Il Matera e il Trani, le cui tifoserie sono gemellate dal 1987, si rincontrano dopo sette anni nel campionato di serie D, girone H, davanti a circa duemila spettatori.

A Matera, dopo gli ultimi risultati maturati, la tifoseria è in contestazione verso squadra e società. Infatti, quest’oggi, sulla rete di recinzione della gradinata, non campeggiano i soliti striscioni dei gruppi organizzati, ma un grande striscione di carta che la dice lunga su quello sta accadendo in questo ultimo periodo in città. Il gemellaggio con il Trani viene comunque rinnovato, prima del fischio d’inizio, con il classico giro di campo e il reciproco scambio di sciarpe e targhe ricordo.

I locali si fanno sentire davvero poco durante tutti i novanta minuti, quasi esclusivamente con cori di contestazione verso la dirigenza e contro i rivali potentini. I tranesi giungono nella Città dei Sassi in numero cospicuo, si contano all’incirca duecentocinquanta unità presenti. Molto bello il colpo d’occhio offerto dai numerosi “due aste” oltre al materiale, di ottima fattura, appeso sulla recinzione.

Gli ospiti fanno sentire la propria presenza per tutta la durata dell’incontro e il loro sostegno è condito pure dall’accensione di numerose torce. Da segnalare anche una bella sciarpata che riesce a coinvolgere tutti i presenti nel settore.

In campo sono proprio gli ospiti a passare in vantaggio e riescono pure a raddoppiare. Proprio la rete del doppio vantaggio fa scaturire un’invasione di campo da parte dei locali. Difatti, subito dopo la seconda marcatura degli ospiti, sul campo si vedono volare sberle e calci verso i calciatori di casa, mentre le forze dell’ordine, colte impreparate, con non poca difficoltà riescono a rispedire nel settore gli invasori.

Dopo alcuni attimi di tensione, la situazione torna alla normalità e così la partita può giungere al termine. L’incontro si chiude con il punteggio di 0-2, che vede i lucani perdere terreno verso le prime della classe, mentre i pugliesi conquistano tre punti fondamentali in chiave salvezza.

Testo di Federico Longo.
Foto di Alessandro Veglia.