Oggi a Legnago arriva il Padova al quale, per salire matematicamente in Lega Pro, servono altri tre punti. Mancano ormai poche giornate al termine di un campionato per quasi 3/4 condotto spalla a spalla con l’Altovicentino, che però da inizio Primavera ha lentamente mollato la presa. Chiudere la pratica è quel che ci si aspetta dalla blasonata compagine ospite, mentre la speranza è che sia accompagnata dal più numeroso seguito possibile.

Il piccolo stadio “Mario Sandrini”, andato completamente “Sold out”, ci sarà l’auspicata invasione Padovana, con circa 1.500 tifosi al seguito ai quali viene riservata oltre metà della tribuna e una lunga gradinata in cui, all’incirca, si raccoglieranno 800-900 persone.

Nelle vicinanze dello stadio ovviamente l’attenzione è alta, con una massiccia presenza di polizia, supportata da rinforzi provenienti da Verona. Capillari sono anche i controlli in entrata alle porte del settore ospiti.

Già mezz’ora prima della partita i posti vuoti sono pochi. Aspettando gli ultimi ritardatari, le bandiere biancorosse iniziano a sventolare con impazienza. Tantissime anche le pezze, ad una stima veloce penso di averne contate all’incirca una cinquantina, comprese quelle in tribuna.

Tutta la partita sarà poi una lunga e ininterrotta festa fra sciarpate, bandiere e cori, tra i quali il più gettonato è ovviamente “E tanto già lo so che l’anno prossimo giocherò in Lega Pro…”, il tutto coordinato da un corista spalle al campo ed in piedi su una ringhiera.

La partita è molto bella e combattuta da entrambe le squadre, il Legnago dopo pochi minuti va in vantaggio, ma il Padova non demorde e sempre nel primo tempo riesce a pareggiare.

Nel secondo tempo gli ospiti rientrano in campo più determinati a vincere la partita. L’obiettivo si concretizza su un rigore concesso per un fallo di mani in area di un giocatore del Legnago. Da quel momento in poi, si aspetta solo il triplice fischio finale dell’arbitro.

Quando mancano ancora diversi minuti, i primi tifosi padovani iniziano già a scavalcare il muretto che divide dal campo di gioco, disponendosi a bordo pista pronti all’invasione finale, sotto lo sguardo della polizia che si limita fortunatamente solo ad osservarli. A pochi minuti dalla fine la pista è totalmente invasa dai tifosi, pronti a far straripare in campo la loro gioia ma senza nessun tipo di problema provocato prima del novantesimo di gioco.

Al triplice fischio finale, come nelle più belle diapositive dei ricordi sbiaditi degli anni ’80, una pacifica invasione padovana stringe in un abbraccio la propria squadra, con i più alla ricerca di una maglietta o un pantaloncino come cimelio storico della giornata. Ai meno fortunati restano che gli immancabili “selfie” con i giocatori, cori di ogni sorta, spumante, gavettoni e tutte le più classiche scene di giubilo.

Una festa infinita che dura per oltre un’ora e che non finisce qui, protraendosi a Padova, in centro città, per cancellare con il più lungo festeggiamento possibile l’onta del fallimento che solo un anno prima aveva affossato questa piazza storica, costringendola a ripartire dall’inferno dei dilettanti.

Fabio Bisio.