La discriminazione territoriale, quindi, non rientra più nell’ambito prettamente punitivo, ma deve divenire oggetto di prevenzione, con mezzi idonei, da parte delle società affinché cori, scritte o altri fatti di discriminazione territoriale non vengano commessi dai tifosi. Facendo opera di prevenzione, le società non incorrono più nel principio di responsabilità diretta, incorrendo, eventualmente, in sanzioni molto più leggere rispetto alla norma precedente.

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Stefano Severi