Un giovane portiere di soli 18 anni che si appresta a firmare un contratto che si aggira intorno ai 5 milioni di euro, per una delle squadre più prestigiose del Mondo del calcio: il Milan. Sembra una transazione da videogioco manageriale sul calcio, invece è realta: il calciatore in questione è Donnarumma. Doveva essere il pilastro del Milan del futuro, l’enfant prodige però non firma: non gli basta questo contratto e firmare con la squadra del suo cuore. Non sarà lui la bandiera del nuovo Milan, quella bandiera che tutti avevano dato per scontato.

Ora potrei parlare del ruolo del procuratore, una figura che ormai nel mondo del Calcio sembra dettar legge: andando al di sopra di contratti stipulati tra calciatori e società, rompendo qualsiasi accordo per farne firmare, ai suoi assistiti, altri più vantaggiosi, più redditizi, con altre squadre: una catena di Sant’Antonio che si rinsalda di milioni in milioni di euro.

Potrei parlarvi delle promesse di Donnarumma, di quel bacio rivolto alla maglia rossonera allo Juventus Stadium, dopo la cocente sconfitta del Milan nel campionato appena concluso; sembrava un’iconica istantanea del suo legame eterno con la propria squadra del cuore, invece non è così.

Argomenti validi per confezionare un pezzo che metterebbe tutti d’accordo sul tradimento di Donnarumma, del suo essere il Giuda della situazione.

C’è una domanda che però non può non essere posta: voi al suo posto cosa avreste fatto se si fosse palesata un’offerta ancora più importante di quella proposta dalla società del Milan?

Immagino molte risposte random: “Ci sono cose che vanno oltre i soldi”; “ha baciato la maglia”; “ha rinnegato la squadra del suo cuore”.

Ragioniamo per mezzo di una idea desueta , di un posticcio romantico che reprime qualsiasi lucida e razionale analisi.

Donnarumma è parte integrante di un universo che vive logiche che vanno al di là di qualsiasi meravigliosa idealizzazione del Calcio: è merce all’interno di un sistema che risponde ad una logica di profitti.

Ed essendo lui un prodotto di questo business, si vende al miglior offerente, in barba a promesse e (fatui) amori eterni che sembravano indissolubili. Parafrasando una famosa frase di Humphrey Bogart : è il mercato, bellezza! E tu non puoi farci niente.

Donnarumma, in fondo, persegue il concetto di convenienza, lo stesso leitmotiv che ha poi coinvolto il tifoso: colpevole di aver rinnegato se stesso.

Il tifoso ha rinnegato se stesso quando ha ceduto alle comodità della televisione abbandonando il suo habitat naturale che è lo Stadio. O continuando a frequentarlo lasciandosi affogare da tutte le battaglie lasciate sospese, che lo hanno portato a vivere le gradinate accettando e convivendo con tutte le restrizioni, fatte passare pian piano negli anni. Dal Biglietto Nominale alla Tessera del tifoso. Dalle partite al Sabato fino alle partite ad orario di pranzo.

Il tifoso ha rinnegato la propria fede, quel motto “solo per la maglia” quando si è lasciato abbindolare rendendo idolo della piazza, l’ennesimo calciatore che prometteva in ogni intervista standardizzata di diventare la bandiera della squadra con cui stava per giocare, tessendo le lodi della tifoseria, fino a riproporre la stessa scena in un’altra città.

Si è voluto pensare di mantenere la categoria o avere un progetto ambizioso, anche se ciò comportasse la cancellazione o la modifica di qualsiasi identità (denominazione, colori sociali e simbolo) per l’interesse di sponsorizzare una Multinazionale o un’azienda entrata nel mondo del Calcio. Oppure per una scellerata gestione del Lodo Petrucci.

Può dunque il tifoso, dopo aver rinnegato per primo la sua idea di Calcio, credere che chi ci è dentro per fattori economici si possa legare a quei valori di un “Calcio che non c’è più”, stereotipo ormai abbondantemente inflazionato?

Il tifoso in fondo chiama Dio Zlatan lo stesso Ibrahimovic , colui che promette ad ogni faraonico contratto stipulato di aver firmato per la squadra per cui ha sempre fatto il tifo, dopo aver cambiato ancora una volta maglia.

Però nel Caso Donnarumma si ha la capacità di stupirsi, per una situazione che si è verificata ormai innumerevoli volte, quasi a rivendicare la verginità di un mondo segnato da codici non scritti, inviolabili.

Donnarumma ha sbagliato a non rispettare chi lo ha reso grande, i tifosi hanno sbagliato ad erigere un ragazzino come Donnarumma al ruolo di nuovo Baresi. Il calciatore definito bandiera, oltre che raro è ormai sempre più una figura che non può contestualizzarsi in questo presente.

Cantava Giovanni Lindo Ferretti “Non fare di me un idolo mi brucerò, se divento un megafono m’incepperò” così come cantava “Conosco le abitudini, so i prezzi e non voglio comperare né essere comprato”.

Eppure lo stesso Giovanni Lindo Ferretti posa per Gucci rinnegando il Giovanni Lindo Ferretti che conoscevamo.

Il tifoso ha rinnegato sé quando ha creduto che potessero esistere figure nel mondo del Calcio importanti come o quanto la propria squadra del cuore. Svendendo i propri valori non per 30 denari ma per ambizione.

Gian Luca Sapere.