Non so se il Parma vincerà questi playoff, ma da grandi e piccoli dettagli comprendo come sia già predestinato a riguadagnarsi un posto nell’élite del calcio: i numeri importanti per una Lega Pro, la curva piena, lo stadio curato come ai tempi della Serie A, il manto erboso impeccabile, l’organizzazione alla biglietteria e ai varchi, un’atmosfera quasi da stadio inglese senza assolutamente rinnegare un modo di tifare tipicamente italiano.

Mancavo dal Tardini da più di 15 anni. Quindi c’era ancora Tanzi, la Parmalat, il pubblico delle grandi occasioni. I parmensi li ho incrociati in più di un’occasione negli anni, ma dal vivo in una partita li vidi per l’ultima volta nel giorno del titolo di Campione d’Italia della Roma.

Rientrare a contatto con la realtà parmense non mi ha dato quel senso di vertigine tipico degli anni che passano, come ci fosse sempre stata una sorta di continuità di vita lungo la linea temporale. Sarà, appunto, il fatto di aver visto i crociati nel corso degli anni seppur in contesti diversi; sarà che i Boys ci sono ancora, seppur coi dovuti mutamenti dovuti all’evoluzione/involuzione del calcio; sarà che il salotto del Tardini sembra in grado di trasformare una partita – di qualunque categoria – in un evento; sarà anche la continua attenzione mediatica, mai scemata neanche in Serie D.

I playoff di Lega Pro, poi, sono veramente un evento. Figuriamoci se contro i rivali di sempre del Piacenza, coi due centri distanti appena 50 km. Ciò che ha negato, arbitrariamente, il calendario della stagione regolare, è stato restituito in fase di post-season. Ogni tanto esiste un po’ di giustizia nel calcio.

La partita di Domenica al Garilli si è risolta con un pareggio a reti bianche, punteggio gettonatissimo in questi ottavi di finale. Se il Parma resta la favorita d’obbligo per la vittoria finale, è altrettanto vero che i playoff non hanno regole prestabilite, e imbattersi in squadre combattive e imprevedibili come il Piacenza aumenta la difficoltà del livello. Si parla comunque di spareggi di fine primavera; conta tanto in che forma ci arrivi, con quale stato mentale, se la singola partita gira bene, se gli avversari possono ribaltare le sorti con la sola arma della motivazione e con una grinta mai mostrata prima in campionato.

Al Parma basta un pareggio per passare il turno, in virtù della miglior posizione nel proprio girone rispetto a quella del Piacenza nel suo. Quindi serve un’impresa ai biancorossi ma, come già dimostrato empiricamente, vittorie clamorose in trasferta in questi playoff non sono assolutamente inconsuete.

Il pubblico di fede gialloblu capisce l’importanza della partita e, in questo mercoledì serale, circa 7.500 persone riempiono il Tardini, mentre – dato ufficiale – i biglietti staccati a Piacenza sono 594.

Sui piacentini mi sono già espresso in diversi articoli passati. A dispetto del numero e al netto di tutti i fattori odierni penalizzanti (partita di mercoledì, un po’ di sfiducia sull’esito finale), il discorso va impostato sulla qualità più che sulla quantità. Come avrò modo di vedere, un buon 80% del contingente è di stampo ultras o comunque decide di sostenere attivamente la propria squadra, facendo un unico blocco con lo zoccolo duro. Questo, chiaramente, aumenta il percepito.

Giungo al Tardini in condizioni di estremo disagio: il traffico di Milano e il sole cocente non mi hanno risparmiato, facendomi arrivare a Parma troppo a ridosso della partita e con un traffico spietato. Come intravedo le prime persone intente a raggiungere a piedi lo stadio, improvviso un parcheggio alla meno peggio e mi precipito a recuperare il gap orario.

Da segnalare che al casello riesco a intravedere i pullman arrivati da Piacenza dirigersi, scortatissimi, verso la tangenziale, mentre per le auto private è stato organizzato un punto di raccolta con servizio navetta dal parcheggio allo stadio. Sul fronte dell’ordine pubblico, tutto filerà senza imprevisti di sorta.

Grazie alla perfetta organizzazione della squadra di casa entro con una ventina di minuti di anticipo sul manto di gioco. Poco male: nonostante tutti gli striscioni, da ambo le parti, siano posizionati, il grosso del pubblico arriverà solo ad estremo ridosso del fischio d’inizio.

Non ci sono coreografie particolari all’ingresso delle squadre, ma lo spettacolo è ugualmente di alto livello: in Curva Nord sventolano tantissime bandiere e numerosi bandieroni, rilasciando un effetto cromatico veramente notevole, spettacolarizzato da un po’ di sana ed innocua pirotecnica.

Sul fronte opposto, tante bandiere e sciarpe alzate per spronare il “Piace” a tentare l’impresa.

Conobbi molti anni fa l’arbitro Farina in treno, al vagone bar. Lui aveva appena arbitrato una partita, a Firenze; io e i miei compagni di viaggio scambiammo qualche battuta (citandogli lo striscione degli empolesi “Per salvarci abbiamo Pane, non ci serve Farina) e lui ci regalò un gagliardetto di una delle squadre che aveva appena diretto. Quel poco d’umanità condivisa fa sì che oggi sia un po’ più colpito dalla sua scomparsa prematura.

Sia su sponda Parma, sia su sponda opposta, qualche mugugno viene espresso durante il minuto di silenzio dedicato all’ex-arbitro, ed altri non sono d’accordo con chi non è d’accordo. Comunque e fino a prova contraria, la libertà di esprimere il proprio pensiero è un diritto sancito dalla Costituzione, indipendentemente dal tipo di idee.

La partita del tifo viaggia su due binari contrapposti: la curva di casa è praticamente piena. Certo, a tirare le redini sono le prime 10-15 fila in basso ma, quando tutto il settore partecipa – e non accade poche volte – i boati sono notevoli, così come lo spettacolo offerto dai battimani.

Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare: la Curva Bagnaresi è in grande forma, merita sicuramente il salto di categoria e ha un potenziale notevole. La capacità di coinvolgere con frequenza il pubblico più tranquillo è segno di maturità e sentire comune. Non mancano il colore né la sempre gradita accensione di qualche torcia, seppur con tutte le precauzioni del caso.

Unica pecca in una prova quasi perfetta, qualche attimo di silenzio di troppo o di tifo con pochi effettivi, bilanciato dalla capacità dei coristi, armati di megafono, di far riprendere – in qualsiasi momento – l’intensità al settore con dei notevoli battimani.

Belle e sentite le esultanze ai due gol del Parma nel secondo tempo; completano la prova della Nord una sciarpata davvero ben riuscita e il “bentornato” a Rocco.

La presenza degli UTC della Sampdoria è rappresentata dalla pezza esposta e da una bandiera che sventola di continuo appena al di sopra.

Su sponda piacentina, come già anticipato, da elogiare la continuità del tifo e soprattutto la qualità del blocco. Oltre alle tante offese ai locali, ricambiate e riprese spesso dai rivali, il settore è continuamente animato dalle tante bandiere e dalle tante occasioni in cui tutti gli effettivi alzano le braccia al cielo e tifano a ritmo. Nel primo tempo un coro viene tenuto per un quarto d’ora abbondante ma, un po’ paradossalmente, il meglio degli ospiti viene fuori nella ripresa dopo il primo gol subito, quando si intensificano i battimani e molti cori diventano dei boati uditi molto nitidamente dalla controparte.

I biancorossi sostengono la squadra fino alla fine, anche con l’uomo in meno e il secondo gol incassato. Il coro “orgogliosi di voi” è l’estrema sintesi della stagione del “Piace”: magari qualcuno sperava nei quarti di finale, ma un percorso in campionato un po’ più tortuoso del previsto e un accoppiamento micidiale ai playoff hanno frenato qualche ambizione in più. Resta il fatto che gli emiliani hanno fatto un buon campionato e non hanno sfigurato neanche oggi al passo d’addio.

A fine partita entrambe le squadre si recano sotto i rispettivi settori: più sbrigativo il saluto dei gialloblu, poiché ancora non si è vinto niente e quindi anche la gioia va dosata in attesa del prossimo avversario; un po’ più prolungato quello dei biancorossi poiché, su questa sponda, siamo ai titoli di coda.

Personalmente, nonostante qualche volta raggiungere la sede di una partita sottoponga a condizioni di stress e stanchezza mentale notevoli, vado via dal Tardini abbastanza appagato: sono ormai passati 10 anni dal post-Raciti, e il movimento ultras è sì mutato, ma sicuramente ancora in piedi.

Stefano Severi.