Casualmente mi imbatto nella notizia della conferenza stampa del Brindisi Calcio. La società presenta il proprio programma alla città e alla tifoseria. Leggo con attenzione, soppesando le parole. Mi interessa quel che dice il patron Antonio Flora, un personaggio Brindisi, campagna abbonamenti 2014/15che calcisticamente seguo da tempo e di cui non nutro grandissima stima. Però la piazza mi sembra nutrire fiducia in lui. Immagino a ragion veduta. Ricordo Flora prima alla presidenza del Trani e poi al Fasano, entrambi casi in cui non mi ha lasciato molto convinto. Da un punto di vista puramente sportivo, però, non posso che augurarmi che questa volta sappia nutrire le speranze e le passioni genuine dei tifosi con risultati e vittorie.

Al di là di tutto ciò, quello che però ha subito colpito la mia attenzione, sono stati i manifesti della campagna abbonamenti 2014-15 al “Città di Brindisi” affissi ai tavoli da cui il Presidente e i suoi congiunti parlavano al pubblico. C’è qualcosa di famigliare e non mi ci vuole nemmeno troppo a ritrovare il senso dell’orientamento dopo questa sensazione di deja vu: il Brindisi ha una particolarità quasi unica che porta chiunque, inevitabilmente, ad associarlo mentalmente ad un’altra nobile del nostro calcio, il Brescia. Il comune denominatore tra le due compagini è la “V” sul petto delle proprie casacche.

Brescia, Festa Biancoblu 2013Aggiungendo velocemente pezzi al puzzle, in un lampo mi sovviene il ricordo: quel personaggio che richiama nemmeno troppo vagamente a Clark Kent, mostrando però sotto la camicia non la proverbiale “S” di “Superman” ma la “V” bianca di cui sopra, ricordo di averlo visto in qualche materiale prodotto dai “Brescia 1911”, gruppo ultras a seguito della Leonessa d’Italia.

Un paio di click ed ecco la conferma: l’immagine ripresa pari pari pari dal Brindisi, è la stessa che i ragazzi del “Brescia 1911” crearono ed utilizzarono per la quattordicesima edizione della loro “Festa Biancoblu”. I pochi dubbi sulla paternità tempistica sono subito dissolti dal fatto che la Festa in questione si tenne tra fine aprile e maggio del 2013. L’unico slancio di creatività che ha avuto chi ha curato la parte grafica della campagna abbonamenti brindisina, è stato nel mettere lo scudetto della compagine pugliese sul petto del personaggio.

Ancora una volta, la fantasia e la creatività del mondo degli ultras finisce per dettare il passo al resto della società ad esso contigua. Dalla politica alla tv, dai movimenti studenteschi e di protesta, passando ai giornali, ecc., tutti hanno mutuato e carpito qualcosa dagli ultras per dare forza e slancio alle proprie campagne mediatico-pubblicitarie. Cori, slogan, striscioni, cortei, battimani, coreografie, torce e fumogeni, colori, rumori, filosofie, passioni, campagne di boicottaggio e più ampiamente campagne di sostegno: ogni singola espressione ultras è stata riadattata all’uso di chi spesso, addirittura, quel mondo poi lo bistratta con troppa superficialità.

Il “Città di Brindisi”, tutte le altre società che usano fotografie delle Curve per le loro campagne abbonamenti, oppure le multinazionali che sfruttano il tifo calcistico a fini pubblicitari, piuttosto che i politici quando riadattano gli slogan dello stadio per la loro propaganda elettorale dovrebbero riconoscere e versare agli ultras i diritti d’autore. Magari non necessariamente in termini economici, basterebbe già solo che lo facessero riconoscendo il loro diritto di continuare ad esprimersi liberamente. Senza criminalizzarli per aspetti nient’altro che folkloristici. Magari usando il cervello ed imparando a mediare tra i “delitti” e le “pene”. Di fronte alla goliardia, tanto per dirne una, non si capisce per quale motivo l’uscita di Tavecchio sia “solo una battuta infelice che non fa di lui un razzista”, come sostengono Galliani e soci, mentre gli ultras per uscite molto meno gravi e più banali devomo pagare tributi pesantissimi di daspo ed arresti innumerevoli.

Matteo Falcone.