La cortesia, la gentilezza e l’educazione, intesi come atteggiamenti umani, mi colpiscono sempre, a maggior ragione se parliamo di calcio.

Arrivo nell’impianto dove il Trastevere disputa i propri match interni e immediatamente la società locale cerca di mettermi nelle condizioni migliori per svolgere il mio “lavoro” di inviato. Di campi ne ho girati tanti, spesso per seguire la mia squadra del cuore, altre per curiosità/aggiornamento, ma quasi sempre mi sono dovuto scontrare con la scortesia degli “addetti” ai lavori. Per fortuna oggi trovo una situazione ideale per scattare e raccontare la partita per come noi amiamo vederla. Consegno il documento all’arbitro e subito prendo “confidenza” con il prato, come qualsiasi giocatore tasto il campo e scelgo la zolla da dove immortalare i momenti migliori.

Inizia il match, ma dei tifosi di casa e degli ospiti non vi è traccia. Cado nello sconforto totale, mi ritrovo a dover seguire una partita senza tifo. Per fortuna dopo 15 minuti dall’inizio delle ostilità vedo arrivare un gruppetto di 20 ragazzi che attaccano i loro drappi e partono subito con l’incitamento. Cori per la squadra del “Rione” per il mondo ultras e contro il prefetto Gabrielli.

L’Olbia è la squadra dove Cossu, ex Cagliari, ha deciso di chiudere la carriera. Il primo tempo lo passa in panchina, ma nella seconda frazione entra in campo. Prima della sostituzione riesco a immortalare il tatuaggio con il simbolo degli “Sconvolts Cagliari”, un segno di omaggio e appartenenza ideologica da apprezzare, in un mondo come quello dei calciatori spesso prostrato ai loro padroni e teso a mantenere le distanze dai propri tifosi, in fondo il motivo primo della loro fama.

La partita termina in parità, io restituisco la pettorina e faccio ritorno a casa. Di tifosi ospiti non se ne vedranno fino alla fine; a posteriori apprenderò la voce di un’auto-sospensione. Peccato, perché m’aspettavo di vederli.

Michele D’Urso.