La legge dei gradoni e la forte indole campanilistica italiana spesso ci mettono di fronte a partite che vanno ben oltre i novanta minuti di gioco. Il derby campano tra la Casertana e la Salernitana è tutto questo. Una rivalità sempre esistita, dapprima della nascita del fenomeno ultras, quando sulle strade italiane, ancor poco affollate di automobili, correvano le Alfa 1900 e in radio si ascoltavano le canzoni di Tagliavini e Oscar Carboni.

Sono gli anni 40′ e a Caserta arriva per la prima volta la Salernitana, una partita arrivata sulle cronache sportive per non essere giunta al novantesimo, tafferugli e disordini infatti impedirono la fine della gara che vedeva sul campo i granata vincere 3 a 0. Da li in poi questa partita divenne molto di più di un semplice evento sportivo, dopo quella gara altre seguirono nella stessa maniera. Sospensione ci fu anche nel 1945 e ancora una volta partita vinta a tavolino dagli ospiti salernitani.

Il bianco e nero è già da tempo scomparso dalle televisioni, allo stadio ci si arriva con le Fiat 127. E’ il 1982, ancora a Caserta e di nuovo disordini provocati dagli scontri tra le due tifoserie, la partita finisce 1-1 ma anche questa volta i granata vinsero a tavolino. Oggi tutto è cambiato, sono passati oltre vent’anni dall’ultimo incontro ma a Caserta la frenesia del derby si avverte come un tempo, e io, che al “Pinto” non sono mai stato, non perdo l’occasione di mettermi in viaggio da Campobasso già di mattina presto per raggiungere la città della Reggia il prima possibile. La gara è fissata per le 12:30 e parcheggio l’ auto nei pressi dello stadio oltre 2 ore prima della gara. Pensando di aver esagerato nell’anticipare i tempi del viaggio, passeggio senza fretta nei pressi del “Pinto” e questo flebile rimorso immediatamente scompare.

Mancano circa 2 ore al fischio di inizio e le strade sono già piene di tifosi casertani, bandiere rossoblu ovunque e non incontro una sola persona che non abbia già al collo la sciarpetta dei falchetti. Piacevolmente impressionato da tanta attesa mi appresto al ritiro della casacca e del pass, che mi permetteranno di assistere alla gara a bordo campo. Manca parecchio tempo, ma all’apertura dei cancelli i gradoni già si riempiono quasi del tutto. Che sia una partita particolarmente sentita lo si avverte immediatamente, basta l’arrivo del pullman dei giocatori granata per fomentare l’intero ambiente di casa che accoglie i salernitani con bordate di fischi assordanti. Fischi e sfottò che dureranno per tutto il riscaldamento dei giocatori avversari.

Quando si parla di piazze calde e di trasferte impossibili è questo che si intende, e malgrado i facili moralismi che avvolgono tali circostanze, penso che essere il dodicesimo uomo in campo significhi anche saper intimorire l’avversario rendendolo consapevole che in quello stadio non sarà mai il benvenuto e i tifosi casertani, questo timore, lo fanno avvertire eccome. Il settore occupato dai rossoblu è pieno in ogni ordine di posto, spicca lo striscione Fedayn Bronx affiancato da molte pezze goliardiche e significative, come quelle che ricordano a tutti che Caserta è una piazza antirazzista e al sottoscritto questo non può che fare enormemente piacere.

Il sole riscalda i volti dei presenti dal freddo secco e dal brutto vento che tira sulla città, ma a riscaldare il corpo e l’animo dei tifosi ci pensano gli ultras di casa che non perdono l’occasione di invitare tutta la curva a cantare cori contro i rivali che finalmente, a pochi minuti dall’inizio della gara, fanno il loro ingresso sugli spalti. Senza indugio, ogni tifoso salernitano che entra al “Pinto” si appresta a dedicare i classici gesti di scherno verso il settore rossoblu che risponde con boati di insulti e con gesti poco amichevoli. I tifosi ospiti in tutto risulteranno circa 300, con molte pezze al seguito e drappi inneggianti la salita in serie B.

Non c’è l’organizzazione di alcun gruppo, causa tessera del tifoso, e di certo lo scenario granata sarebbe stato ben diverso sia per il numero, sia per la qualità del tifo che avrebbero offerto alla propria squadra, ma tutto sommato i tifosi giunti da Salerno non sfigurano affatto, anzi, onoreranno la rivalità e sosterranno la propria squadra in maniera ordinata per larghi tratti della partita. All’entrata dei giocatori lo spettacolo è tutto di casa, gli ultras casertani danno il via ad una coreografia organizzata con lunghe strisce verticali rosse e blu che avvolgono tutto il settore, mentre al centro viene fatto calare un telone raffigurante la magnifica Reggia, accompagnato da uno striscione recante la scritta “La grande bellezza”. In fondo chi ama la squadra è innanzitutto innamorato della propria città e non c’è un occasione migliore di un derby per ricordarlo a tutti.

Inizia la partita e ai reciproci cori offensivi si alternano quelli classici di incitamento alla squadra. Nei primi minuti vedrò sventolare molti bandieroni rossoblu, dopo di che non li vedrò più apparire per quasi tutta la partita, mente avvertirò costantemente il suono dei tamburi ad accompagnare i cori incessanti e i battimani dei tifosi locali. La partita è tesa e molto maschia, sintomo di un nervosismo reciproco e dalla paura di perdere in entrambe le sponde, infatti il primo tempo si conclude su uno scialbo 0 a 0. All’intervallo mi posiziono tra le due tifoserie, separate dai pochi metri dati dal vuoto che separa i settori e da una zona franca occupata scrupolosamente da steward e polizia. Di fronte ai due settori ascolterò sfottò e cori che mi faranno sorridere spesso per originalità e goliardia, con i salernitani che sottolineano le assenze passate dei casertani al “Vestuti”, e i tifosi locali che dipingono i cugini granata come “figli di Lotito”. Ma i cori maggiormente sentiti sono quelli inneggianti alla diversità dei territori, infatti i salernitani non dimenticheranno di dedicare l’appellativo “napoletani” ai rossoblu e questi ultimi di disprezzare la zona di Salerno in quanto “puzzante” di pesce.

Divertito e onorato di aver assistito a questo sano botta e risposta, mi appresto di nuovo a raggiungere la mia postazione, dopo aver assistito anche ad una bella e colorata sciarpata rossoblu. Da annotare anche la presenza, tra i tifosi di casa, di decine di sciarpette bianco verdi dell’Avellino a testimonianza dell’amicizia che lega le due tifoserie campane. Il secondo tempo comincia in sordina tra gli spalti, ma i decibel si alzano immediatamente quando la Casertana sfiora il vantaggio. Che i salernitani si siano legati al dito le assenze passate dei casertani a Salerno è ormai risaputo da entrambi gli ambienti e infatti, dietro lo striscione striscione dei Fedayn Bronx, appare un usa e getta tenuto alto per molti minuti con su scritto “Ti vanti del Vestuti e della nostra entrata mancata…ma fuori nessuna traccia dell’ultras granata”. E cosi il secondo tempo corre via tra cori per la squadra e cori contro i rivali.

Le lancette scorrono inesorabili e lo 0 a 0 sembra ormai calcato sulla partita. Come scritto precedentemente, il novantesimo a Caserta non si è visto per ben tre precedenti, ma ad oltre vent’anni dall’ultima sospensione, il novantesimo questa volta arriva puntuale sulle lancette del cronometro. Gli ultimi minuti, gli ultimi secondi di un derby atteso da giorni e che lentamente si appresta alle battute finali. E quando le voci diventano flebili, quando il senso di insoddisfazione generale avvolge lo stadio, quando la speranza viene affidata all’ultima palla giocabile, ecco che la penna della storia raccoglie l’inchiostro dal calamaio e scrive il finale più bello a favore della Casertana. Un calcio di rigore oltre il novantesimo e un boato di liberazione che esplode per tutto lo stadio, ma i rigori vanno calciati, e prima del tiro in porta il silenzio che avvolge il campo di gioco è surreale, sarebbe una sconfitta sbagliarlo e un’impresa realizzarlo.

Ai piedi di Mancosu tutta Caserta affida la tanto attesa vittoria. La rincorsa sembra durare una vita, il tiro è deciso, forte e si insacca sotto al sette alla destra del portiere granata, il boato è pazzesco, l’arbitro non fa nemmeno raccogliere il pallone della rete e fischia la fine. Tutta la Casertana corre verso i propri tifosi festanti, sapendo di aver regalato a questa piazza non i soliti tre punti, ma molto di più. Mentre i rossoblu fanno festa, i giocatori della Salernitana salutano i propri tifosi, che rispondono positivamente, ma con un peso forte allo stomaco, pur consapevoli che fino all’uscita dal “Pinto” saranno oggetto di scherno dei tifosi casertani.

Il calcio è questo, e quando la regola più beffarda ti condanna in un derby, le mani diventano molto pesanti per regalare applausi, ma i tifosi granata hanno la schiena dritta ed escono dall’impianto amareggiati ma sempre innamorati. Fermo a centrocampo assisto ai festeggiamenti dei tifosi locali, fino ad accorgermi che siamo rimasti sul campo solo io e il magazziniere intento a recuperare i palloni, capisco allora che è il caso di uscire dallo stadio. In strada si festeggia, si sorride si parla di questo rigore come la cosa più bella che possa capitare in un derby, ed in effetti come dargli torto.

Non si annotano scontri ne disordini al di fuori dell’impianto e tutto torna via via alla normalità, io raggiungo la macchina e mi preparo per il ritorno a Campobasso, portando con me la soddisfazione di aver assistito ad un bellissimo derby, onorato nel migliore dei modi da entrambe le tifoserie,e perchè no anche la fortuna, data a pochi, di aver finalmente assistito ad un Casertana-Salernitana giocata fino al novantesimo minuto.

Andrea Vertolo

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