Partita della vita e dai molteplici significati, quella che vede affrontarsi Genoa e Torino alla penultima di campionato.

Il Genoa deve assolutamente vincere per garantirsi la certezza aritmetica di rimanere in serie A, a prescindere dai risultati che porteranno a casa, nella stessa giornata, il Crotone e l’Empoli, impegnate rispettivamente contro Juventus e Atalanta.

Il mister rossoblu Juric, all’indomani della indecorosa sconfitta contro il già retrocesso Palermo, ha parlato molto chiaramente: il Genoa dovrà giocare solo per sé stesso e per i suoi sostenitori, puntando a vincere la partita e fregandosene dei risultati degli altri campi.

Il momento, in casa rossoblu, è davvero drammatico, soprattutto dopo la già citata umiliazione subita a La Favorita, un’autentica doccia fredda per tutta la tifoseria del Vecchio Balordo.

Tifoseria che, come sempre, già dopo poche ore dalla sconfitta di Palermo ha deciso di stringersi ancora una volta e fino alla fine attorno alla propria squadra.

Attraverso le parole di alcuni leader storici della Gradinata Nord, è partito l’appello rivolto a tutto il popolo rossoblu.

Quella di Domenica 21 Maggio contro il Toro, sarà la partita della vita e a scendere in campo, oltre agli undici calciatori che indossano la maglia rossoblu, dovrà essere tutto il popolo genoano, ognuno con indosso la propria maglia del Genoa.

Perciò, come già era avvenuto in occasione della partita vinta a Marassi contro l’Inter, l’appello rivolto alla tifoseria del Grifone è di recarsi tutti insieme “al campo” a sostenere la squadra, in qualunque settore dello stadio, per tutti i novanta minuti, indossando con orgoglio la storica maglia rossoblu.

E questo appello è stato prontamente raccolto tanto che, fin dal mio arrivo a Genova a metà mattinata, la prima cosa che salta all’occhio, girando per la zona del porto antico, è la moltitudine di maglie rossoblu di ogni età che passeggiano sotto il sole, fianco a fianco con i tanti turisti presenti in città, che li guardano incuriositi ed allo stesso tempo divertiti.

Con l’avvicinarsi dell’ora della partita, la marea rossoblu aumenta e comincia ad incanalarsi in direzione Marassi.

Così, per le strade del centro, nelle stazioni dei treni e della metropolitana è tutto un trionfo di rosso e di blu che raggiunge il suo apice lungo la direttrice che dalla stazione di Brignole conduce allo stadio Ferraris.

Lì, la marea rossoblu monta inesorabile lungo le due sponde del Bisagno e nelle vie parallele, fino ad infrangersi contro le mura dello stadio, o meglio del “Tempio”, come lo chiamano da sempre i genoani.

Sono quasi in 30.000 oggi, sugli spalti del Ferraris, sicuramente tanti se si considera che in palio non c’è nessuna coppa o qualificazione europea e men che meno la supremazia cittadina, ma soltanto l’ennesima partita della speranza, per poter rimanere aggrappati al calcio che conta.

Davvero tanti, quei quasi 30.000 cuori rossoblu , soprattutto se si tiene conto del fatto che qui in Liguria è ormai primavera inoltrata e che giornate di sole come questa, al tifoso medio sano di mente, dovrebbero invogliarlo ad andare al mare piuttosto che a patire sotto il sole l’ennesima sofferenza a causa della propria squadra del cuore.

Va detto inoltre, per dovere di cronaca, che anche la società Genoa CFC va nella stessa direzione della tifoseria e, per l’occasione, decide di ribassare i prezzi di ingresso di tutti i settori. Tutti, tranne il settore ospiti (!).

A proposito di ospiti, la settimana che precede l’incontro è stata carica di tensioni a causa delle dichiarazioni inopportune di diversi addetti ai lavori che, anziché stemperare gli animi, in virtù dell’antica amicizia tra le due tifoserie, hanno preferito gettare benzina sul fuoco accennando a possibili vendette in virtù di quell’episodio del 2009 in cui il Genoa, ancora in corsa per un posto in Champions League, sconfisse il Toro, condannandolo alla retrocessione in serie B.

A questi personaggi, come sempre succede in questi casi, hanno finito per fare eco i tanti semplici tifosi che, attraverso i social network, non perdono l’occasione per sfogare le proprie frustrazioni ed il rancore represso, spargendo veleno e seminando zizzania.

Per quanto si tratti di innocui “deliri da social”, la cui unica controindicazione è quella di scatenare una guerra virtuale tra pochi, circoscritti, “fenomeni da tastiera”, il risalto che ne dà certa stampa è ancora una volta eccessivo ed inopportuno.

Ci pensano quindi gli ultras del Toro, a fugare ogni possibile dubbio e perplessità sulla solidità del rapporto tra le due tifoserie, anche in occasione di una partita così delicata. E così, prima del fischio d’inizio, dal settore ospiti emerge un piccolo striscione, esposto in maniera da essere chiaramente visibile da tutta la Gradinata Nord, con la scritta “CHI CONTA, STA COI GENOANI”.

Oltre a questo, è giusto menzionare il fatto che le due tifoserie, prima e dopo la partita, si sono incontrate fuori dallo stadio per il consueto scambio di saluti.

Una volta dentro lo stadio, poi, il clima disteso ed il reciproco pensiero “rumorosamente” rivolto ai rispettivi rivali, hanno definitivamente ribadito come gli anonimi deliri di singoli individui dietro una tastiera non possono intaccare un’amicizia che va avanti da oltre quarant’anni.

Il tifo degli ospiti è di buon livello e rimane costante lungo tutto l’arco del match, con qualche coro secco che si fa sentire nella bolgia del Ferraris.

Certo è che per i granata oggi è davvero difficile riuscire ad essere incisivi nel tifo, vuoi per la posizione infelice del settore ospiti (un incrocio tra una gabbia ed una piccionaia) ma, soprattutto, a causa del clima infernale prodotto dalle due gradinate locali.

I granata si fanno comunque notare con numerosi battimani e con una bella sciarpata.

Dalla parte opposta dello stadio, anche quest’oggi la Gradinata Nord accoglie l’ingresso dei propri giocatori con uno striscione che cita testualmente una delle frasi storiche pronunciate da quel grande allenatore e grande genoano che fu Franco Scoglio, “il Professore”: NOI SIAMO IL GENOA E CHI NON NE È CONVINTO POSI LA BORSA E SI TOLGA LE SCARPE.

Lasciate momentaneamente da parte le velleità di contestazione alla squadra e nei confronti dell’attuale proprietà del Genoa CFC, gli sforzi della Nord, come preannunciato in settimana, sono rivolti esclusivamente a sostenere i propri colori e spronare la squadra alla vittoria.

Se oggi mi chiedessero qual è il verso del Grifone, mitologico animale in parte leone e in parte aquila, simbolo del Genoa CFC oltre che della città di Genova, di sicuro risponderei: il ruggito. Sì, perché è questo il verso che sento provenire dalla gradinata Nord per tutti i novanta minuti di gioco, il ruggito di orgoglio, d’amore e di rabbia di tutto un popolo, pazzo d’amore per la propria squadra del cuore, troppe volte tradito e ferito ma mai sconfitto.

La sensazione che provo vedendo una Gradinata Nord come quella di oggi, così come già mi era accaduto in passato nell’arco degli ultimi trent’anni, è che può perdere il Genoa ma i Genoani, no. Ed allora, di fronte a quel muro umano che è oggi la Gradinata Nord, dove novemila e passa cuori-grifoni in maglia rossoblu scendono idealmente in campo al fianco dei propri giocatori, l’unica cosa che mi sento di dire è che la partita contro il Toro non l’ha vinta la squadra allenata da Juric ma bensì loro, i ragazzi della Nord, assieme ai grifoni della Sud che, coordinati dai Figgi do Zena, hanno raccolto l’appello e tifato a loro volta a gran voce, facendo eco ai cori che provenivano dal tempio del tifo rossoblu.

Davanti a tutto questo, le mie parole diventano inutili e superflue, perciò preferisco lasciar parlare le immagini che, da sole, non hanno bisogno di altre spiegazioni.

Testo di Giangiuseppe Gassi.
Foto di Giangiuseppe Gassi e Antonio Scaringi.

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