Quella che si gioca quest’oggi è la prima impersonale gara che, ragioni di sponsor vorrebbero, si giochi all’Orogel Stadium. Per chi del calcio commerciale non se ne vuol fare contrariamente ragione, per chi l’epica del “clamoroso al Cibali” o dei “Leoni di Highbury” crede che non possa mai essere svenduta per ragioni di denaro, qualunque cifra ci sia in ballo, sappia che ci troviamo semplicemente e storicamente al “Dino Manuzzi” di Cesena. Nemmeno l’evento è stato scelto a caso: tra le mura dell’impianto romagnolo, infatti, scende il blasonato Milan guidato da Pippo Inzaghi, attualmente splendente più della luce riflessa del passato che propria. In ogni caso tanto basta per attirare il cosiddetto pubblico delle grandi occasioni ed anche il clima, in questo caldo fine settembre che sembra ancora per un po’ più estate che non autunno, dà l’ulteriore spinta in tal senso.

La cornice è decisamente all’altezza, spazi vuoti ce ne sono davvero pochi ed anche il settore ospiti è una impressionante muraglia umana, con giusto qualche vuoto nella parte bassa del primo anello dove, pur volendo, seguire la gara diventa davvero difficile con i fastidiosi sponsor impressi sulle vetrate. Sempre a proposito di brutture del calcio moderno.

L’aria è frizzante anche sugli spalti e fin da subito le due tifoserie mettono in chiaro i reciproci rapporti, in realtà più per iniziativa dei milanisti che pizzicano i dirimpettai con un “Serie B, Serie B”, anche se poi i cesenati, a più riprese durante la partita, intoneranno cori contro il Milan.

La Curva Mare c’è, gli effettivi ad offrire voce e mani sopra lo striscione delle “WSB” sembrano essere anche aumentati rispetto al solito ma, sarà perché sono leggermente più vicino a loro o sarà un dato di fatto, i milanisti sembrano spadroneggiare in questi primi minuti, sopravanzando gli avversari con i numeri e con la conseguente potenza.

Gli equilibri sono ribaltati già al 9’, allorquando il Cesena trova il vantaggio a sorpresa con capitan Davide Succi, autore di una provvidenziale zampata sottomisura che gonfia il “Manuzzi” di un ruggito orgoglioso. Da lì in poi, fisiologicamente, i padroni di casa guadagneranno decibel mentre gli ospiti vedranno restringere il proprio manipolo di fedelissimi ad un quadrato (in verità piuttosto ampio) il cui epicentro è lo striscione “Curva Sud”, zona nevralgica da cui partono cori e direttive.

Tempo di una bella sciarpata bianconera sulle note di “Romagna e Sangiovese” che al 19’ il campo ristabilisce l’equilibrio iniziale, grazie al goal di testa del francese Rami. Il copione sulle tribune non cambia però di molto, con i rossoneri che esercitano una leggera supremazia ed i bianconeri che, pur restando un gradino sotto in potenza, non demeritano affatto in continuità, mettendoci del loro anche in originalità con una bella manata a rispondere tra le due metà della curva.

Restando sul discorso dell’originalità, devo dire che c’è poco da segnalare: i milanisti restano più sul solco della tradizione, ciò nonostante risultano sempre piacevoli, sconfinando nello stucchevole quando anche loro propongono la propria versione del tormentone argentino del momento, che nondimeno anche i cesenati avevano offerto poc’anzi. Consideratela una fissa personale anche stupida, ma questi cori sono diventati un po’ come le torte alla panna: buone sì se mangiate una volta ogni tanto, ma alla lunga davvero stomachevoli.

Il segno della pochezza dei tempi è anche questo: quando gli stadi italiani erano il centro delle attenzioni del mondo, tutti copiavano noi, e noi facevamo a gara a chi trovasse l’idea più originale, non solo nei cori ma anche nelle coreografie ed in ogni altro aspetto dello “scibile” ultras; adesso noi copiamo gli altri, pure male e senza nessuno slancio di differenziazione: ormai lo stesso repertorio di cori è possibile ascoltarlo dall’Alpi a Sicilia o dalla Serie A alla III Categoria.

Detto questo, sempre senza mai dimenticare i tempi di nulla del nostro calcio (che inevitabilmente si riflettono anche nelle azioni dei suoi tifosi), quando l’arbitro Guida fischia l’intervallo, penso comunque di essere stato fortunato e di aver assistito ad una bella contesa sugli spalti.

La ripresa inizia con i milanisti che offrono gli stessi piccoli copricurva già fatti vedere all’inizio della gara; i cesenati non mostrano invece nulla di speciale, proprio come ad inizio gara, allorquando, però, avevano tutti i loro bandieroni aperti a far colore e una piccola nuvola di fumo, innalzatasi da qualche torcia occultata a scanso di grottesche persecuzioni, più severe di fronte a queste ragazzate che non a reati di sangue.

Dopo questo excursus, citando anche il saluto di inizio gara alle squadre colpevolmente dimenticato in precedenza, posso dire che la ripresa delle due tifoserie è al piccolo trotto: la Mare quasi sonnecchia, offrendo il primo spunto veramente potente solo al 10’, idem la Sud versione trasferta con la variante, al pari del primo tempo, di qualche unità in più su cui contare nel sostegno vocale.

In questo frangente sembra dominare il nervosismo e l’attenzione per ciò che succede in campo, tanto che le vampate di maggior supporto vocale si realizzano proprio in occasioni di momenti cruciali sul rettangolo verde.

Con l’incedere dei minuti e il concretizzarsi dell’idea del pareggio, gli umori del tifo diventano proporzionali alle aspettative deluse o appagate: i milanisti cominciano a calare vertiginosamente, riuscendosi a far sentire degnamente solo in qualche coro secco o ripetuto (i più roboanti quelli contro i rivali interisti), mentre i padroni di casa diventano a tratti straripanti. Il culmine dei romagnoli è una bella sciarpata sulle note di “Romagna mia”, che si protrae per diversi minuti con immutata potenza, o persino rinforzata dall’espulsione di Zapata nelle file del Milan che avviene nel mentre.

Il verdetto del campo pare già essere stato emesso, il Cesena non osa più di tanto, recriminando giusto un po’ in occasione di un goal non convalidato. Anche il Milan evita di sbottonarsi troppo, pur avendo dimostrato in precedenza una leggera quanto sterile superiorità di tasso tecnico. Il triplice fischio arriva così a benedizione di un pareggio che in fondo sta bene a tutti, ai bianconeri di casa per averlo strappato ad un avversario di rango e allo stesso Milan che continua il nuovo ciclo dell’osannato Inzaghi (diversi i cori per lui) senza ulteriori intoppi dopo la preventivabile sconfitta subita dalla corazzata Juventus.

Matteo Falcone.