Cominciamo dalle cose meno belle. Dal fatto che una partita di Serie B si debba giocare di martedì sera per soddisfare i bisogni delle televisioni, ormai vere padrone del calcio, e per smaltire in tempi accettabili le troppe partite che il calendario della cadetteria prevede ormai da qualche anno. Un campionato arrivato addirittura a comprendere ventidue squadre, con tutto ciò che questo comporta: dall’estenuante lunghezza del torneo, a squadre che già in marzo inoltrato possono considerarsi promosse o retrocesse.

C’è però da dire che questa categoria, a differenza dei fratelli maggiori della Serie A, negli ultimi anni ha saputo minimamente riprendersi, anche grazie a una gestione oculata della Lega e delle società partecipanti, le quali quasi sempre hanno capito che mettere i tifosi al centro del proprio progetto significa colmare in parte il gap d’immagine e, diciamocela tutta, spesso anche tecnico che ormai affligge il calcio italiano da quasi due decadi.

Ascoli-Bari è forse l’esempio massimo del lato positivo della Serie B. Certo, è innegabile che parliamo di due vere e proprie roccaforti calcistiche, con storia e tradizioni ben radicate nel territorio, e un pubblico che va ben oltre la sfera ultras. Anzi, sarebbe il caso di dire che le due cose sono complementari. Piceni e pugliesi, come spesso accade in realtà che non calcano palcoscenici di primo livello, hanno saputo creare un ottimo collante tra curva, semplici tifosi e squadra. Tre componenti che, quando marciano di pari passo, producono un risultato sublime e adeguato a uno sport popolare come quello del calcio.

Così anche oggi il Del Duca fa registrare un’ottima cornice di pubblico, con la curva praticamente piena in ogni ordine di posto. Nel settore ospiti alloggiano un migliaio di baresi, una presenza più che notevole considerando il turno infrasettimanale. I biancorossi volano in campionato, e questo sicuramente ha fatto sì che in tanti si unissero alla carovana in marcia lungo l’A14, speranzosa di tornare in massima categoria. Velleità opposte per i piceni, reduci da un paio di buoni risultati e impegnati nella bagarre per non retrocedere. L’ambiente è carico e lo si avverte già nei dintorni dello stadio, dove con il passare del tempo i tifosi si raddoppiano avviandosi verso le entrate.

Quando mancano pochi minuti, assieme ai miei due buoni compagni di viaggio, facciamo il nostro ingresso sulle gradinate. In maniera alquanto trafelata, visto l’incombere del fischio d’inizio. Gli ultras marchigiani si mettono in mostra con una bella sciarpata e qualche torcia accesa nella parte centrale del settore, mentre i pugliesi si fanno sentire con un paio di manate stilisticamente perfette.

Nel prosieguo del match, tuttavia, saranno i baresi a farla da padrone a livello vocale. La prestazione odierna degli ascolani, infatti, è alquanto sottotono. Non udendo il rullio del tamburo, immagino che abbiano avuto problemi alle entrate con chi, sequestrando questi strumenti di tifo, pensa davvero di rendersi utile alla società. Un giorno ci dovranno spiegare la pericolosità di megafoni, tamburi e torce. Finora non ho mai visto nessuno morire per loro causa.

Dicevamo degli ospiti. Dietro lo striscione dei Seguaci, i biancorossi si cimentano in una prestazione davvero ottima. Tanto colore, qualche torcia, una bella sciarpata nella ripresa e tanta voce dal primo all’ultimo minuto. Si confermano una tifoseria di sostanza, meritevole del salto di categoria. Anche se, francamente, a livello di vivibilità dello stadio e della curva, non so se questo è il periodo giusto per augurare promozioni in Serie A. Certo, considerato che nella stessa albergano club con una storia artefatta, presidenti che utilizzano il calcio come il proprio giocattolo e invadono malamente stadi altrui, è innegabile che il Bari, come altri club storici, sarebbe un toccasana per la massima categoria.

In campo è un autogol di Cinaglia a decidere il match in favore degli ospiti. Un successo che li proietta sempre più al terzo posto e, di contro, non lascia tranquillo il Picchio. Nel finale le due squadre vanno a raccogliere l’applauso delle rispettive tifoserie, mentre noi, dopo le ultime foto, lasciamo il Del Duca per fare ritorno a casa. Con la solita Via Salaria percorsa tutt’altro che piacevolmente in piena notte, ma sempre con la consapevolezza di dover viaggiare, vedere e conoscere per poter raccontare.

Testo di Simone Meloni.
Foto di Marco Gasparri.