Al giorno d’oggi abbiamo tutto sottomano. Dalle notizie in tempo reale al meteo, dagli orari dei treni al saldo del conto corrente. La tecnologia ha rivoluzionato il nostro modo di vivere e di comunicare e in particolare anche il modo di fotografare: ora come ora, con un nonnulla si possono scattare foto e condividerle con il mondo intero, con tempi e costi praticamente irrisori. Sembrano passati anni luce da quando inserivamo il rullino nella macchinetta, per immortalare, in trentasei scatti, le vacanze estive al mare oppure la gita con gli amici, con la speranza che quando saremmo andati dal fotografo, le foto sarebbero venute il più possibile nitide.

Ti può capitare anche di ritrovarti tra le mani un vecchio scatolone, impolverato, che ti fa fare un tuffo nel passato di circa vent’anni. Al suo interno le foto che avevi ricevuto, per corrispondenza, quando eri poco più che adolescente. Le foto, stampate su carta liscia e opaca, raffigurano tante tifoserie, dalla serie A all’Interregionale (come si chiamava all’epoca), in casa e in trasferta, tra cui alcune foto ormai scolorite dal tempo, ma che sono ancora in grado di riportarti alla mente  i tempi in cui le immagini viaggiavano nelle buste gialle affrancate in Lire e la speranza di trovare, al rientro a casa, la tanto attesa lettera del tuo corrispondente.

Le foto delle tifoserie, comunemente chiamate fototifo si cominciarono a diffondere più ampiamente negli ultimi anni ottanta. Solitamente erano scattate dal campo dal fotografo ufficiale, ma non mancavano anche quelle scattate direttamente dagli altri settori dello stadio. Laddove non c’era il fotografo ufficiale in campo, soprattutto nelle serie minori, era uso che gli scatti venissero eseguiti proprio da alcuni membri dei gruppi organizzati, che qualche attimo prima del fischio d’inizio, entravano repentinamente sul rettangolo verde e in pochi istanti cercavano di realizzare quante più foto possibili, magari anche delle tifoserie ospiti, per poi scavalcare e tornare in curva a cantare con i propri amici. Il problema si manifestava per le partite in trasferta: era veramente difficile trovare le immagini delle tifoserie quando giocavano fuori casa perché il fotografo ufficiale non aveva interessi per l’opposta fazione e gli addetti ai cancelli, che separavano il settore dal rettangolo verde, difficilmente facevano oltrepassare il varco. Così le uniche foto erano quelle scattate dall’interno oppure, se si era fortunati, si riusciva a passare la macchinetta al ragazzino a bordo campo che faceva quel che poteva. Lo scambio delle foto avveniva per corrispondenza oppure personalmente con gli amici vicini che avevano la stessa tua passione.

Negli anni novanta la diffusione delle fototifo aumenta, parallelamente alla crescita del movimento ultras, e la domenica i fotografi professionisti vengono affiancati da fotografi amatori che scattano solamente gli spalti, malgrado non fosse semplicissimo avere il pass per stazionare a bordo campo.

Le trasmissioni televisive come La Domenica Sportiva e Pressing continuano sempre di più a dedicare qualche ripresa alle due tifoserie, durante i servizi delle partite. Uno strumento indispensabile per rimanere aggiornato sulle vicende delle curve era la rivista Supertifo, che proponeva parecchie pagine dedicate alle istantanee delle tifoserie, ma fu proprio grazie a questa rivista che la corrispondenza tra tifosi andò pian piano incrementando il proprio giro, con la rubrica Mercatifo all’interno della quale venivano pubblicati gli annunci di chi voleva scambiare il proprio materiale.

Sempre in questo decennio incomincia la diffusione del materiale autoprodotto: adesivi, sciarpe, spille, toppe, etc. ma dai corrispondenti le più richieste erano quasi sempre ed esclusivamente le foto. Il materiale fotografico cominciò a venire affiancato dal materiale audiovisivo (videocassette) o musicassette, ancora una volta realizzato in maniera amatoriale da chi in curva portava con sé un registratore oppure la videocamera. Nelle partite più importanti, per avere la certezza di ottenere almeno uno scatto decente, si scattava lo stesso soggetto più volte e i negativi in eccesso venivano inviati ai corrispondenti.

Gli anni duemila sono segnati da un profondo cambiamento: si passa al digitale e in maniera graduale i fotografi iniziano ad accantonare la strumentazione analogica. Con l’avvento del digitale vengono ottimizzati tempi e costi e sembra essere finito finalmente l’incubo di perdere uno scatto fatto leggermente controluce oppure di non aver agganciato il rullino, e le immagini dei gruppi in trasferta non sono più un problema. Gli scatti iniziano ad essere pubblicati su primi siti web dedicati e le riviste online. Mentre lo scambio del materiale cartaceo va ma mano scomparendo poiché le foto rimanevano immagazzinate nel computer e non più stampate. I più bravi ad utilizzare internet iniziavano a scambiare le foto per email facendo nascere le così dette amicizie virtuali. La società Kodak, produttrice di pellicole e carta fotografica, che aveva contraddistinto ed accompagnato quegli anni, finisce sull’orlo del fallimento. Il mondo digitale prende definitivamente il sopravvento: a partire dal 2005 vengono pubblicati su You Tube i primi slideshow con le foto della propria tifoseria, affiancati ai video veri e propri, girati con le fotocamere digitali e telefonini. Nascono anche i primi forum su cui, oltre a pubblicare le classiche foto, ci si può mettere in contatto con gli altri tifosi, del proprio campionato. Sul finire degli anni duemila, il digitale fa talmente tanti passi da gigante che lo storico Supertifo, con quasi vent’anni di attività, dopo che gli ultimi numeri erano stati ridotti all’osso, chiude definitivamente i battenti, anche a causa degli elevati costi della gestione editoriale su cartaceo.

Ma la rivoluzione più grande nel modo telematico di comunicare, arriva a cavallo degli anni duemila e gli anni duemiladieci con l’introduzione dei social network, in particolare Facebook, che permettono in maniera semplice la condivisione di foto, aggiungendo anche commenti sotto le stesse, scambiando vedute (non sempre serene in verità) con i propri amici virtuali. Vengono create tante pagine e gruppi dedicati alle foto del tifo, dove sono caricati anche video, che fino a una quindicina di anni fa eravamo costretti a riprodurre con il videoregistratore. Con l’arrivo dei social sono anche tanti i fotografi degli anni ottanta e novanta che, dopo aver scannerizzato il materiale dell’epoca che fin ora era rimasto ben conservato, lo condividono con il mondo. Mentre la corrispondenza vera e propria, fatta di buste, timbri e francobolli, sparisce quasi completamente, addirittura i più giovani ne ignorano l’esistenza. Le foto, sempre di più alta definizione, vengono scambiate per email e gli adesivi, soprattutto quelli datati, sono sempre più ricercati e venduti a prezzi esorbitanti, assieme alle sciarpe dei gruppi. A fine duemilaquattordici, per una sorta di salto indietro nel tempo, ritorna Supertifo che non è più ovviamente quello di una volta: per la velocità del web, le notizie e il materiale pubblicato risultano già vecchie per i canali di comunicazione tradizionale come il cartaceo, che risentono inevitabilmente di tempi di produzione e stampa troppo lungo. Tutto questo mentre le foto vengono mandate perfino in diretta, mentre si svolgono le partite.

Facendo un confronto tra il presente e il passato, la differenza sostanziale riguarda la presenza della fotografia digitale che ha notevolmente migliorato e semplificato sia la produzione che la condivisione del materiale. Però quando si scattava in analogico, prima di fare una foto, si ragionava molto se fosse effettivamente necessaria farla oppure no, mentre adesso può capitare di avere davanti centinaia di scatti di una stessa gara, quasi tutti uguali e ripetitivi. Alla quantità e alla velocità è stata forse sacrificata un po’ di qualità, ai momenti di socialità vera, in cui si discuteva di partite e tifo, s’è sostituita quella da network digitale in cui, la spersonalizzazione del mezzo telematico spesso porta ad una degenerazione del tema. Non vuole essere un’analisi anti-modernista, anzi i mezzi tecnologici possono essere uno strumento molto importante di auto-affermazione o di semplice comunicazione di tutti quei valori positivi intrinseci al mondo del tifo. Sono stati tempi stupendi, ma che con ogni probabilità non torneranno più. Si può continuare a girare a cavallo per paura delle velocissime macchine moderne, ma qualcuna potrebbe ugualmente venirci a sbattere contro, per cui sarebbe più saggio e utile imparare ad usarle e diffondere dal basso un uso consapevole e proficuo.

Federico Longo.