Li ho visti in piena forma in un derby a Jesi nel 1998, con l’Onda d’Urto ancora in auge. Li rividi nel 2007 ancora convalescenti e un po’ disorganizzati dopo lo scioglimento dello storico gruppo. Li rincontro oggi dopo undici anni, carichi e con tanta voglia di continuare una tradizione di tifo ultradecennale.

Quella dei Sambenedettesi è la storia di tante tifoserie, costrette a combattere con ricambi e trasformazioni al proprio interno e coi mutamenti genetici di un sistema calcio apertamente ostile.

Nel nostro movimento, si dice, essere una buona curva è tutta una questione di continuità: continuità nelle presenze; continuità dei singoli nel non disertare lo stadio; continuità nel ricambio generazionale; continuità nel modo di vivere la curva; continuità nei rapporti interpersonali; continuità nei riti che generano cultura.

Oggi, non solo allo stadio ma nella vita, chi è che può vantare questo requisito?

La continuità esiste solo per chi dedica la propria vita ad un qualcosa prendendolo per una missione; la continuità presuppone che il tuo habitat non muti mai e che, nel frattempo, non cambi neanche tu. E anche che, nel frattempo, nessun incidente di percorso o imprevisto interrompa il tuo cammino.

Per carità, la continuità non è impossibile, però la maggior parte delle tifoserie deve tribolare per poter superare i momenti difficili; un po’ come in un rapporto di coppia consumato dagli anni.

Proprio perché so quanto è tortuoso tornare su grandi livelli a dispetto di tutto i disagi possibili e immaginabili, ho avuto un gran piacere nel ritrovare, quest’oggi, i marchigiani in grande spolvero.

Molti i ragazzi giovani, tante le sigle più o meno recenti e, almeno a pelle, la sensazione di una forte continuità con un passato mai rinnegato. Anzi, coltivato e perseguito.

Di fronte, invece, i padroni di casa del Piacenza, una delle poche tifoserie che, nel bene o nel male, possono definirsi continue da tantissimi anni.

In balaustra le stesse facce che hanno dato una dimensione passionale e fedele al popolo biancorosso. Gli anni ci sono tutti ma la sensazione è che, pur invecchiando, il vino resta buono.

A dispetto di altre volte – sarà magari l’importanza della partita o qualcos’altro – noto sia fuori dallo stadio, sia nel gruppo piacentino, un bel po’ di ragazzi più giovani, proprio coloro che dovranno garantire una maggior continuità quando i più vecchi cederanno, loro malgrado, il passo.

Gli ingredienti per una grande sfida in campo e sugli spalti ci sono tutti e, devo dire, tutti i pronostici saranno rispettati.

È il secondo turno dei playoff di Serie C, partita di andata.

Il Piacenza, dopo un campionato piuttosto blando nel suo girone A, ha trovato continuità nel finale della stagione regolare e ha ribadito il suo stato di forma espugnando Monza al primo turno dei playoff, aggirando l’ostico tranello della partita a botta secca in trasferta, con un solo risultato utile per andare avanti.

La Sambenedettese arriva di diritto a questa gara, dopo l’ottimo terzo posto nel girone B.

Le due squadre non si incontrano dal lontanissimo Giugno del 1989; quindi, per la maggior parte dei convenuti sui gradoni, il match è un inedito dall’indubbio fascino.

Piacenza vive come sempre le grandi occasioni: buoni numeri (quasi 4.000 gli spettatori), tantissime persone con le bandiere, quasi tutti con la sciarpa, tanti striscioni esposti, molti di carattere storico.

Anche stavolta tutto il pubblico dei distinti accompagna sin da subito i “graduati” del tifo organizzato: l’ingresso in campo delle squadre è accompagnato da tanta voce, bandiere al vento, sciarpe alzate e anche qualche torcia, il che non guasta mai.

L’incitamento emiliano è sin da subito di alto livello. A cantare con assiduità sono le prime file, ma raramente queste faranno da soliste.

Per vedere veramente i sambenedettesi all’opera devo aspettare il quarto d’ora, quando arriva il grosso del contingente curvaiolo: prima di allora qualche coro sporadico e qualche torcia accesa da parte dei primi arrivati.

Con l’ingresso di Banda Raia, Futili Motivi e compagnia, gli ospiti cambiano marcia, il settore si compatta e lo spettacolo diventa completo.

Tra le due fazioni non sembra esserci grande simpatia: qualcuno, da ambo le parti, urla qualche sfottò, altri indirizzano gesti. Nel complesso, però, l’indifferenza sembra tenere. Quando alcuni singoli, su sponda Samb, provano ad indirizzare cori diretti contro Piacenza, vengono zittiti.

L’apice dell’ostilità si raggiunge quando i Piacentini cominciano ad intonare cori contro Rimini, fischiati dalla controparte, visto che tra rossoblu e biancorossi romagnoli vige uno storico gemellaggio.

A proposito di amicizie, tra i marchigiani appare anche uno striscione degli ultras tedeschi del Friburgo.

La partita è tutta da vedere, sia in campo sia sugli spalti.

Sul rettangolo verde parte meglio la Samb, anche se il Piacenza coglie quasi subito una clamorosa traversa.

La trafila delle reti si consuma tutta tra il 22° e il 35° minuto. Vanno in vantaggio gli ospiti con una ribattuta di Miracoli dopo che il portiere del Piacenza, Fumagalli, gli si era abilmente opposto: esultanza tra i giocatori ospiti, esultanza incontenibile anche per i tifosi del settore rossoblù.

Dopo appena 5 minuti una punizione dal limite, calciata rasoterra da Silva rimette in parità la questione: la tribuna del Garilli esplode per ripetersi dopo 8 minuti, quando è Bini, di testa su corner, a firmare il sorpasso e a fissare il punteggio definitivamente.

Ci sarebbe tutto il tempo per cambiare gli equilibri ma, nonostante lo sforzo di entrambe le squadre, si tornerà in campo a San Benedetto del Tronto con il vantaggio di 2 reti a 1 per gli emiliani.

Sugli spalti il tifo è coinvolgente e passionale da entrambe le parti, con alcuni picchi davvero notevoli.

Le due tifoserie danno il meglio di loro nella seconda metà del secondo tempo, quando il Garilli diventa un catino.

I piacentini tengono lo stesso coro per tutto il tempo e, sul finale, l’accompagnamento continuo di tutta la tribuna trascina i biancorossi ad un importantissimo successo. In questo frangente sciarpe e bandiere si fanno vedere con la stessa intensità dell’ingresso in campo delle squadre.

Cori continui, manate e decibel molto altri anche tra i circa 500 ospiti, che concludono la partita veramente in crescendo, anch’essi con molto colore. Nonostante il risultato avverso, la prestazione dei marchigiani è veramente di ottima fattura e, per rimanere in tema con l’articolo, continua.

Finisce con entrambe le squadre sotto ai rispettivi settori e altrettanti cori cantati col massimo delle potenzialità vocali.

Ogni tanto servono questi scontri inediti, essendo stimolanti per le rispettive tifoserie. C’è da scommettere in una partita molto interessante anche nella gara di ritorno.

Stefano Severi