Sabato 15 Ottobre 2016, dopo due anni di assenza ritorna il derby di Sofia. CSKA Sofia contro Levski Sofia (ЦСКА София – Левски София per gli amanti del cirillico) da queste parti equivale a più di una semplice partita di calcio: qui c’è in gioco l’orgoglio e la storia di una nazione intera, il predominio assoluto di una città sfociato più volte in scontri e violenza.

Io e il mio compagno di viaggio Andrea siamo lì, pronti e carichi per gustarci uno dei derby più interessanti del panorama Ultras dell’Europa balcanica. Con un volo diretto da Bari arriviamo nella capitale bulgara già il giorno precedente al match.

Giriamo per le strade buie e desolate del centro notando degrado e disagio ad ogni angolo; una città decaduta e in rovina ma noi non siamo qui per turismo, il nostro soggiorno ha un unico scopo e prontamente ci dirigiamo nello storico Levski Fan Shop situato su Todor Aleksandrov. Qui di solito si riuniscono i maggiori gruppi organizzati della parte blu di Sofia ma, oltre ai murales di stampo hooligans che circondano l’intero isolato, non troviamo anima viva.

Il pensiero si sposta perentorio al giorno successivo: il match andrà in scena alle 16.30 ora locale (15.30 italiane) ma noi andremo in zona stadio con largo anticipo.

Finalmente arriva il sabato tanto atteso e dopo un pranzo veloce ci incamminiamo dalla zona di Vitosha verso lo stadio nazionale.

Da qualche anno a questa parte infatti non si gioca più il derby al Georgi Asparuhov (impianto di proprietà del Levski intitolato ad un ex calciatore morto in un incidente stradale) e alla Bǎlgarska Armija (Stadio dell’esercito bulgaro e tana del CSKA) ma, come ai vecchi tempi, si è tornati a giocare il derby eterno nell’impianto più grande del paese dedicato a Vasil Levski (rivoluzionario bulgaro di metà 800 dal quale prende il nome appunto la compagine del Levski Sofia). Qui disputa i propri incontri esclusivamente la nazionale di calcio dei “Luvovete” (i leoni bulgari).

Siamo quasi giunti nel quartiere del National Stadium quando scorgiamo un fiume umano che sfila parallelamente al viale da noi percorso. Ci avviciniamo e increduli veniamo catapultati nel bel mezzo del corteo degli Ultras Levski diretti al derby in una specie di rito funerario.

In prima fila i massimi esponenti sono accompagnati da un prete ortodosso accanto ad un carro funebre addobbato per l’occasione con una bandiera biancorossa sul cofano: qui si sta celebrando il funerale degli acerrimi rivali del CSKA in maniera goliardica ma abbastanza lugubre.

La “cerimonia solenne” viene presentata per il fallimento dei rossi di Sofia che hanno visto perdere la propria identità a causa di imponenti debiti con il fisco, tanto da costringerli a ripartire un anno fa dal girone sud ovest della V AFG (V Amatorska Futbolna Grupa) equivalente al terzo livello della piramide calcistica bulgara. Non un grossissimo problema visto che il nuovo presidente Grisha Ganchev ha pensato prontamente di trasferire a Sofia non solo il titolo, ma anche l’intera rosa di un’altra squadra di sua proprietà, il Litex Lovech, esclusa dalla A PFG (A Profesionalna Futbolna Grupa ovvero la massima divisione) dopo aver abbandonato il terreno di gioco per una plateale protesta contro sospette e sfavorevoli decisioni arbitrali nel match contro il Levski dello scorso campionato.

Così il CSKA torna nella prima divisione, anche se con una formazione nuova di zecca, dopo un solo anno di purgatorio corredato comunque dalla vittoria della Coppa di Bulgaria.

Ma torniamo a noi. La “processione” comincia ad infiammarsi con i primi bomboni esplosi in pieno centro, l’area viene delimitata da centinaia di celerini della Zhandarmeriya (la versione bulgara della gendarmeria) in assetto antisommossa. L’aria si fa tesa, Sofia è paralizzata e giungendo presso lo stadio sembra di entrare militarmente in una zona di guerra.

Gli Ultras del Levski cantano all’unisono cori di morte agli eterni rivali, inneggiando a Hitler con maglie del Führer in bella mostra ed esponendo croci ortodosse di cartone.

Noi ci defiliamo e arrivati sul vialone che conduce all’ingresso dell’impianto, ci imbattiamo in un autobus di linea preso in “ostaggio” dai fans del CSKA. Il mezzo pubblico frena bruscamente, uno sciame travisato da passamontagna rossi ne esce prontamente per cercare lo scontro con il nemico, volano pietre e bottiglie in direzione del corteo; nel parapiglia generale civili e semplici tifosi corrono, l’azione dura meno di un minuto, fin quando non arrivano gli agenti per sedare gli animi e il bus riparte all’impazzata.

L’adrenalina sale, mancano meno di due ore al calcio d’inizio ma decidiamo di entrare. Superato il primo checkpoint, ci dirigiamo nel Settore 1. Veniamo perquisiti due volte prima dell’ingresso, zero tornelli, solo un membro dello staff che spara sul codice a barre del nostro ticket. Un computerino indica che il biglietto è valido, siamo dentro.

Ci guardiamo intorno, l’arena è quasi deserta, siamo gli unici ad essere disposti nel nostro gate, le due parti presentano ancora poche unità che si adoperano a sistemare i primi striscioni per poi preparare le coreografie. Ci troviamo nella tribuna riservata ai tifosi di casa ma siamo a ridosso della curva del Levski, i blues ci guardano male.

Mezzora al calcio d’inizio e stadio ancora semivuoto, curva ospite quasi piena che fa partire i primi cori possenti, zittiti prontamente dai fischi dell’armata rossa che entra in massa e compatta.

All’interno del Sector G (l’unione del tifo targato CSKA) c’è stata una vera e propria frattura. Il gruppo organizzato Ofanziva, fazione estrema e storica del tifo biancorosso, ha deciso di bloccare le proprie attività disertando gli spalti dopo la nascita di una nuova società seguita al fallimento, facendo propaganda per la capitale bulgara con adesivi e manifesti che intonano “Litex is not CSKA”.

Al contrario, il neonato ma altrettanto temutissimo gruppo degli Animals, finanziato dal presidente Ganchev, è pronto a combattere il derby per non subire un ulteriore scherno dagli odiati Ultras Levski. Accanto ai vari stendardi biancorossi, scorgo anche una pezza storica del Liverpool accanto a quella del North Side, altro gruppo dei soldati rossi.

16.30 e si parte. Il CSKA espone subito la sua coreografia mastodontica che riproduce un calciatore in maglia rossa innalzato dai suoi tifosi con una scritta in cirillico che fa da cornice.

La risposta del Levski si fa attendere, ma il Sektor B posizionato in curva sotto il maxischermo della partita, ha pensato bene di coprire lo stemma del CSKA con un ponte raffigurante un pene gigante con sotto la scritta, tradotta dal bulgaro in “Tu sei il Litex”, colorata di arancione per indicare appunto gli orange di Lovech. Subito dopo tutto il settore si tinge di nero, una croce bianca sovrasta il centro contornato da uno striscione che riecheggia ancora la fine del CSKA portando la data di nascita e di morte 1948-2016. Vengono issate al cielo una dozzina di piccole croci con intorno la sciarpa biancorossa, ai lati della coreografia si accendono delle torce sistemate minuziosamente in fila.

Finito lo spettacolo, viene rimosso il pene e compare lo stemma del Litex Lovech sempre su un ponte che nasconde interamente il logo del CSKA presente sul maxischermo. Alla mezz’ora del primo tempo il Levski si porta in vantaggio con il ghanese Francis Narh e lo stadio diventa una bolgia con una prorompente fumogenata blu e poi bianca che copre l’intera curva ospite.

Gli Ultras del Levski galvanizzati dal vantaggio si fanno sentire prepotentemente con impressionanti battimani e cori che fanno tremare lo stadio nazionale, una curva strapiena in ogni ordine di posto (forse anche in eccesso) che parte sincronizzata da sinistra a destra. Uno dei capi, da bordocampo, lancia i cori attraverso un microfono collegato a due altoparlanti posizionati sulla pista d’atletica. Un viavai di hooligans entra ed esce dal proprio settore come se fosse in casa propria. Qui comandano loro, polizia e steward stanno solo a guardare.

Finisce il primo tempo ma i gruppi rimangono ai loro posti, nessuno si scompone e continuano gli sfottò per tutto l’intervallo.

La gara riprende con nuove coreografie da ambo i lati. La curva del CSKA si colora interamente di rosso con due lunghi striscioni orizzontali che rappresentano tanti supporters pronti ad incitare la propria squadra, sovrastati al centro da uno smisurato capo ultrà disegnato in verticale. Il “quadro” viene chiuso da centinaia di torce accese in contemporanea e da bombe che esplodono violentemente.

Il fronte opposto invece si dipinge di blu con un grosso elicottero di carta che attraversa tutto il settore ospiti passando di mano in mano come se volasse. Un lungo brivido mi percorre lungo la schiena, uno spettacolo assoluto per i miei occhi, rimango estasiato e compiaciuto di trovarmi lì in quel momento.

Il match scorre veloce e alcune zone dello stadio diventano roventi. Il CSKA è ancora sotto per 1-0 e i propri fans non ci stanno proprio a perdere, così iniziano a volare dagli spalti bottigliette e lattine sui giocatori del Levski che si accingono a battere una rimessa laterale o un corner. Ad un quarto d’ora dal termine l’insperato pareggio su rigore, tutto lo stadio trattiene il fiato e il neo entrato Praslen Yordanov trasforma dagli undici metri.

Il Vasil Levski diventa un catino bollente con l’armata rossa che canta festante facendo esplodere gli ennesimi bomboni e gettando torce e fumogeni sul terreno di gioco. Il finale è statico, le due squadre non spingono e sembrano volere il pareggio che accontenterebbe entrambe le tifoserie. Il risultato rimane 1-1, Levski sempre in testa alla classifica (in attesa del Ludogorets) e il CSKA che resta tra le prime della classe in ottica playoffs.

I calciatori biancorossi vanno a festeggiare sotto la curva dei propri tifosi, qualche capo scende a bordocampo per sfilare con loro. I blu invece salutano il loro pubblico in tribuna, poi applaudono la curva rimasta un po’ delusa dal pareggio finale, ma che comunque canta mai doma fino alla fine a squarciagola per incitare i propri beniamini ancora in vetta al campionato.

Noi usciamo dall’impianto e fuori ci troviamo nella folla rossa che pian piano si disperde. Dopo una breve sosta caffè e aver scambiato opinioni su questa meravigliosa esperienza con il mio storico amico, ci dirigiamo in hotel e troviamo il centro di Sofia ancora in tilt per il derby.

Sono passate due ore dalla fine del match ma la polizia è rimasta ad ogni angolo. Nella zona di Serdika troviamo decine di pattuglie ferme a bordo strada con i lampeggianti accesi, ci avviciniamo e alcuni tifosi del Levski vengono perquisiti e trovati in possesso di armi, poi tratti in arresto nonostante il loro rifiuto di salire sulla volante.

Un derby scoppiettante, mille emozioni vissute, una giornata davvero da incorniciare negli almanacchi e da raccontare ai nipotini tra qualche decennio.

Il derby eterno di Sofia merita di essere visto almeno una volta nella vita: appassionati di cultura Ultrà, se volete passare un weekend diverso provate a fare una capatina al prossimo Levski-CSKA, vi garantisco che non rimarrete delusi!

Fabio Dolce.