Morolo, strada provinciale “Morolense”. È domenica mattina, e sono in macchina nel parcheggio antistante la casa del sodalizio biancorosso, lo stadio “Nando Marocco”. Come sempre, ho solo tre ore di sonno alle spalle; tuttavia, nonostante ciò, anche questa domenica mattina, mentre la maggioranza delle persone normali erano ancora nel letto a dormire, ho messo in moto l’automobile con le strade ancora deserte, per affrontare una lunga ma appagante giornata di calcio e di tifo.

La prima tappa è, appunto, il piccolo centro ciociaro, dove, alle 11:00, va in scena il playout salvezza del girone B dell’Eccellenza laziale tra i padroni di casa e l’Itri. Giungo a destinazione assai presto rispetto al calcio d’inizio, per cui decido ˗ anche nell’attesa di Valerio, il sommo cantore del tifo dilettantistico, oggi venuto ad illuminare, con la sua macchinetta fotografica, questo lembo di Valle del Sacco ˗ di rimanere nel veicolo per cercare di recuperare almeno un po’ di sonno.

Mentre invoco Morfeo (non Domenico, poliedrico ex fantasista di Parma ed Inter… vabbè, lo ammetto, questa l’ho rubata da una vecchia tifocronaca di Simone), sento una voce provenire da un megafono. Ovviamente, non resisto alla tentazione di vedere di cosa si tratti: noto così che, in prossimità della rotatoria a pochi metri dal parcheggio, in una affollatissima parrocchia si sta celebrando la Santa Messa domenicale. Proprio vicino all’edificio di culto, scorgo anche uno striscione che invita tutti i morolesi a recarsi allo stadio per l’importante gara salvezza.

Accertatomi della provenienza del suono, ritorno a sedermi in auto, cercando di riprendere la conversazione con la divinità protettrice dei dormienti. Morfeo, però, oggi ce l’ha decisamente con me: passano infatti pochi minuti ed ecco provenire altri rumori, precisamente dei canti, dall’altro lato della strada. Questa volta, non si tratta di inni sacri né di devoti al Signore, bensì dei ragazzi che tifano per il Morolo, i quali, muniti di tamburo, megafono e bandierone, si recano nell’impianto per sostenere la squadra già nella fase del riscaldamento.

Forse perché ancora stordito per aver dormito poco, inizio a riflettere sul ruolo sacrale del calcio per i giovani e meno giovani che ogni domenica affollano le gradinate: una sorta di nuova religione, che ha sostituito quella tradizionale basata sul culto del Messia nativo di Nazareth. E quindi mi chiedo: ciò che originariamente ˗ parlo dello stadio ˗ poteva apparire profano ai conservatori e tradizionalisti, non è forse diventato esso stesso sacro, con la sua ritualità e il suo apparato liturgico scandito da precisi giorni (domenica di campionato, mercoledì di coppa) e periodi (il conteggio dell’anno a partire da settembre e non da Capodanno, la pausa estiva, ecc.)?

Mentre rifletto, sono quasi sul punto di addormentarmi, ma questa volta, a distogliermi dal sonno, è la chiamata del mio mentore, che mi chiede se gli conviene uscire al casello di Anagni o di Ferentino. Bene, ho capito che non è proprio il caso di dormire, per cui prendo l’attrezzattura e decido di effettuare una passeggiata nei dintorni. Dopo un po’, finalmente, si palesa anche Valerio, per cui posso finalmente entrare nello stadio.

Ad accoglierci, è il direttore sportivo del Morolo, quel Pistolesi che può essere considerato una leggenda del calcio regionale, uno dei più grandi bomber di sempre del football a sud di Roma, nonché uno dei miei giocatori preferiti, soprattutto ai tempi delle superiori. Non si tratta, tra l’altro, dell’unica stella di giornata: nell’Itri, infatti, gioca un altro mio idolo adolescenziale, un immenso goleador al pari del citato Pistolesi: si tratta di Dante Volante, uno che ha sempre gonfiato la rete da vero rapinatore d’area; è poi da aggiungere la presenza, sulla panchina del Morolo, del rastaman Campolo, un altro grande ex centrocampista del calcio che ho amato e continuo ad amare: insomma, calcisticamente parlando, è per me la giornata perfetta.

Come detto, i tifosi del Morolo sono già entrati nel loro settore durante la fase di riscaldamento, per incitare la squadra in vista del match. Poco dopo il mio ingresso sul manto verde, arriva il momento del fischio d’inizio. Nel settore dei sostenitori morolesi, vengono accesi fumogeni rossi, mentre dalla coltre di fumo spunta una bandiera con i colori sociali del club. Sulla balaustra della tribuna coperta riservata ai padroni di casa, è affisso un lungo striscione con il seguente messaggio: “2 modi si esce dal campo di battaglia: con la testa del nemico! o senza la propria”.

Dall’alto lato, nel settore ospiti, sono presenti alcuni tifosi dell’Itri, dietro lo striscione “Ultras Itri ˗ Sang d sierp(“sangue di serpente”, essendo il rettile rappresentato nello stemma comunale). Anche questi ultimi propongono una coreografia, consistente in una fumogenata biancoblù. Insomma, l’inizio di gara è davvero affascinante, grazie a questo spettacolo scenografico che riporta indietro nel tempo.

Svanito il fumo, i tifosi ospiti espongono uno striscione che invita i giocatori a tirare fuori gli attributi, sventolando anche qualche bandiera; successivamente, però, non tifano mai durante la gara, per poi ritirare, in segno di protesta, lo striscione appeso sulla recinzione, quando, alla fine del primo tempo, con la loro squadra sotto di tre goal, la retrocessione in Promozione diventa ormai certa (anche perché l’Itri dovrebbe segnare quattro reti per sperare nella salvezza, stante la peggior posizione in classifica rispetto al Morolo nella stagione regolare).

Diverso è il discorso per quanto riguarda gli ultras di casa: collocati nell’estremità destra della tribuna coperta (in relazione alla visuale delle fotografie) e compatti dietro tre pezze (tra cui segnalo un “Ultras liberi” ed un “Cani sciolti”) offrono un tifo continuo durante tutto l’incontro, servendosi del megafono e del tamburo e mostrando una bandiera. Nei loro cori, esaltano la Ciociaria ed il loro essere ciociari, mentre spesso insultano la provincia pontina ed Isola Liri. Si segnala, accanto a loro, la presenza ferentinate. Oltre ai cori a rispondere e a quelli tenuti a lungo e ripresi dal repertorio attualmente in voga nelle curve italiane, danno vita a numerosi battimani, oltre ad accendere qualche luminaria.

Come anticipato, la partita, in campo, volge a favore dei padroni di casa, che chiudono i primi 45’ in vantaggio per tre reti a zero; nella ripresa, dopo che l’Itri accorcia le distanze, i biancorossi si portano sul quattro a uno, per cui le ultime fasi della gara sono per loro di mera amministrazione. Poi, al triplice fischio, esplode la festa, con i giocatori di casa che vanno a festeggiare sotto il settore dei loro tifosi (per poi farlo, insieme a quasi tutti i sostenitori della tribuna, in campo), mentre dall’altro lato quelli dell’Itri si stendono sull’erba in preda allo sconforto.

Per la squadra aurunca, si chiude nel modo peggiore una stagione che l’ha vista addirittura calcare l’erba del “Francioni” di Latina, nella finale della Coppa Italia regionale contro l’Unipomezia: proprio dalla sconfitta subita in questa prestigiosa sfida, è iniziato un periodo difficile per la compagine itrana, fino ai playout ed alla retrocessione odierna.

Dall’altro lato, il Morolo conferma la sua importante tradizione calcistica ˗ se rapportata alle dimensioni del centro ˗ potendo figurare ancora nella massima categoria regionale, con sorprendente continuità (ricordo che, dopo lo spareggio vinto al “Flaminio” contro il Terracina nel campionato di Eccellenza 2005 ˗ 2006, la compagine ciociaria ha disputato tre campionati di Serie D, affrontando squadre blasonate come Campobasso, Civitavecchia, Narnese, Tivoli, Venafro, Scafatese, Ostia Mare, Rieti, Viterbese, oltre ai derby contro Ferentino ed Isola Liri).

La mia giornata calcistica non termina qui: mi attende la Promozione abruzzese.

Andrea Calabrese