Curva Nord Campobasso: Gran bella tifoseria quella rossoblu. Campobasso, calcisticamente parlando, è una di quelle piazze che – pur non potendo contare su una città grandissima alle spalle – riesce a fare la differenza. Un po’ come succede in altre piazze che vedo simili a quella molisana: San Benedetto, Ascoli, Avellino, Monopoli, Cosenza, tutte città tra i 50.000 e i 70.000 abitanti ma con séguiti di tutto rispetto e da far invidia a realtà ben più grandi.
Il capoluogo del Molise è una ridente città in cui, da sempre, si respira Calcio. Una passione che affonda le radici negli anni della cosiddetta “Quarta Serie” (un po’ quello che si vorrebbe replicare oggi), vecchi campionati di un Calcio ormai perduto, fatto di veri uomini, prima che di grandi calciatori, in cui la tifoseria rossoblu ha forgiato la propria tradizione.
Poi gli anni della vecchia Serie C e della C1, con sfide infuocate contro altre grandi piazze quali Benevento, Foggia, Nocera, Cava. Quindi – nei primi Anni ’80 – l’approdo in Serie B, in cui i “lupi” hanno resistito per cinque stagioni, sfiorando addirittura una clamorosa promozione nella massima serie nel secondo anno tra i cadetti, stagione 1983-84. E furono quelli gli anni più belli e indimenticabili per l’Unione Sportiva Campobasso; gli anni del romantico ed ancora rimpianto stadio Romagnoli (una vergogna il suo stato di abbandono, prima, e lo smantellamento, poi), rabberciato e con spalti irregolari, con addirittura gradinate con tavole in legno, quando ogni domenica non c’erano mai meno di 7-8.000 affezionati che seguivano le casacche rossoblu. Anni in cui in città non si parlava d’altro che della squadra e si viveva in funzione della domenica pomeriggio, anni che videro importantissime e storiche realtà del Calcio italiano calcare l’erba del vecchio impianto in centro città: Milan, Lazio, Fiorentina, Verona, Bologna, solo per citare quelle che mi vengono in mente. Partite queste – contro mostri sacri della nostra tradizione calcistica – in cui il vecchio Romagnoli si mostrò del tutto insufficiente per contenere l’entusiasmo d’un’intera Regione (che trovava nel Grande Calcio il suo riscatto da atavici isolamento e anonimato), riempiendosi come un uovo fino al limite delle 15.000 presenze.
Quindi la costruzione e l’inaugurazione del nuovo stadio in contrada Selva Piana, in uno storico match di Coppa Italia contro la Juventus di Platini e Boniek, in una data storica per il Calcio molisano (non solo per la clamorosa vittoria per 1-0) soprattutto per l’incredibile afflusso (in barba a qualsiasi logica e sicurezza) che fece registrare il nuovo impianto il giorno della sua “prima”: si favoleggia di circa 40.000 spettatori per il momento più alto della storia sportiva di Campobasso; era il febbraio dell’‘85.
Dopo di allora il declino, con una città che ha conosciuto (e pagato sulla propria pelle) ben quattro fallimenti della propria società calcistica, costringendo i “lupi” a ripartire, più volte, dal fondo delle categorie dilettantistiche regionali. Ma, il dato che più sorprende, è che a fronte di tale scempio per uno dei club storici del centro-sud, il pubblico non è mai venuto meno, nella tradizione d’una fede sportiva senza precedenti, e che comunque ha fatto vivere tante esaltanti stagioni di Serie D e qualche anno in C2; da ricordare di quegli anni le tiratissime sfide contro il Taranto, altra nobile decaduta, forte d’una tifoseria tra le migliori dello Stivale. Impossibile non ricordare come, nella stagione 1999-2000, per il ritorno in Serie C del Campobasso dopo anni di mortificazioni calcistiche, il Selva Piana si riempì – in occasione della matematica promozione, contro la Pro Vasto – di 18.000 (!) tifosi festanti, ad oggi imbattuto record per la Serie D.
Anche dal punto di vista Ultras la piazza campobassana ha sempre detto la sua, dai tempi della Serie B (erano gli anni del Commando Ultrà Campobasso), quando il vecchio Romagnoli era temuto come uno dei campi più “caldi” della categoria, ed ancora oggi la tifoseria molisana, forte della sua tradizione e dei suoi numeri, riesce comunque a rendere Campobasso e il Campobasso un osso duro per chiunque. Anche in trasferta i sostenitori dei “lupi” rossoblu non sono mai venuti meno, con un séguito sempre massiccio, colorato, festante, talvolta imponente. Gli Smoked Heads, freschi di trentennale, sono uno dei gruppi storici del panorama nazionale, precursori di stile e mentalità.
Nel disegno oggetto di questa presentazione ho cercato di unire la doppia sensazione d’una tifoseria fatalmente legata al proprio passato, ma con lo sguardo sempre proiettato nel futuro, aspettando una rinascita sportiva che rinverdisca i fasti degli Anni ‘80. La testa d’un lupo, universale simbolo della Campobasso calcistica, che unisce idealmente un doppio striscione su cui – stagliandosi su uno sfondo orizzontale rossoblu – sono impresse in rilievo (simmetrico) le scritte indicative di città e curva, la Nord, da qualche anno intitolata a Michele Scorràno (molisano doc), indimenticata bandiera degli anni d’oro del sodalizio rossoblu, arcigno e generoso difensore, esempio di lealtà ed attaccamento, scomparso prematuramente.

02. ...a tua difesa! 03. Napoli 1926

Curva “A” Napoli: Due disegni che hanno come tema la grande Curva A di Fuorigrotta. Il primo ispirato ad un famoso slogan che dovrebbe essere di paternità Mastiffs (in questi casi è sempre d’obbligo il condizionale); slogan battagliero che imperversa anche in rete e preso a prestito anche da altre tifoserie. Lo sfondo del disegno è blu scuro – come va per la maggiore nelle curve partenopee – mentre la scritta è bianca. Al centro è la testa d’un Ultras da stadio con cappellino a visiera e volto parzialmente travisato da una sciarpa, lo sguardo penetrante e vigile di chi è davvero pronto allo scontro. Testa che separa in due la scritta NAPOLI, mentre sotto, più piccolo, è lo slogan di cui sopra. Grafica semplice nella sua resa, seppur con un font “importante”, giocata su due soli colori, senza troppi fronzoli, com’è costume del movimento Ultras azzurro.

Il secondo disegno, invece, è ispirato ad uno dei più intransigenti gruppi della Curva A degli ultimi anni. Ricordo che c’era una pezza, usata anche come due aste, riportante questa frase. “Niente incontri, solo scontri” che suona molto come un’estrema provocazione, soprattutto al mondo calcistico più pantofolaio e benpensante, sempre pronto ad indignarsi per le malefatte di quei cattivoni di Ultras, il male assoluto dell’Italia, da estirpare con qualsiasi mezzo. A stemperare, in parte, la bellicosità del tutto ho posto una figura caricaturale (ripresa da una vignetta dell’illustratore Tauro) che ben si addice, nella sua posa sfrontata, ad una curva spavalda e aggressiva come la A di Napoli. Le scritte sono biancazzurre su fondo blu e nella parte bassa c’è spazio per il logo sociale e per l’acronimo del club con anno di nascita. Lo vedrei bene come un bandierone da sventolare sulla ringhiera dell’anello superiore del San Paolo. Entrambi i disegni vogliono rappresentare una realtà Ultras prettamente napoletana – con tutte le sue esagerazioni – e che, sia a livello estetico che concettuale, rappresentano un punto di rottura col passato, un passato folkloristico e spensierato che non appartiene più all’universo Ultras partenopeo, ormai sempre più sulle barricate.

04. Eagles' Supporters

Eagles’ Supporters: Leggendario gruppo al séguito della Lazio, nato – nel 1977 – dalla fusione di tanti piccoli gruppi e realtà del tifo biancoceleste che stazionavano in Curva Sud, fu soltanto nel ’79 che gli Eagles, tagliando tutti i ponti col passato, decisero di trasferirsi in Curva Nord, da allora culla e fulcro del tifo laziale. Già dal nome “anglofono” questo gruppo si distinse da ciò che c’era stato prima, divenendo partita dopo partita e trasferta dopo trasferta, uno dei più importanti del nascente panorama Ultras nazionale (fu infatti intorno alla fine degli Anni ‘70-inizio ‘80 che il mondo del tifo organizzato cambiò radicalmente rispetto a forme più improvvisate e folkloristiche che avevano imperversato fino ad allora).
Per anni il loro striscione fu uno dei più lunghi in circolazione (ben 54 metri) e forse i più vecchi lo ricorderanno per via della sigla di “90° minuto” in cui si vedeva proprio lo striscione degli Eagles’ Supporters appeso sul muretto centrale del vecchio e romanticissimo stadio Olimpico-pre Italia ’90, con gli spalti che vanno velocemente a riempirsi.
Con la nascita degli Irriducibili – nel 1987 – il mondo del tifo italiano ebbe un sussulto e così fu anche nella Nord romana. La coabitazione dei due gruppi non fu mai facile, tutt’altro, e spesso si venne alle mani. Comunque per anni questi due gruppi così diversi (orami “classico” del tifo all’italiana gli Eagles, più di matrice british, moderna e oltranzista gli Irriducibili) convissero fianco a fianco, nello stadio Flaminio (durante i lavori di rifacimento dell’Olimpico) come nell’Olimpico stesso, finché, nella stagione 1992-93, il vecchio gruppo che per anni aveva guidato il tifo per la Lazio (nei suoi anni più bui, con sei stagioni in Serie B e una Serie C sventata soltanto agli spareggi contro Taranto e Campobasso), divenuto in curva ormai minoritario, mollò e si sciolse.
Nel mio disegno ho voluto ricordare e omaggiare questo grande gruppo del tifo laziale e italiano che ha lasciato sicuramente un’impronta indelebile. Ho preso l’aquila stilizzata del club capitolino (forse il più bel logo della storia del calcio italiano), l’ho messa al centro della “scena” e sopra e sotto ho posto il nome del gruppo ed anche l’anno di nascita, dando alle scritte blu elettrico su fondo bianco (in un font molto moderno e da stadio) la stessa inclinazione dell’aquila. Il risultato restituisce una sensazione molto particolare: da Anni ‘80 che si proiettano nel futuro, per un disegno minimale, futuribile, ma al contempo pieno di nostalgia.

05. Guidati dal Lambrusco

Guidati dal Lambrusco!: Disegno dedicato alla tifoseria carpigiana e realizzato in epoca non sospetta, prima dell’approdo dei biancorossi nella massima serie. Mi è sempre piaciuto questo gruppo che già dal nome la dice lunga sulle proprie “intenzioni” e sul suo spirito scanzonato e goliardico. Era la fine degli Anni ’80 quando nacque, con un Carpi FC che scalò le categorie calcistiche passando in pochi anni dal vecchio Interregionale alla Serie C1, ed annoverando al proprio séguito – nel corso degli anni – una miriade di gruppi, cosa piuttosto insolita per una piazza non grandissima come Carpi, sintomo d’una passione sportiva e Ultras ben radicata nel bellissimo centro emiliano.
Furono quegli anni, fine ’80-inizio ’90, tra i più belli per l’intero movimento Ultras nazionale, anni spensierati e ricchi d’entusiasmo, quando in ogni stadio d’Italia la passione e l’entusiasmo dei gruppi ribollivano e contagiavano tutti e la repressione (pur presente) era soltanto una pallida ombra rispetto allo Stato di Polizia che s’è instaurato purtroppo al giorno d’oggi.
Su quella falsariga nacquero tanti gruppi, come appunto i Guidati dal Lambrusco, che in breve si fecero conoscere ed apprezzare da tutti, anche grazie alle prime riviste specializzate sul mondo del tifo organizzato, che iniziavano a diffondersi in maniera sempre più capillare e che hanno rappresentato, per almeno una generazione, una sorta di “testo sacro” delle Curve, qualcosa d’imprescindibile.
Altra cosa che apprezzo molto dei GdL – oltre l’insita goliardia – è il fatto d’essere un gruppo di grande mentalità e la cronaca dell’ultima stagione è eloquente in tal senso: da una parte un Carpi che ha raggiunto traguardi impensabili solo fino a qualche anno fa, con una Serie A che è letteralmente un sogno (cose come questa ci fanno ancora amare il Calcio), e dall’altra assurde e cervellotiche imposizioni per cui la squadra biancorossa non può giocare le proprie gare casalinghe – come sarebbe logico e giusto – nel suo stadio, il romantico Cabassi, ma è stato costretto ad “emigrare” nell’odiata Modena. Un affronto che ha diviso la piazza carpigiana, tra chi, pur di non perdersi la Serie A, ha deciso di emigrare e chi, come i GdL ha preso la decisione di non presenziare nelle gare “casalinghe” (“il Carpi solo a Carpi!”), compiendo un enorme sacrificio ma affermandosi come gruppo di spiccata mentalità e capace ancora di dire “no”, nonostante il canto delle sirene rappresentato dalla Serie A, cui è difficile resistere.
Tornando al disegno oggetto di questa presentazione, in luogo dei loro simboli (l’Obelix che tracanna una botte di buon Lambrusco o il teschio con le due bottiglie incrociate), ho scelto una via del tutto diversa ma, spero, non meno simpatica: il collerico Bob Rock del Gruppo TNT (uscito dalla matita di Magnus, al secolo Roberto Raviola, forse il più grande fumettista italiano di sempre) che la faccia da avvinazzato ce l’ha comunque, per un disegno molto classico e goliardico insieme.

Luca “Baffo” Gigli.

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LE PUNTATE PRECEDENTI
One Step Beyond #1: Terni, Caserta, Samb, Lamezia, Milan, Parma, Lazio, Udine;
One Step Beyond #2: Palermo, Udine, Catania, Fiorentina, Pescara;
One Step Beyond #3: Verona, Roma, Milan, Inter;
One Step Beyond #4: Brescia, Napoli, Lazio, Palermo;
One Step Beyond #5: Livorno, Lazio, Nocera, Cavese;
One Step Beyond #6: Lazio, Savona, Cavese, Manfredonia;
One Step Beyond #7: Crotone, Pescara, Catania, Napoli.
One Step Beyond #8: Roma, Lazio, Palermo, Milan;
One Step Beyond #9: Spezia, Arezzo, Virtus Roma, Nocera, Cavese;
One Step Beyond #10: Lazio, Genoa, Napoli, Roma, Palermo.
One Step Beyond #11: Viterbo, Torino, Savona, Napoli;
One Step Beyond #12: Torino, Castel di Sangro, Livorno, Lazio;
One Step Beyond #13: Hertha BSC, Ancona, Napoli, Roma, Samp;
One Step Beyond #14: Inter, Alessandria, Samb, Roma.
One Step Beyond #15: Lecce, Bari, Cavese, Genoa;