In un campionato spesso grigio e smorto come quello di Serie B degli ultimi anni, poter vivere una gara con ambo le tifoserie, peraltro passionali e divise da una storica rivalità, è sempre più merce rara. Pescara-Bari rimanda la mente al calcio colorato, festante e gagliardo che tutti amiamo, una partita che contrappone due tra le realtà più importanti e storiche della riviera Adriatica.

Si parte verso la città di Gabriele D’Annunzio. Come sempre preparo minuziosamente la giornata, calcolando orari di lavoro e pullman, per poter fare tutto senza troppi patemi d’animo. Opto per il bus dell’Arpa in partenza dalla stazione Tiburtina alle 16,30. Come sempre il tragitto sulla Linea B è tutt’altro che piacevole e tra una spinta, una fermata prolungata e un odorino più degno di una discarica che di un mezzo di trasporto, arrivo nel piazzale delle autolinee una mezz’ora prima della partenza.

Sentendomi leggermente influenzato decido di passare le due ore di viaggio dormendo. Cosa che mi riesce alla perfezione fino all’arrivo. Sceso dal torpedone un forte vento di maestrale mi coglie, mettendomi i brividi sulla schiena e confermando appieno il mio stato di alterazione. Mi avvio a piedi verso l’Adriatico, posto a una ventina di minuti dalla stazione centrale. Una volta superato il ponte sull’Aterno comincio a intravedere le luci dello stadio e della polizia in lontananza. La questura locale non ha ovviamente perduto l’occasione per schierare numerosi cellulari in zona stadio. Tuttavia c’è da dire che, una volta tanto, si è cercato di gestire l’ordine pubblico con criterio anziché con inutili allarmismi. Sapendo infatti che i tifosi pugliesi sarebbero giunti numerosi in Abruzzo, questore e Pescara Calcio hanno accolto la richiesta del Bari di avere a disposizione l’intera Curva Sud per i propri tifosi. Pertanto si è passati dagli 800 tagliandi a disposizione agli oltre 4.000 dell’intera Curva.

Alla fine i tifosi biancorossi sono, da dati ufficiali, poco più di duemila. Numero più che dignitoso considerando il venerdì lavorativo e la classifica della squadra, non certo entusiasmante. Dopo aver fatto un giro di ricognizione, decido di ritirare l’accredito e guadagnare l’ingresso, anche per andare a sedermi al caldo della sala stampa. Il pubblico dell’Adriatico sta entrando alla spicciolata e noto immediatamente come ai tifosi baresi sarà riservato l’anello superiore della Sud, proprio come avveniva anni fa quando ai tempi della C da queste parti arrivavano orde di sambenedettesi, aquilani e teatini. La Nord resta per quasi tutto il prepartita spoglia e semivuota. Chiaro segno che i pescaresi sono fuori a vigilare il territorio.

Un quarto d’ora prima del fischio d’inizio esco dal mio guscio e mi porto in tribuna per gustare l’aria del match. I tifosi ospiti cominciano ad ingrossare le fila e non posso far a meno di udire il primo, significativo, scambio di offese tra le due fazioni: “Zingari!” parte dai baresi, “Scafisti!” rispondono i pescaresi. Non posso far a meno di sorridere, nonostante qualcuno abbia ormai preso il vizio di interpretare seriamente anche questo genere di folkloristiche diatribe, scandalizzandosene per poi soprassedere e chiudere un occhio di fronte ad atti ben più gravi e offensivi nei confronti della collettività. Ma siamo nell’Europa del 2015, quella dove tutto è razzismo e niente è discriminatorio. A deciderlo ovviamente è sempre la morale imposta da chi muove gli sporchi ingranaggi di un continente che dietro la sua finta morale da quattro soldi nasconde quintali di immondizia politica e sociale.

Tornando a ciò che più ci compete, ecco finalmente gli ultras abruzzesi popolare il proprio settore. Rispetto all’ultima volta che li ho visti in casa, qualche mese fa con il Bologna, si dimostrano subito più numerosi, anche grazie al buon andamento della squadra. Gli altri settori hanno risposto abbastanza bene, e alla fine si conteranno circa 10.000 spettatori di casa più i 2.000 ospiti. Una cornice di tutto rispetto per la Serie B dei giorni d’oggi.

Contestualmente all’ingresso dei giocatori arriva anche il gruppo portante del tifo barese, i Seguaci della Nord. Il settore ospiti si compatta in una bella sciarpata, colorata da qualche torcia.

Scenario simile per i biancazzurri, dove torce e bomboni la fanno da padroni in Curva Nord. Molto attivo anche il gruppetto in Distinti, che si mette in mostra per l’accensione di numerose torce a intermittenza, molto di moda negli ultimi anni.

La sfida del tifo può iniziare. Da parte barese, va detto subito, secondo me alcuni fattori hanno penalizzato terribilmente la prestazione. Innanzitutto l’assenza del tamburo, vera e propria istituzione per scandire i cori dei tifosi pugliesi, da sempre lenti e di chiara matrice italiana. Secondo, poi, la distribuzione nel settori ospiti, per lungo anziché per largo, cosa che rende difficile uniformare il sostegno. Infine, come succede sempre in questi casi, la presenza di molte persone che di tifare non ne vogliono sapere rappresenta la vera e propria zavorra per chi si sbatte a centro curva coordinando il tifo. Gli ultras dei galletti sfoderano così una prestazione a luci e ombre, con picchi di bel tifo segnati da battimani e cori tenuti a lungo e momenti di stanca in cui i Seguaci fanno davvero fatica a coinvolgere buona parte dei presenti. Peccato, perché il continuo sventolio dei bandieroni e la sciarpata eseguita nel secondo tempo sono il chiaro sintomo di una tifoseria che ha nel proprio dna una maniera di tifare persa in molte altre latitudini d’Italia. Una serata storta può comunque capitare, soprattutto se pensiamo all’ultimo anno e mezzo in cui gli ultras del Bari sono stati bravi a ricompattare l’ambiente, restituendo nuova linfa a una realtà che al termine della gestione Matarrese sembrava morta e svilita.

La Curva Nord di Pescara, come detto, ha risposto bene all’evento. I Rangers restano uno dei gruppi storici del panorama italiano e, nonostante le ultime, tristi, vicissitudini, su tutte gli incidenti di Latina che sono costati e costeranno numerose diffide alla tifoseria, lo zoccolo duro si mostra voglioso di non sfigurare e imporre il proprio ritmo rispetto ai numerosi tifosi dirimpettai. Bandieroni, manate e stendardi sono il marchio di fabbrica di questa serata, oltre a numerose torce e qualche bombone tirato di tanto in tanto. Il sostegno vocale è pressoché costante con il picco della sciarpata eseguita nella ripresa, fitta e massiccia, davvero bella da vedere, soprattutto perché mostrata in contemporanea con i baresi, cosa che mi costringe a fotografare a destra e a manca come se non ci fosse un domani.

In campo lo spettacolo non è propriamente dei migliori. L’importanza del match infatti fa sì che le due formazioni giochino con la costante paura di perdere, fattore che si traduce nel più classico degli 0-0. Un punto che può andar bene ai tifosi del delfino ma non certo ai biancorossi, che in questo finale di stagione dovranno racimolare più punti possibili per agganciare il treno play-off.

Finisce con lo stadio che sfolla mentre qualche provocazione tra il gruppetto dei Distinti e il settore ospiti viene velocemente sedata dall’intervento della polizia. La mia febbre sta vistosamente salendo, così sono costretto a rifugiarmi nuovamente in sala stampa dove fortunatamente riesco a rimediare almeno una Tachipirina per sopravvivere qualche ora. Il tempo di scrivere una breve cronaca e poi via, direzione stazione. All’una ho appuntamento per il passaggio rimediato sul sempre più indispensabile Blablacar. I circa 200km che mi dividono da Roma sono uno sforzo immane per cercare di rimanere sveglio e tenere compagnia al conducente, facendo finta di sprizzare salute da tutti i porti. Peccato che la mattina dopo il termometro parli chiaro: 38,5.

Simone Meloni