Un’altra stagione si avvia verso il termine. O meglio dire, per molti è già conclusa e stanno preparando la prossima, mentre per noi seguaci degli eventi interminabili e prolungati non c’è ancora pace, e si va avanti a forza di scatti e cori ultras.

La finale dei play-off di Serie D mette di fronte l’Akragas, tornato a disputare campionati di livello accettabile dopo anni di oblio e delusioni, e la sorprendente (manco più di tanto visto l’ottimo campionato disputato e la rosa di livello) Correggese. Nessuno me ne voglia, ma ciò che mi spinge a raggiungere Fondi sono ovviamente i tifosi del Gigante, che quest’oggi sono attesi in oltre 1000 unità nella città del Lazio meridionale.

Se già negli ultimi tempi andare per partite la domenica, mentre il sole imperversava oltre i finestrini di macchine, treni e bus, mi faceva riflettere sull’essere affetto da qualche strana patologia forse ascrivibile alla monotonia ed alla noiosità di questa società, oggi ne ho la totale conferma. Quando metto i piedi fuori da casa infatti, il termometro segna quasi 30 gradi, nonostante siano le nove di mattina, ed in molti stanno prendendo le proprie macchine armati di ombrelloni, costumi e crema abbronzante. Mi pare pur giusto, del resto i problemi li ho io, non certo loro.

Raggiungo la stazione Termini con la solita metro, che matura il solito ritardo e mi offre il solito marasma della domenica mattina. Salgo con relativa calma le scale che mi portano alla banchina dei treni. Il mio Regionale Veloce (seh, vabbé) è già pronto al binario e, manco a dirlo, è a dir poco stracolmo di turisti e romani che approfittando della giornata estiva vogliono raggiungere le belle coste di Sperlonga. Il risultato è che sembra di essere sulla Linea 64 di Roma (per chi non lo sapesse, una delle più frequentate e caotiche, che collega Termini a San Pietro), tutti pressati l’uno sull’altro con le gocce di sudore che scendono impietose, come impietoso avvampa il poco gradito odore di qualche sapientone che ha pensato bene di rinunciare alla doccia mattutina per sfruttare le doti salutari dell’acqua di mare. Stendiamo un velo pietoso.

Quantomeno posso dire che il convoglio parte in orario, non sforando sulla tabella di marcia. Certo, come se non bastasse, durante le fermate intermedie altri passeggeri pretendono di salire sui vagoni, creando un vero e proprio effetto sottiletta Kraft scaduta dal 2002, quando Thomas Locatelli ancora incantava i tifosi italiani con le sue punizioni mancine.

L’arrivo a Fondi è una vera e propria liberazione, che mi restituisce ossigeno e voglia di vivere. La piccola stazione brulica di gente che si accalca nei pressi dei derelitti bus che conducono verso le spiagge, carri bestiame in piena regola che fanno, come spesso accade nel nostro paese, da biglietto da visita a tedeschi, inglesi ed americani esterrefatti alla sola vista.

La mia meta invece è diametralmente opposta alla loro. Prendo la direzione dello stadio Purificato intravedendo già qualche tifoso siciliano. Per l’occasione si sono davvero mossi in tanti al seguito dei biancazzurri, pullman e macchinate non solo dall’isola ma anche dal Nord, dove risiedono moltissimi agrigentini emigrati ormai decine di anni fa e che non vogliono perdersi quella che potrebbe essere una giornata storica per il calcio della loro città. Va infatti ricordato che l’ultima stagione disputata dall’Akragas tra i professionisti risale esattamente a venti anni fa, era il 1993-1994 quando la società, allora in Serie C2, venne radiata dalla FIGC per inadempienze finanziarie. Da quel momento nella Città dei Templi, di gioie legate al pallone ne hanno viste davvero poche; molte sono state invece le delusioni, in un costante contesto di anonimato che aveva portato alla conseguente disaffezione di molti tifosi.

Nonostante in queste occasioni in molti si approprino di vittorie non loro, essendo pronti a salire sul carro dei vincitori per poi scenderci alla prima difficoltà, è comunque un’emozione vedere tutti questi tifosi, molti dei quali davvero datati, con addosso sciarpe biancazzurre e tanta voglia di entrare allo stadio. Neanche la prevendita obbligatoria e le tante difficoltà di questo calcio di oggi li hanno fermati. Ed è soltanto una nota di merito.

Ero poi curioso di vedere all’opera lo zoccolo duro degli ultras di Agrigento, una realtà che per vari motivi e parecchia sfortuna, quest’anno non avevo potuto osservare da vicino, notandone però la netta crescita attraverso foto e filmati. Le prime torce vengono accese già a ridosso dei cancelli e con loro si levano al cielo cori e bandiere a sottolineare il grande entusiasmo e la tanta attesa che vibra tra il popolo agrigentino.

Quando mancano venti minuti al fischio d’inizio mi avvio verso l’ingresso per i fotografi, ritirando pettorina, pass e facendo il mio ingresso sul terreno di gioco. Prima di qualsiasi considerazione c’è da segnalare l’esimia presenza del Dottor Andrea, partitellaro per antonomasia e new entry degli incontri per i campetti assolati della penisola. Sempre un piacere commentare e seguire la gara degli spalti assieme a qualcuno che si nutre della tua stessa passione e delle tue stesse fissazioni mentali. Basti pensare alle fisime che ci si fa sull’obiettivo da mettere per l’entrata in campo delle squadre: “Ma se metto il 300 ce la faccio a prendere la coreografia?”, uno dei più grandi dilemmi dei mangiatori di partite. Quale fanaticamente mi definisco.

Dire che fa caldo è un eufemismo, e certamente essere tra le montagne ed il mare non aiuta l’umidità  a mollare la propria morsa. La tribuna coperta, quella occupata dai supporters dell’Akragas, va man mano riempiendosi ed alla fine se non sono 1.000, come annunciato dai giornali, poco ci manca.

Gli ultras si posizionano sulla mia destra, cominciando ad animare il settore con battimani e cori a rispondere. Nell’altra tribuna, quella scoperta, fanno capolino poco meno di un centinaio di tifosi emiliani con un paio di striscioni di sostegno: di insegne ed atteggiamenti ultras tuttavia neanche l’ombra. Il Forza Correggese piazzato al centro la dice lunga sulla bonaria presenza dei tifosi provenienti dal paese in provincia di Reggio Emilia.

Ecco finalmente le due squadre entrare sul prato verde dell’impianto fondano, il colpo d’occhio del settore agrigentino è davvero di grande effetto. Tante bandierine con i colori sociali sventolano accompagnate da torce e fumogeni accesi qua e là e dai bandieroni sventolati magistralmente. Debbo dire la verità, essendo divisi in tre spicchietti pensavo avrebbero fatto fatica a trovare compattezza nel tifo, soprattutto in fase di coordinamento. Invece quest’oggi l’entusiasmo funge davvero da collante tra gli ultras ed il pubblico meno dedito al sostegno corale. Il blocco centrale canta con regolarità, portandosi dietro anche i restanti spettatori siciliani: uno spettacolo di manate, cori a rispondere e canti prolungati che merita senz’altro di essere sottolineato.

Mentre sugli spalti, almeno da una parte, le cose vanno a gonfie vele, lo stesso non si può dire per la partita. Le due squadre sono tese ed appesantite dal forte caldo, che a mio avviso condizionerà tutto l’incontro. Nel primo tempo di tiri in porta se ne vedono davvero con il contagocce ed alla fine è la Correggese a trovare il vantaggio al 68’ con Bollini. Una rete che potrebbe risultare decisiva, perché realizzata sul finire del match.

Ma l’Akragas ha veramente orgoglio da vendere ed all’87’ riesce a trovare il pareggio con Astarita, una rete la sua che manda in visibilio i tifosi siciliani, i quali si uniscono ai propri giocatori in una smodata esultanza vecchio stile con tanto di arrampicamenti sulle recinzioni ed abbracci al marcatore. Oggi siamo soliti assistere a scene di steward che, senza motivo alcuno, allontanano il giocatore esultante dai propri tifosi (peraltro qualcuno mi potrebbe spiegare il perché? Dove sta il pericolo?), quindi vedere tanta gioia senza limitazioni è ormai un privilegio per pochi.

Si va allora ai tempi supplementari, con i tifosi agrigentini sfiniti ma che non mollano, continuando a tifare su ritmi più che buoni. Neanche i 30’ di extratime sono utili a decretare un vincitore, sarà la lotteria dei calci di rigore a farlo. Ed il dischetto, come sempre, è spietato. Dopo ben 16 tiri complessivi è l’Akragas a doversi arrendere, lasciando spazio ai festeggiamenti degli avversari. Delusione incredibile per gli isolani con giocatori e pubblico in lacrime per un sogno che svanisce, ma che tuttavia non è irrealizzabile. Sulla propria strada non avranno sempre il Savoia dei record e forse a volte conviene fare esperienza e solidificarsi qualche anno in D per poi fare il grande salto.

Assisto alle ultime scene prodotte da questo sport che è capace di mettere a confronto i due aspetti opposti del carattere umano, la felicità e lo sconforto. Poi anche per me arriva il momento di uscire dal campo. Ho un appuntamento romantico con il Regionale Veloce che deve riportarmi a casa. Senza star qua a narrarvi un ritorno ancora fatto di pressione corporea e spintoni, vi dico solo che l’arrivo a Termini mi restituisce almeno dieci anni di vita. L’estate sta iniziando e le partitelle se van…

Simone Meloni.