Ci si avvicina a grandi falcate ai giorni più freddi dell’anno e non è solo una metafora metereologica. Quando il freddo sferza i gradoni e in campo non va più in scena il sentitissimo derby, ma un più semplice Cosenza-Matera,  allora solo i più impavidi o innamorati continuano a rispondere ai richiami del cuore.

Le presenze sono più che dimezzate rispetto all’ultima uscita prima della sosta, contro l’odiato Catanzaro: 4.820 spettatori contro i 2.085 odierni. Se non fosse poi che il Matera è li a guardare tutti dall’alto in basso, spavaldamente in lotta per conquistare la Serie B, forse la ricaduta numerica sarebbe stata ancora maggiore.

Ma a parte tutto, parliamo anche di due periodi dell’anno molto particolari e diversi, quindi pur al netto di qualche vuoto in più, gli ultras rispondono presente, in ambo i settori, e tanto è quanto ci basta. Il corollario è il solito, fra bandiere, due aste, sciarpe oltre a tanta voce, accompagnata dall’immancabile ritmo dei battimano.

Discreta è anche la presenza di tifosi ospiti, che oltre al buon numero cercano, con tanta buona volontà, di sostenere la compagine lucana evidenziandosi in particolar modo per una sciarpata, tra l’altro riuscita abbastanza bene. Ma le insegne a contraddistinguere il loro tifo parlano chiaro, si tratta esclusivamente di “Matera Club”: lampante è l’assenza di gente riconducibile ai gruppi ultras biancazzurri, che probabilmente avrebbero potuto dare alla loro prestazione quel valore aggiunto che i gruppi organizzati sempre garantiscono. La scelta che gli ultras hanno abbracciato tempo addietro, quella cioè di rifiutare la sottoscrizione della tessera del tifoso, la si può considerare a tutti gli effetti una giusta causa.

In campo, molto più caldo e quasi pirotecnico è l’esito della contesa, con il Matera che vince in rimonta per 3-2, segnando proprio allo scadere il goal decisivo che le consente di restare lassù al primo posto della graduatoria, a sognare ancora quella Serie B già vista passare in quella magica stagione targata 1979-80.

Testo di Matteo Falcone.
Foto di Gianluca Romita.