Riprendendo un aforisma di Lessing tratto da una sua opera teatrale, Minna von Barnhelm, diventato famoso grazie ad una campagna pubblicitaria di una azienda italiana nota nel settore delle bevande: “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”.

L’attesa di Salernitana-Verona è stato di per sé un evento, forse ancor più della gara disputata domenica 4 alle 20:30.

Le due squadre si rincontrano 5 anni dopo l’ultima sfida del 19 Giugno 2011. Il destino crudele volle che nel giorno del 92mo anniversario della nascita della Salernitana, sia avvenuta la disfatta contro la squadra scaligera nella finale dei play-off di Serie C, proprio all’Arechi. La conseguenza non fu solamente la promozione dell’una con la permanenza dell’altra in terza serie, bensì la Salernitana subì di nuovo l’onta del fallimento. Un altro motivo per assistere a questo match che vede due storiche rivali sfidarsi nella seconda giornata del nuovo campionato di serie B 2016/17.

Il traffico confluisce in un Arechi blindato: tra elicotteri che ci sorvolano, container a dividere la Curva Nord con il resto dei settori, percorsi ben delineati, osservati dagli agenti ben posizionati in punti strategici: misure così drastiche per soli un centinaio di ospiti scaligeri appaiono quanto meno esagerate.

Mi dirigo a far la fila per entrare finalmente allo Stadio. Il colpo d’occhio è assicurato: quasi 20.000 spettatori, la risposta del pubblico c’è. Primi cori in Curva, nei Distinti si compattano nella parte inferiore, vicino alla Nord. Arrivano i butei, c’è una sonora bordata di fischi. Eccoli finalmente, partono cori di ovvia ostilità, tra cui l’ironico Chi non salta è veronese intonato dagli ospiti.

La partita inizia. Tra il pubblico rivivo uno strano silenzio per una partita così importante, per una partita di cartello: la tensione c’è e si ripercuote dalla Tribuna ai distinti, fino alla stessa Curva Sud. Molte pause di silenzio anche per il cuore del tifo granata, che poi si riprende al momentaneo vantaggio del Verona con Ganz, cercando di coinvolgere tutto il settore e lo stadio in un crescendo che sproni i propri ragazzi in campo.

Gli scaligeri sono solo 100, solo ultras, il numero esiguo non dà loro quel quid ulteriore in potenza vocale, ma sono compatti e hanno il merito di essere continui, tra cori e battimani. Resiste in loro quella solita verve goliardica e provocatrice: non passa inosservata la mise di un butel che si presenta in tuta da sci, così come qualche coro piccato nei confronti del pubblico di casa.

La Curva di casa, dopo un primo tempo sottotono, vive un secondo tempo a ritmi maggiori fino a far registrare un vero e proprio boato al gol del pareggio di Coda che coinvolge tutti i 20 mila spettatori presenti. L’euforia si protrae fino al triplice fischio, ma stasera la Sud non è stata ai livelli alti di sempre.

La partita finisce 1-1, il pubblico di casa può ritenersi soddisfatto della prestazione della sua compagine contro un’avversaria che sarà tra le protagoniste del campionato cadetto. Sugli spalti, invece, l’attesa non è stata ripagata del tutto. Nei miei occhi rivedo e penso alla bolgia del 19 Giugno 2011, quella foga e quella passione ancestrale dalla Curva Sud fino agli ospiti, granata e gialloblù: un tifo costante, continuo, soprattutto carico e rumoroso da ambo i lati per una delle poche volte in cui, i grandi numeri non danneggiarono la prestazione dei due settori più caldi.

I miei ricordi hanno forse amplificato le aspettative per la gara di stasera che vedeva due tifoserie, ognuna a suo modo, capace di sorprendere sempre e distinguersi in quest’epoca di appassimento generale. Tuttavia, proprio tenendo conto dell’andazzo generale negli stadi italiani, uscendo dall’Arechi, man mano cresceva in me la consapevolezza di potersi accontentare: i ricordi di un recente passato o quelli molto più vintage, è meglio tenerli nel cassetto della memoria, distolgono lo sguardo dalla realtà delle cose.

Testo di Gianluca Sapere.
Foto di Simone Meloni.