Mentre mi appresto a scrivere questo resoconto, il mio aereo con destinazione Belgrado, dove farò scalo per Mosca, sta per partire. La destinazione principale doveva essere Cska-Roma ma, causa porte chiuse ordinate dalla Uefa al club moscovita, mi dovrò consolare con Dinamo Mosca-Panathinaikos. Niente male direte voi, vedremo. Adesso è il momento di Sambenedettese-Campobasso e della mia prima volta al “Riviera delle Palme”.

Strano a dirsi, vista la distanza non proibitiva che divide Roma dalla città adriatica, ma non avevo mai messo piede nel “Tempio del tifo”. Qualche anno fa, ai tempi del derby con l’Ancona valido per i play-off, ci avevo fatto più di un pensierino. Ma ero ancora in fase di stallo dopo la repressione post-Raciti ed il fuoco sacro della passione “partitellara” ancora non aveva ripreso ad ardere. Così rinunciai e oggi devo dire che, guardando le immagini, me ne pento sinceramente. Così, visto il calendario e adocchiata questa partita, non me la lascio sfuggire, nonostante ciò mi costi del tempo da sacrificare ai preparativi per la quattro giorni russa.

L’appuntamento con Marco, altro sommo “partitellaro” della Capitale, è fissato alle 9 alla metro Rebibbia. Fortunatamente è una bella giornata e tra un ricordo degli incredibili incidenti tra la “Frangia Cardiopatica” del Favalanciata e i “Koala Violenti” del Quintodecimo si parte alla volta delle Marche. La Salaria scorre libera ed in poco più di tre ore siamo sul lungomare di San Benedetto del Tronto. Siamo partiti abbastanza presto per fare un giretto al vecchio stadio “Ballarin”. Parcheggiamo la macchina proprio là vicino e riusciamo ad entrare sia sugli spalti che sul campo. Tuttavia voglio raccontare questa esperienza in un apposito articolo. Mi limito solamente a dire che è sempre triste avere sotto gli occhi un tempio profanato dall’incuria di chi dovrebbe tutelare il patrimonio sportivo locale.

Ci concediamo qualche specialità locale davanti ad una bottiglia di vino bianco e poi siamo pronti per andare allo stadio. Il “Riviera delle Palme” si trova un po’ fuori rispetto al centro abitato. Vederlo devo ammettere che mi fa un certo effetto, vuoi perché a vederlo da foto e video mi è sempre piaciuto, vuoi perché quei murales e quella scritta, “Il tempio del tifo”, che sovrasta la copertura della curva la dicono lunga su come San Benedetto del Tronto viva il calcio. Eppure da queste parti non la pensano esattamente come me sul “Riviera”. I tifosi rossoblu infatti attribuiscono, simbolicamente, al nuovo stadio molte delle disgrazie del club, fallito diverse volte negli ultimi anni e incapace di tornare ai vecchi fasti degli anni settanta e ottanta, quando la Samba calcava regolarmente i campi della Serie B.

La partita di oggi poi è un po’ il derby tra due grandi deluse del e dal calcio. Anche i molisani infatti contano diversi fallimenti alle spalle dopo i gloriosi anni ’80, culminati con il triste spareggio di Napoli contro Lazio e Taranto che li condanno, di fatto, all’oblio dei dilettanti e di tribolazioni travestite da non iscrizioni e fidejussioni mancate. Per questo sono sempre sorpreso nel notare la passione e l’attaccamento ai colori che queste due tifoserie mostrano senza se e senza ma verso i propri sodalizi.

Ritiriamo gli accrediti quando mancano soli venti minuti al fischio d’inizio. È il proverbiale momento di darci una mossa. Raggiungiamo la porta carraia, ritiriamo le pettorine e finalmente conquistiamo il terreno di gioco.

La prima cosa che appare ai nostri occhi sono i tifosi campobassani. I dati ufficiali parlano di 550 biglietti venduti, io francamente penso siano qualcosa di meno. Ma comunque parliamo davvero di un’ottima presenza, non dimentichiamoci mai che parliamo di Serie D. Dall’altra parte la Curva Nord della Sambenedettese è praticamente piena, con un buon colpo d’occhio anche in tribuna. Il Distinto dirimpetto alle panchina è chiuso perché non agibile. Ed anche su questo ci sarebbe da scrivere un libro viste le lunghe e annose vicissitudini che il “Riviera” ha dovuto passare in questi anni per essere a norma secondo gli attuali, bizzarri, standard.

Mi porto in mezzo al terreno di gioco per godermi l’entrata di campo. La Nord quest’anno ha deciso di riportare gli striscioni e lo fa con lo storico “Ultras Samb”, quest’oggi sovrastato dalla pezza degli amici di Civitanova. Le squadre fanno il loro ingresso in campo e gli ultras marchigiani colorano il proprio settore con una fumogenata a dir poco mozzafiato, suggellata da uno striscione per i diffidati. Un fumo così intenso non lo vedevo davvero da tempo e non posso che restare a guardarlo come un bambino guarda il regalo di Natale incartato. Fumogeni, tamburi, bandieroni, striscione gigantesco e megafoni. Non muore nessuno, ciò dimostra come le decisioni di ostacolare l’entrata di questi strumenti nelle serie superiori non siano affatto dovute a motivi di sicurezza, ma a dettami ben chiari da parte di questure e televisioni per annientare gli ultras e la loro parte più bella e genuina.

I molisani non sono da meno, e mi perdoni qualcuno se, quando ho letto che oggi sarebbero stati in numero consistente, ho subito avuto paura in un flop a causa di esperienze pregresse in cui più la trasferta era di massa e più il tifo era insufficiente. Oggi davvero non gli posso imputare nulla: cori dal 1° al 90°, torce, fumogeni e sciarpate con il picco negli ultimi dieci minuti quando sentono l’odore della vittoria. Anzi, forse pure meglio delle aspettative. E i padroni di casa non sono certo da meno con il loro tifo coordinato e le belle esultanze ai gol. Un boato davvero possente che da solo fa capire quanto il popolo sambenedettese sia attaccato alla propria squadra.

Da sottolineare lo striscione per il compianto Massimo Cioffi che viene applaudito anche dagli ospiti. Devo dirlo, in qualche momento non so dove guardare per il frastuono ordinato che le due tifoserie producono. È uno spettacolo e sono contento di farne parte, soprattutto in momenti come questo dove, a livello di stadio, sembra di vivere le cose sempre come se fossero le ultime.

La partita in campo è bella e combattuta, gli ospiti trovano subito il vantaggio ma la Samba risponde pareggiando e portandosi in vantaggio per il tripudio dei propri tifosi. Io mi godo lo spettacolo assieme all’amico Marco e al compare Fabio venuto da Bologna per l’occasione.

La “Lambada” degli ultras adriatici mi ricorda che una volta potevamo vantare ben altro panorama canoro, mentre i loro cori decisi contro Ascoli, uniti ai ricordi di quelli anti “pesciari” eseguiti con la stessa convinzione dai tifosi piceni, è la conferma di come certe acredini e certe rivalità dovute al campanile davvero non moriranno mai. Le due squadre non si affrontano da quasi trent’anni, eppure le tifoserie rivali si fanno sempre i cori contro. Ad ogni partita. È questo il bello del calcio, altro che le puttanate da fair play e da “adotta un cugino” del derby milanese. Il calcio è antisportività per antonomasia. È confronto, sfottò e rivalità, dovute pure al diverso appezzamento terriero d’appartenenza duecento anni prima. Fanculo a tutti, fatevi due risate, non prendete troppo sul serio gli ultras.

Nella ripresa la musica non cambia e il sostegno sugli spalti resta di ottimo livello. Sul campo i marchigiani ci provano in maniera confusionaria e, negli ultimi minuti, si capisce che sono gli ospiti a poter provare il colpaccio. Colpaccio che riesce e che fa esplodere letteralmente il settore ospiti proprio mentre sullo striscione “Smoked Heads” avevano fatto capolino un paio di torce. Esultanza da immortalare che diventa gioia incontenibile al triplice fischio del direttore di gara.

Il Campobasso viola il “Riviera delle Palme” due anni dopo l’ultima volta. Una sconfitta che manda su tutte le furie i sambenedettesi, i quali invitano i giocatori a tirar fuori gli attributi, chiaro sintomo di una piazza che è stanca di annate vittoriose sul campo che poi si trasformano perdenti e retrocedenti nei tribunali o negli uffici della Lega.

Non rimane che guardare l’esultanza molisana con il settore ospiti che continua a tifare anche dopo il match. Quando lasciamo lo stadio stanno ancora cantando. Vorremmo prendere un Borghetti prima di ripartire, ma da queste parti ne è vietata la vendita allo stadio. Il pericolosissimo Borghetti che ha mietuto morti su morti negli anni. Esattamente come tamburi, torce, megafoni e striscioni. Ripieghiamo sul caffè e poi ce ne andiamo. Il buio sta già avvolgendo la città e non vogliamo tornare a Roma troppo tardi. Il giorno dopo (oggi) io avrei sempre quel famoso aereo di cui sopra. Quello da cui sto scrivendo, mentre nel frattempo sta quasi per atterrare a Belgrado. Il resoconto volante mi mancava, ma nella vita c’è sempre tempo per tutto. Come dimostra la mia prima volta al “Riviera delle Palme”.

Testo di Simone Meloni.
Foto e video di Simone Meloni e Fabio Bisio.

 

Galleria Simone Meloni:

Galleria Fabio Bisio:

Video di Simone Meloni:

Video di Fabio Bisio: