Il “derby” della Terra di Lavoro è un appuntamento che mi incuriosisce sin dalla sua programmazione. Vuoi per il fatto che, strano a dirsi, non sono mai stato allo stadio di Cassino, vuoi perché tra le due tifoserie resiste un gemellaggio ormai trentennale.

Il Cassino, dopo il fallimento del 2010, è ripartito umilmente dai bassifondi del calcio laziale, trovando lo scorso anno la promozione in Eccellenza al termine di un campionato al cardiopalma.

C’è da sottolineare poi come la città della celebre Abbazia vanti una tradizione ultras tutt’altro che trascurabile. I Fedayn Cassino furono, a cavallo tra gli ’80 ed i ’90, uno dei migliori gruppi della regione. Storiche restano le infuocate sfide con Frosinone, Sora e Formia.

Della Casertana e dei suoi tifosi non c’è molto da dire, semplicemente perché spesso trattati dal nostro giornale. Tutti conosciamo il potenziale di una piazza che per anni ha masticato amaro in ambito calcistico, non mollando e professando sempre un’apprezzabile dedizione alla causa in una città storicamente divisa sul basket e ad appena 50 chilometri dal colosso mangiatutto Napoli.

Mi sono ripromesso di snellire i miei racconti in fatto di viaggi, arterie autostradali, ferroviarie e pullman presi al volo correndo a destra e manca. Tuttavia un accenno alla ferrovia che congiunge Roma a Cassino devo farlo, perché trattasi della prima strada ferrata in grado mettere in comunicazione l’Urbe con Napoli. Prima ancora della Direttissima via Formia, attualmente più che attiva ma superata, in termini di rapidità, dall’Alta Velocità.

Il percorso si inerpica nelle vallate della campagna romana prima e della Ciociaria poi, offrendo sempre uno spettacolo da fotografare. Peccato che da queste parti, e mi scuserà il buon Moravia se lo cito, “quelli che sarebbero li fiji d’Italia, ortre a parlà ‘nglese, ce distruggheno pure le strade”. Così ne La Ciociara lo scrittore romano fa riferimento agli italo-americani, e più in generale agli Alleati, che, giunti da queste parti per scardinare l’occupazione nazista, oltre a compiere efferati crimini contro la popolazione, rasero al suolo interi paesi ed intere città. Cassino è forse l’esempio più lampante.

Cioè detto il mio Regionale arriva puntuale a destinazione e mancando un’ora al calcio d’inizio mi avvio verso lo stadio. Non è facile chiedere indicazioni, va ricordato che siamo pur sempre al 21 di agosto. I negozi sono quasi tutti chiusi e di gente ce n’è davvero poca. Ripercorro mentalmente la mappa vista la sera precedente su Google e non sbaglio. Attraverso il ponte sul Gari, un fiume abbastanza importante nel Lazio perché qualche chilometro dopo, in località Sant’Apollinare, congiungendosi al Liri dà vita al Garigliano, che segna il confine naturale con la Campania.

Una decina di minuti dopo sono al Salveti. Una tribuna abbastanza grande ed il settore ospiti dirimpetto. In totale 3.500 posti per un impianto posto praticamente in mezzo al nulla, con sterminati e malcurati prati che lo circondano.

Al botteghino non si trova il mio accredito, ma senza perdermi d’animo tiro fuori le mie spiccate (ah ah ah!) doti diplomatiche ed alla fine, circumnavigando il perimetro dello stadio, entro direttamente dalla porta carraia. Tempo di prendere la pettorina e sistemare la macchinetta e sono in campo.

Le due squadre stanno ultimando il riscaldamento, mentre le tifoserie fanno il loro ingresso. Nel settore di casa ci sono gli striscioni di Brigate e Vecchio Fedayn, affiancate dai gemellati di Venafro. Nello spazio riservato ai casertani viene invece appeso un lungo messaggio che recita “Caserta saluta la Cassino ultras”. Già prima dell’incontro gli ultras si scambiano attestati di stima che il pubblico presente, poco a dire il vero, apprezza con altrettanti applausi.

Alle 20 ecco le squadre scendere in campo. Su fronte cassinate gran bella torciata, con la curiosa osservazione che le suddette torce sono quasi infinite. La loro luce si protrarrà infatti quasi cinque minuti: buon per me che posso scattare e realizzare video.

Una cosa sui padroni di casa devo dirla. Il calcio moderno, i fallimenti e tutta l’immondizia che questo sport ci rifila attualmente, hanno decimato anche loro. Parlo del mero aspetto numerico, che è vero non coincide con la qualità, ma è sempre un qualcosa in più. Soprattutto in queste piazze. Ma del resto oggi bisogna tener conto davvero di troppe cose. Venti diffide sono capaci di decimare, se non uccidere, un’intera curva. Spero per loro che l’Eccellenza porti entusiasmo e richiami più gente allo stadio.

A livello di tifo non sfigurano affatto. Belle manate, cori a rispondere eseguiti molto bene, un paio di bandieroni e bandierine con i colori sociali sempre in alto, oltre a tanta voglia di divertirsi. Non mancano canti contro le rivali di sempre ed ovviamente a favore dei dirimpettai gemellati.

Di contro i casertani presenti saranno all’incirca 150, forse qualcosina in più. Tuttavia il blocco centrale, quello attivo dei Fedayn Bronx, è composto da una settantina di ragazzi che si danno da fare e cantano con buona costanza, nonostante il clima amichevole, per ovvie ragioni, tocchi più loro che i cassinati.

E pensare che la Casertana si trova a pochi giorni da un evento in un certo qual senso storico per la società e per i tifosi: il terzo turno di Coppa Italia da giocare a Cesena. I Falchi arriveranno in Romagna dopo aver eliminati, a domicilio, Reggina e Crotone. Un qualcosa che ai tempi belli avrebbe portato migliaia di supporters campani al Manuzzi, cosa che oggi, grazie alla nota tessera del tifoso, non potremo vedere.

In campo il Cassino risulta spumeggiante e solido, mettendo spesso in difficoltà la più blasonata Casertana. Nella ripresa, dopo il vantaggio ospite, i biancoblu riescono persino a pervenire al pari con Prisco, sfiorando l’impresa. I rossoblu però non sbandano e mettono le cose apposto, andando in gol per ben due volte nel giro di dieci minuti.

Tutti soddisfatti alla fine, con il sottoscritto che non ha minuti da perdere pena non salire sull’ultimo treno disponibile per Roma. Mi sbrigo a riconsegnare la pettorina fuggendo letteralmente dal Salveti.

Stavolta la strada è tutt’altro che semplice. Un buio pesto infatti mi coglie e la stradina desolata diventa a tratti inquietante. Il tutto però è ripagato dall’ennesima partitella messa in archivio.

Ancora un paio d’ore di treno mi riportano verso casa, con la campagna buia che corre ai miei lati ed il sonno leggero che viene smorzato dai tamarri di rientro dal parco divertimenti Rainbow Magicland, a Valmontone. Ma su questo limitiamoci a stendere un velo pietoso, onde evitare di sembrare troppo razzisti verso il genere umano.

Simone Meloni.