Ultrà Lodigiani: Personalmente considero questo gruppo come uno dei più caratteristici e rappresentativi del panorama delle serie minori se rapportato all’ambiente che rappresenta e in cui s’è sviluppata la sua bella e travagliata storia e proverò a spiegarne i motivi per coloro che avranno la bontà e la pazienza di seguirmi. Questi ragazzi romani che nel 2000 assunsero il nome di Ultrà Lodigiani – e dove la parola Ultrà, in luogo di Ultras, non è casuale ma vuol rimandare a una vecchia e più romantica concezione dell’essere tifosi, molto legata alla passionalità e depurata da mode, politica e business – erano già presenti sulle gradinate dei vecchi impianti in cui di volta in volta giocava la propria squadra, militando in due distinti gruppi (gli Ultras e gli Official Fans, entrambi nati nel ’96; da qui la ragione numerica della loro nomenclatura) che per una maggiore coesione e comunione d’intenti per il bene dei colori biancorossi e per non disperdere il tifo in troppi gruppi (una pecca comune a molte realtà “piccole” ma con una radicata attitudine Ultras) decisero di creare una nuova entità che avesse la capacità di raggruppare e rappresentare coloro che erano passati per sigle precedenti, sotto una sola voce.

La storia calcistica dell’AS Lodigiani prende forma nel lontano 1972 e rappresenta uno dei primi casi (indubbiamente il più famoso e riuscito, perlomeno a livello mainstream) di “squadra aziendale”; il neonato club, infatti, rappresentava la squadra calcistica della celeberrima Lodigiani Costruzioni SpA, uno dei principali colossi edilizi dell’Italia di quegli anni. Nel ’74, dopo tornei amatoriali, la Lodigiani venne affiliata alla FIGC e di lì a pochi anni cominciò una delle più incredibili scalate alle categorie del Calcio italiano, venendo promossa nel ’79-80 in Serie D, nell’1982-83 in C2 e nel ’91-92 in C1, categoria in cui la sorprendente squadra capitolina stazionò per ben 10 campionati consecutivi.

Furono proprio quelle dieci stagioni nella terza serie nazionale, gli anni più belli per il club biancorosso che si rese protagonista di un’autentica “favola sportiva”, culminata nella stagione ’93-94, quando la Lodigiani si piazzò al quarto posto assoluto nel raggruppamento centro-meridionale della vecchia Serie C1 – dietro a corazzate del calibro di Perugia, Reggina e Salernitana – e arrendendosi soltanto a quest’ultima in semifinale play-off. La Lodigiani, nata pressappoco come squadra di quartiere (San Basilio) e che legava inizialmente il proprio nome a quello della famiglia/azienda Lodigiani (non a caso), col passare del tempo perse queste caratteristiche e divenne la “terza squadra” di Roma, capace di sfiorare la promozione in Serie B, amata in tutta la città e dietro cui potevano riconoscersi tutti coloro che caddero fatalmente innamorati dei colori biancorossi (uno dei casi più celebri resta quello del noto attore Luca Zingaretti che s’è sempre professato tifoso della Lodi e che non era raro avvistare in tribuna).

In quegli anni di massimo splendore e dei migliori risultati sul campo, spesso il club biancorosso giocava le proprie partite casalinghe allo stadio Flaminio che in più di qualche occasione fece registrare numeri di pubblico davvero importanti se rapportati a una compagine che – in condizioni “normali” – aveva sì un pubblico di fedelissimi, che però non andava oltre il paio di migliaia di unità e che comunque rappresentava sempre qualcosa di sorprendente per una realtà che fisiologicamente quanto inevitabilmente risentiva, venendone schiacciata, della presenza dei due grossi club cittadini che da sempre si contendono il predominio calcistico dell’Urbe immortale e che fanno incetta di tifosi, lasciando le briciole agli altri club locali e agli altri sport.

Oltre ai sorprendenti risultati sportivi che domenicalmente andava raccogliendo il terzo club della Capitale, ciò che più stupisce di quegli anni furono l’assoluta oculatezza e il pragmatismo che i dirigenti della Lodigiani riuscirono a mettere in atto e che si traduceva in bilanci sempre in attivo e in una mirata politica di lancio dei giovani dal proprio vivaio, tanto che si coniò l’espressione di “modello Lodigiani”, imitato in Italia e non solo. Infatti, una delle caratteristiche salienti del club, sin dagli albori, è stata quella di affiancare alla prima squadra un poderoso settore giovanile che, col tempo, ha sfornato fior di talenti. Settore giovanile da cui pescare per creare prime squadre in cui mescolare questi promettenti giovani a calciatori più esperti e navigati che facevano da “chioccia” e che costituivano l’ossatura della squadra che ogni anno riusciva a mantenere l’importante categoria. Sarebbe qui impossibile ricordare tutti i grandi calciatori che hanno militato nella Lodigiani o che sono venuti fuori dal suo vivaio, davvero un numero considerevole… mi limito a ricordare un nome solo: Francesco Totti – ch’è stato uno dei calciatori italiani più grandi e forti di sempre e sicuramente il più importante della storia dell’AS Roma – che all’età di dieci anni militò per tre stagioni (dall’’86 all’’89) nei giovanissimi della Lodigiani prima d’essere acquistato – per il talento che già esprimeva anche in età così tenera – dalle giovanili della Roma.

Parallelamente a tutto ciò, ovvero a un club che, partito dai gradini più bassi del Calcio (categorie regionali), era arrivato a giocarsela alla pari coi più quotati club del Belpaese (una cadetteria sfiorata d’un soffio e che avrebbe avuto davvero dell’incredibile), crebbe una nuova generazione di tifosi che, dapprima in maniera più balbettante e in seguito in forme di sostegno sempre più costanti e coerenti – da non dimenticare, nel ’98, il raduno, organizzato proprio dai supporters della Lodi, delle tifoserie italiane per seguire gli azzurri nel Mondiale di Francia – diedero vita a un affascinante fenomeno Ultras che rappresentò davvero una “terza strada” nel tifo calcistico romano per tanti giovani capitolini che settimanalmente si ritrovavano dietro le insegne dei vari gruppi che s’avvicendarono nel seguire la Lodigiani e che trovarono la piena maturità e compiutezza nel gruppo oggetto di questa presentazione e relativi disegni.

Per quanto mi riguarda, ricordo con grandi nostalgia e piacere gli anni, soprattutto i primi 2000, in cui scoprii per la prima volta questi fantastici ragazzi romani attraverso il loro sito (uno dei più belli e aggiornati che ricordi d’aver mai bazzicato, a dispetto d’una grafica spartana all’insegna del “parla come mangi”) che divenne per me un punto di riferimento imprescindibile delle mie giornate. Mi deliziava leggere i loro resoconti delle partite domenicali vissuti in chiave smaccatamente Ultras. Non nascondo ch’è stato proprio attraverso i racconti e gli scritti di questi ragazzi che ho maturato una “filosofia Ultras” che ancora oggi mi accompagna e che non è stata da meno, in termini d’importanza, rispetto a quella che ho potuto maturare sugli spalti della mia città e al seguito della mia squadra, lontano da loro.

In quegli scritti c’era tutto: amore incondizionato per il club, vera mentalità Ultras (che li portò anche su posizioni scomode e pericolose in termini di rappresaglia istituzionale se si considera che il gruppo era di pochi elementi e dunque ben identificabili: ricordo gli striscioni “contro” la vedova Raciti  e il suo aver sollevato un polverone mediatico anti-Ultras) e tanta tanta goliardia (caratteristica quest’ultima da sempre appannaggio degli Ultrà Lodigiani: la mitica bandiera portoghese sullo striscione… ch’era più d’una dichiarazione d’intenti: era proprio una filosofia di vita). Accanto a tutto ciò v’era un raccontare e un raccontarsi a 360° che andava totalmente al di là del mero e ingenuo avvenimento sportivo e che, sinceramente, non avevo mai trovato prima (almeno in quella forma) e spesso non ho più trovato neanche dopo. E le piacevoli letture di quegli anni – erano i fantastici tempi immediatamente successivi a Febbre a 90° del maestro Nick Hornby – andarono a mescolarsi con le parole di questi ragazzi; parole che per me divennero sempre più sublimi, metalinguistiche, accrescendomi sempre più il desiderio di conoscerli e invidiandoli (nel senso buono), desiderando d’essere con loro e come loro. Erano ancora i bei tempi in cui ci si scriveva attraverso le e-mail (parola che sta diventando quasi desueta) e con qualcuno di loro presi addirittura contatto e a cui inviai alcuni miei disegni realizzati per loro – peraltro: davvero bruttissimi; spero di essermi riscattato, almeno in parte, con queste due grafiche attuali – a cui non mancarono di rispondermi entusiasti, alla mano e gentili.

In quegli anni i miei punti di riferimento – in quanto a “letture Ultras” in ambito internet – furono per l’appunto, come appena detto, il sito degli Ultrà Lodigiani e il sito Ultrasdonia.net su cui scrivevano – con toni meno goliardici rispetto ai loro omologhi romani ma più analitici e riflessivi – gli Ultras del Manfredonia Calcio, che all’epoca avevano nelle Teste Matte il proprio gruppo di riferimento. Tutto ciò per dire di quanto sia strana e talvolta sorprendente la vita: a distanza di tanti anni – in cui anch’io ho maturato una mia personale e peculiare passione per il “Calcio parlato” e il “racconto Ultras” – ho ritrovato alcune delle “firme” più prestigiose dei succitati siti – che tanto hanno contribuito alla mia “formazione” a livello di scrittura – proprio nello “stato maggiore” di Sport People, testata organizzata come una grande famiglia di cui ormai da quasi due anni mi onoro di far parte anch’io. È un po’ un cerchio che si chiude l’aver ritrovato quegli stessi ragazzi che tanto avevo ammirato e seguito negli anni e con cui, a dispetto d’ogni pronostico o macchinazione in tal senso da parte mia, ho instaurato un rapporto umano e “professionale” pressoché quotidiano. Davvero la vita, a volte, riesce ancora a sorprendere! Forse era destino che tutta una generazione di sognatori un po’ fuori di testa (nel senso buono, ovviamente) col pallino della scrittura – e che prima d’addormentarsi la sera pensano a striscioni, cori e trasferte – si ritrovassero inevitabilmente nel medesimo calderone.

Tornando a noi: naturalmente, come ogni bella cosa che si rispetti, la “favola” della Lodigiani non ebbe il lieto fine. Oscuri quanto viscidi affaristi – espressione e quintessenza della parte più subdola e odiosa del cosiddetto Calcio Moderno – appena ne ebbero l’occasione, allungarono i loro famelici tentacoli sul terzo club calcistico romano con l’intento di smembrarlo, snaturarlo e succhiarne quanto di più buono aveva; e infine gettarne via le ossa. Gli Ultrà Lodigiani, da vecchi e navigati esperti del movimento Ultras, annusarono immediatamente puzza di bruciato, cercando sin da subito di sensibilizzare l’opinione pubblica capitolina sulle reali intenzioni del gruppo Cisco… ma la loro protesta sembrò una voce nel deserto. Purtroppo spesso accade così, anche in altre piazze: quando le cose vanno bene, si è tutti uniti e si rema insieme nella medesima direzione; invece, quando le cose cominciano ad andar male, in molti – che magari seguono soltanto per “moda” o entusiasmo contingente e che talvolta sono anche pronti a cambiare bandiera, “vendendosi” vilmente al miglior offerente – abbandonano la nave al primo sentore di burrasca, lasciando i veri innamorati della Causa a lottare contro forze preponderanti e prive di scrupoli.

Gli Ultrà Lodigiani lottarono contro la fusione e contro il nome Cisco Lodigiani, auto-sospendendosi nel settembre del 2004 e dimostrando al mondo intero d’averci visto lungo, quando, qualche tempo dopo, anche il glorioso nome Lodigiani fu fatto sparire e il sodalizio divenne Cisco Roma, cancellando, nella sostanza, una storia sportiva ultratrentennale con un vile colpo di mano, come niente fosse.

Così questi ragazzi romani, che avevano costruito intorno alla propria squadra, con impegno, sudore, sacrifici e partecipazione, un movimento di aggregazione per tanti e tanti coetanei della loro città, all’insegna del divertimento, della spensieratezza e dell’amicizia, si ritrovarono dall’oggi al domani senza una squadra. Ma non desistettero e non mollarono, dimostrando coi fatti che un gruppo Ultras resta tale anche senza gli spalti e anche senza una squadra da seguire e tifare (talvolta seguirono alcune partite delle squadre del settore giovanile che comunque continuò la sua attività).

La “Causa Lodigiani” e la rivendicazione della vecchia nomenclatura relativa all’Associazione Sportiva fondata nel 1972 perdurarono per lunghi quattro anni, finché, questi tenaci ragazzi furono ripagati di tanti sforzi e tanto perseverare: nel 2008, sotto il nome di ASD Lodigiani, ripartì anche l’attività della prima squadra che s’iscrisse al campionato di Prima Categoria laziale, con gli Ultrà che – a dispetto d’una tanto infima categoria se rapportata ai fasti di soli pochi anni prima – tornarono a seguire le casacche biancorosse uscendo dall’auto-sospensione. Dopo due anni in Prima Categoria, la Lodigiani vinse il campionato e l’anno seguente disputò il torneo di Promozione laziale; dopodiché, un anno dopo, per l’imminente stagione 2011-12, il club romano non s’iscrisse al campionato decidendo di proseguire la propria attività calcistica soltanto a livello di settore giovanile.

Il resto della storia è cronaca recente: quella d’un gruppo di Ultras che non s’è mai sciolto e non ha mai messo la parola fine – nonostante la penosa assenza d’una prima squadra – che con andamento carsico è scomparso e riapparso nel corso degli anni quando c’era da presenziare a qualche ricorrenza particolare, come avvenuto puntualmente meno di due mesi fa, a fine giugno, quando allo stadio Francesca Gianni di San Basilio (scelta non casuale, come detto in apertura: il popoloso quartiere romano fu la prima casa della Lodi) in occasione dell’evento denominato “Lodigiani secondo tempo” si sono festeggiati i primi 45 anni di vita del sodalizio capitolino che tanto ha rappresentato per la storia e il costume sportivo di Roma. In quest’occasione gli spalti dello stadio sono stati riempiti d’entusiasmo, tra torce, cori, vecchi e nuovi amici, bandiere e fumogeni, all’insegna dell’euforia e dello stare insieme e che inevitabilmente generano – in chi, come me, ha realmente e profondamente amato quel gruppo e quei ragazzi – un senso di profonda nostalgia, amarezza, frustrazione e indignazione nel rendersi conto di che cosa il Calcio Moderno, mischiato all’egoismo, al malaffare e alla massificazione, abbia potuto produrre. Credo che se mai, in Italia, si sia commessa nel mondo del Calcio una nefandezza, bassa, ingiusta, sudicia e ingiustificabile nei confronti di un gruppo Ultras vilmente defraudato e privato per così tanti anni della propria squadra del cuore: quella credo sia stata la vicenda degli Ultrà Lodigiani.

Venendo ai due disegni: ho voluto richiamare (nel primo) un loro stendardo, quello con la scritta “Lodigiani est 1996” e (nel secondo) uno dei loro primi striscioni che aveva quella simpatica ingenuità d’un’artigianalità data da chi ha grandi idee ma magari poca dimestichezza con proporzioni, vernice e pennelli. Un’immagine, quest’ultima, appropriata per gli Ultrà Lodigiani che avevano la freschezza e l’incoscienza – così genuina, spavalda e sfrontata – che hanno soltanto i gruppi Ultras nei primi anni di vita e che poi, per così dire, s’inventano da sé, giorno per giorno.

In entrambi i disegni il protagonista principe è il teschio con tibie incrociate e cranio lesionato (icona non casuale e che rimanda ai tempi più pionieristici dell’intero movimento), scelto in una versione assai simile a quello originale utilizzato da loro, per quanto abbia optato per una variante più ad “alta risoluzione” (mi si passi il termine) rispetto a quello usato dai ragazzi romani. Lo sfondo di entrambi i disegni è d’un rosso corposo e pieno, cercando il più possibile d’avvicinarmi a quello del loro materiale. Il bianco assoluto del teschio e delle scritte “spara” e contrasta totalmente col fondo rosso e vuol catturare la vista. Il font utilizzato per le scritte del primo disegno è volutamente più moderno e, unito alla sottile cornice pure bianca, azzarderei, casual, per quanto questo termine faccia a cazzotti con l’ideologia d’un gruppo che trova nella tradizione la propria stessa essenza. Il font del secondo disegno, invece, è volutamente più spartano e materiale, seppur lineare, a sposare appieno l’indole d’un gruppo anzitutto d’amici fraterni che viene dalla strada, ha vissuto nella strada, ma conserva e custodisce in sé un radicato substrato intimista e concettuale, alla perenne ricerca del senso più profondo e identitario dell’essere Ultras.

Curva Sud Benevento: Disegno dedicato a una delle tifoserie protagoniste d’una delle più belle vicende legate al Calcio degli ultimi anni. Benevento, una delle piazze storiche del centro-sud per quanto concerne la terza serie nazionale, dopo anni e anni di tentativi per conquistare il sogno della cadetteria – con un preliminare, tre semifinali e una finale play-off persi – finalmente, due anni fa, nella stagione 2015-16, è riuscito a vincere il campionato di Lega Pro/Serie C, centrando la prima posizione – che dà accesso direttamente alla promozione senza passare per la lotteria degli spareggi – nel raggruppamento più meridionale e imponendosi in una corsa serrata contro grandi corazzate quali Foggia e Lecce. Fu una vittoria strepitosa per la città e per tutta la provincia beneventana, espressione della parte più meridionale del Sannio.

Ma le sorprese, per gli stregoni – come sono chiamati storicamente i tifosi e i calciatori del Benevento, in riferimento ai riti pagani praticati in zona in epoca longobarda – non erano finite e al primo anno in Serie B – caso unico, di sempre, in Italia – la compagine campana ha conquistato, nell’ultimo torneo 2016-17, la promozione nella massima serie vincendo i play-off. Un premio più che meritato per una piazza e una tifoseria che per decenni e decenni hanno tribolato in Serie C e nelle serie minori, agognando una serie cadetta che pareva “maledetta” e impossibile da conquistare e che una volta raggiunta non è stata altro che un trampolino di lancio verso un sogno chiamato Serie A, che neppure il più ottimista degli ottimisti avrebbe mai potuto immaginare soltanto qualche anno prima. Merito d’un pubblico e d’una piazza che c’hanno sempre creduto e merito soprattutto d’una società calcistica seria, oculata e che ha saputo tradurre in esaltanti vittorie e cavalcate sportive una programmazione mirata e minuziosa.

Il pubblico beneventano – forse lontano dal classico stereotipo del tifoso campano focoso e facinoroso – pur non brillando per eccezionali numeri (intesi come cifre) ha sempre avuto uno zoccolo duro di Ultras che non ha mai mancato di far sentire il proprio calore, accompagnando le streghe in lungo e in largo per lo Stivale. Nell’ultimo torneo trionfale di Serie B, ovviamente, le cose sono andate sempre più migliorando e il Santa Colomba (oggi Vigorito), mai sceso al di sotto delle 7/8.000 presenze, ha realmente rappresentato il dodicesimo uomo in campo, esercitando una “pressione” incisiva e costante sugli avversari e rinvigorendo i fasti del vecchio stadio Meomartini che fu la prima e indimenticata casa del Benevento in cui l’ambiente era sempre molto caldo e in cui si scrissero pagine importanti dei vecchi tornei di Serie C e Quarta Serie il cui ricordo affonda negli anni più lontani, belli e perduti del Calcio italiano.

Sono convinto che anche sul palcoscenico più alto del nostro Calcio e negli stadi più grandi e famosi dell’italico pallone, i giallorossi sapranno farsi valere, vendendo cara la pelle e cercando di rinfocolare il sogno vissuto nelle due ultime clamorose stagioni, inseguendo la permanenza che avrebbe per Benevento la valenza d’uno Scudetto. E il Santa Colomba sarà l’arma in più per il Bene che dovrà per forza di cose cercare di costruire la propria salvezza tra le mura amiche e in questa direzione stanno muovendosi i gruppi della Curva Sud, cercando la strada d’una maggiore coesione e unità e cercando di coinvolgere l’intera provincia per portare sempre maggiori calore ed entusiasmo indispensabili più che mai, in questo esaltante frangente storico, alla causa stregona.

Per questo mio disegno, messa un attimo da parte la tentazione di ricorrere alla sempiterna icona della strega tanto cara da quelle parti, ho optato per una soluzione storico-calcistica. Sullo sfondo d’un tricolore pezzato verticalmente nei colori giallo, bianco e rosso (resi in tonalità molto vivaci e accese, sì da far risaltare maggiormente oggetti e scritte soprastanti), ho posto in posizione centrale un vecchio pallone retrò completo di cucitura. Ai suoi lati, in posa per così dire araldica, ho messo due elmi militari antichi, nella medesima colorazione del club, che rimandino a una delle pagine storiche più gloriose della terra sannita: le mitiche Forche Caudine, la cui controversa vicenda, datata 321 a.C., racconta in pratica una delle poche sconfitte che subirono gli antichi Romani padroni del mondo. Espediente, quello relativo alla gloriosa storia dell’antica Benevento e alle guerre sannitiche, ch’è stato spesso ripreso, vantato e celebrato anche nelle coreografie della Curva giallorossa degli ultimi anni. Tema che, probabilmente, potrebbe essere riproposto – e a maggior ragione – anche quest’anno in occasione delle sfide dei giallorossi contro le due compagini romane. Una storia e una leggenda che si mescolano al Calcio e al tifo, in chiave molto ironica e goliardica e che fanno parte del costume delle Curve italiane che spesso si punzecchiano, simpaticamente, anche in questo modo. È uno degli aspetti più ludici legati al tifo e personalmente non ci trovo niente di strano o di male. La scritta nera, superiore e inferiore, recante settore e città/squadra d’appartenenza – e che vuole idealmente comprendere l’intera side giallorossa piuttosto che l’omonimo gruppo – va ad incastrarsi tra gli elementi sopra descritti creando una sorta di bandiera che sa molto di Anni ’90.

Curva Nord Samb: Sono partito dal logo per realizzare questo disegno dedicato alla tifoseria rossoblu e alla sua meravigliosa Curva. Spendere tante parole per il popolo sportivo sambenedettese appare pleonastico: da sempre questa straordinaria tifoseria stupisce per i suoi numeri, il suo attaccamento, i suoi calore e colore. Se consideriamo la grandezza della città e l’eccezionalità del suo pubblico, a dispetto di categorie soprattutto negli ultimi anni non eccelse: davvero il confronto si fa arduo per chiunque, anche per piazze ben più grandi e di categoria superiore.

Già lo stemma precedente, quello circolare e che presentava la parte relativa alla barca a vela simile a quello scelto per questo disegno, mi piaceva. Ma quest’ultimo logo sociale è davvero troppo bello e viene da sé il volerne ricavare un disegno. Uno stemma ch’è affascinante nella sua concettualità che richiama il mare e la vocazione marinara d’un’antica città costiera, qual’è appunto San Benedetto del Tronto, che può vantare il porto peschereccio più importante e grande dell’intero Adriatico. Logo che ha dei colori che s’amalgamano perfettamente tra loro, il rosso e il blu, che uniti al bianco vanno a realizzare quasi un ricamo che rimanda a tempi passati e a vecchie casacche del club marchigiano che ricordano, in parte, le vecchie e bellissime maglie della Nazionale inglese degli Anni ’80, quella di capitan Mick Mills, per intenderci. A tale “gioco” di colori e scritte, delicate ma incisive (riportanti “ragione sociale” e anno di nascita del club), chi ha ideato questo geniale logo ha aggiunto, esternamente allo scudo – riprendendo comunque l’idea dai vecchi stemmi sociali della Samb – il classico Torrione (o Torre dei Gualtieri) ch’è uno dei monumenti più importanti, simbolici e iconici di San Benedetto.

Per realizzare il disegno non ho fatto altro che “caricare” maggiormente i colori dello stemma di cui sopra affinché risaltassero maggiormente. Quindi l’ho posto in posizione centrale su un’ipotetica bandiera rossoblu che avesse, rispetto al logo stesso, i colori ribaltati; il tutto per dare un senso di maggior movimento e dinamicità all’insieme. Sopra e sotto lo stemma ho posto la scritta CURVA NORD nel medesimo bianco dello scudo in un font elegante e cubitale. Una spessa cornice bianca dagli angoli stondati chiude idealmente il disegno e restituisce una sensazione un po’ anni ’80, se avete presente i vecchi loghi delle squadre di Calcio di Serie A e B, quando venivano “rilanciati” nella sigla iniziale delle sintesi delle più importanti partite della domenica che puntualmente la vecchia RAI mandava in onda per la gioia di tutti gli appassionati, grandi e piccini.

Milano Rossonera: Disegno dedicato alla Curva Sud di Milano e a una delle tifoserie storiche del panorama italiano ed europeo che tante e tante pagine hanno scritto della storia Ultras dagli Anni ’60 in poi. Secondo molti esegeti il tifo nel nostro Paese nacque a Torino, sponda granata. Però, per cominciare a parlare di forme di tifo così come lo abbiamo conosciuto fin da bambini – cioè con una precisa impronta e attitudine di fare “gruppo” pronto sia al sostegno che allo scontro, caratteristica imprescindibile dell’essere Ultras – bisogna necessariamente far riferimento alla Sud rossonera dove, intorno alla seconda metà degli Anni ’60, presero vita i primi veri gruppi Ultras italiani che avrebbero dato una precisa direzione poi seguita e imitata da mezzo mondo.

Negli Anni ’70 la Curva milanista crebbe di spessore e importanza, fino ad arrivare agli Anni ’80 in cui conobbe il suo momento di maggior espansione e partecipazione collettiva – culminata con la più grande trasferta di massa della storia del Calcio: gli 80.000 di Barcellona per la finale Coppa Campioni 1988/89 – toccando l’acme della propria celebrità. Una Curva che era uno spettacolo nello spettacolo e insieme alle grandi Curve italiane di quel periodo (Roma, Lazio, Napoli, Torino, Genoa, Fiorentina, Verona… solo per citare alcune tra le più importanti e celebri) fece grande il tifo della nostra Penisola, rendendolo del tutto peculiare, nonché apprezzato e quindi imitato anche all’estero.

Proprio a quel magico e irripetibile periodo è ispirato questo mio disegno in cui ho posto, in posizione centrale, il bel logo sociale della società meneghina a cui fanno, buona guardia, due teschi simmetrici che nella colorazione quanto nelle fattezze riportano irrimediabilmente alla memoria le Brigate Rossonere nate nel 1975 e che, insieme alla leggendaria Fossa dei Leoni, ha rappresentato il perno centrale attorno a cui far girare l’intero panorama Ultras milanista. Come sfondo, non a caso, ho scelto una sorta di drappo pezzato orizzontalmente nei colori rossoneri – caratteristica, quest’ultima, di chiara matrice Anni ’60/70 usata senza soluzione di continuità fino a oggi – e per il font, nel medesimo bianco di logo e teschi, ho usato un tipo di scrittura che fosse al contempo elegante e importante. Non ho voluto preferire nessun gruppo a un altro, ma con la semplice e inflazionata sigla Milano Rossonera ho creduto di poter rappresentare e raggruppare al meglio un’importante e imprescindibile realtà storica del panorama Ultras, che tanto ha dato all’intero movimento facendo innamorare di sé più d’una generazione di ragazzi. La sottile cornice bianca che corre lungo la parte più esterna del disegno, spezza un po’ la “monotonia” che potrebbe risultare da una combinazione di elementi smaccatamente retrò, conferendo all’insieme quel tocco di modernità che vuol rappresentare anche, idealmente, la continuità tra passato e presente, seppur in un mondo del tifo ch’è soltanto la pallida ombra di quel ch’è stato in passato in termini numerici e di grandezza.

Mastiffs Napoli: Gruppo, quello partenopeo dei Mastiffs, che più d’ogni altro è stato presente su questa rubrica, a significare un legame particolare che sento con questi ragazzi che ho sempre guardato con ammirazione e stupore. Come abbiamo già ampiamente visto in passato, i Mastiffs, nati nell’allora minoritaria Curva A di Fuorigrotta, rappresentarono – a partire dai primi Anni ’90 – la “rottura” con la vecchia tradizione napoletana del tifo da stadio retaggio degli anni ’70 e ’80, che aveva la sua casa storica nella famigerata Curva B, che tanto ha dato alla causa azzurra e all’intero movimento nazionale, ma che in quell’inizio Anni ’90 cominciò a mostrare più di qualche crepa fino ad arrivare allo smembramento del tifo nella vecchia Curva B, con la capitolazione e lo scioglimento del vecchio CUCB (che, al di là d’ogni polemica, resta uno dei gruppi più famosi e importanti della storia del tifo italiano, soprattutto a livello coreografico e folkloristico) e al conseguente ribaltamento dei ruoli con una Curva A che divenne la “prima” Curva di Napoli.

È passato oltre un quarto di secolo dall’apparizione dei Mastiffs e questo gruppo – inizialmente espressione del Centro Storico della popolosa Capitale del Sud – ha man mano sempre più ingrossato le proprie fila, contagiando con la sua “mentalità” il resto dei gruppi e rimane a tutt’oggi un punto di riferimento per migliaia e migliaia di tifosi del Napoli Calcio, squadra che ha imposto all’attenzione di tutti il proprio nome anche grazie a gruppi come quello oggetto di questa presentazione, amato, imitato, temuto e odiato in tutta Italia.

Venendo più specificamente a quest’ennesimo tributo al gruppo, ho cercato – per quanto possibile – di “recuperare” quella sensazione primigenia legata a vecchi ricordi dei primi Mastiffs. Sullo sfondo d’un azzurro carico e deciso, ho posto al centro l’immancabile testa d’un mastino, denti digrignanti e collarino borchiato a punte, nella più classica posa del cane da guardia, pronto a sbranare chiunque faccia un passo in avanti. M’è piaciuta quest’immagine, scelta tra decine e decine di “papabili”, per il fatto di ricordarmi, nelle pupille ribaltate, il primo e affascinante mastino che campeggiava sui primi striscioni e bandiere del gruppo e ch’è possibile vedere in molti murales in giro per la città, quello con borchia auricolare e scoppola a quadri biancazzurri da scugnizzo, per intenderci. Sopra e sotto il logo ho inserito le scritte esemplificative di gruppo e città e ai lati del mastino le cifre riguardanti l’anno di nascita.

Per una maggiore verosimiglianza col primo striscione dei Mastiffs, ho optato per un tipo di carattere “gotico”, espediente spesso associabile a tifoserie e gruppi (anche non Ultras) di estrema destra. A tal proposito c’è da dire che – fermo restando un senso d’appartenenza legato a posizioni patriottiche e nazionaliste insito nei Mastiffs – la scelta di questo tipo di carattere da parte di questi ragazzi partenopei, almeno credo, sia stata dettata soprattutto da una contingenza stilistica anziché politica. Il gruppo infatti – come ampiamente dimostrato nel corso dei decenni – ha sempre e soltanto perseguito un solo ideale e una sola politica: il Napoli. Per un maggior amalgama col mastino di cui sopra, ho dato un’ombreggiatura nera alle scritte (che risalta bene sul fondo azzurro), a destra delle stesse per la parte in lettere e simmetrica per le cifre. Una sottile riga inferiore recante i colori del tricolore italiano, dona quel senso di “luce” in più al disegno, generando in chi guarda una sensazione prettamente Anni ’90. Una piccola chicca: al fine di dare quel tocco e quella finezza in più, i denti e le pupille ribaltate del mastino sono in una tonalità più chiara rispetto al bianco usato per il resto del disegno. Una robusta cornice nera delimita e chiude il tutto.

Luca “Baffo” Gigli.

***

LE PUNTATE PRECEDENTI
One Step Beyond #1: Terni, Caserta, Samb, Lamezia, Milan, Parma, Lazio, Udine;
One Step Beyond #2: Palermo, Udine, Catania, Fiorentina, Pescara;
One Step Beyond #3: Verona, Roma, Milan, Inter;
One Step Beyond #4: Brescia, Napoli, Lazio, Palermo;
One Step Beyond #5: Livorno, Lazio, Nocera, Cavese;
One Step Beyond #6: Lazio, Savona, Cavese, Manfredonia;
One Step Beyond #7: Crotone, Pescara, Catania, Napoli.
One Step Beyond #8: Roma, Lazio, Palermo, Milan;
One Step Beyond #9: Spezia, Arezzo, Virtus Roma, Nocera, Cavese;
One Step Beyond #10: Lazio, Genoa, Napoli, Roma, Palermo.
One Step Beyond #11: Viterbo, Torino, Savona, Napoli;
One Step Beyond #12: Torino, Castel di Sangro, Livorno, Lazio;
One Step Beyond #13: Hertha BSC, Ancona, Napoli, Roma, Samp;
One Step Beyond #14: Inter, Alessandria, Samb, Roma.
One Step Beyond #15: Lecce, Bari, Cavese, Genoa;
One Step Beyond #16: Campobasso, Napoli, Lazio, Carpi;
One Step Beyond #17: Juve Stabia, Palermo, Perugia, Livorno, Cagliari;
One Step Beyond #18: Taranto, Avellino, Lucca, Cavese;
One Step Beyond #19: Cosenza, Catanzaro, Atalanta, Samp;
One Step Beyond #20: Salerno, Ideale Bari, Campobasso, Napoli;
One Step Beyond #21: Civitanova, Frosinone, Padova, Roma, Lazio;
One Step Beyond #22: Isernia, Padova, Genoa, Como;
One Step Beyond #23: Lazio, VeneziaMestre, Napoli, Gallipoli, Manfredonia;
One Step Beyond #24: Napoli, Vicenza, Milan, Inter, Fiorentina;
One Step Beyond #25: Isernia, Venezia Mestre, Inter, Manchester City;
One Step Beyond #26: Palermo, Paganese, Cavese, Novara, Nocerina, Newcastle;
One Step Beyond #27: Ideale Bari, Isernia, Matera, Manfredonia;
One Step Beyond #28: Lazio, Livorno, Ascoli, Pescara;
One Step Beyond #29: Verona, Lucchese, Napoli, Cavese, Lazio;
One Step Beyond #30: Crotone, Foggia, Genoa, Salernitana, Cagliari;
One Step Beyond #31: Fermana, Roma, Lazio, Terracina, Fiorentina;
One Step Beyond #32: Roma, Modena, Foggia, Campobasso, Inter;
One Step Beyond #33: Nocera, Cavese, Verona, Bari, Lazio;