Triangolare estivo che si gioca all’Arena Garibaldi di Pisa, le squadre interessate sono, oltre i padroni di casa, Carpi e Roj Dortmund.
Mi sarei aspettato una presenza benché minima dei carpigiani invece di loro nessuna traccia e, a sorpresa, le uniche presenze nel settore ospite sono riconducibili alla squadra tedesca. Nel prepartita ho l’occasione di scambiare qualche parola con un dirigente del Roj Dortmund che mi spiega le origini della squadra, la sua formazione e i programmi futuri. La squadra è composta principalmente da persone di origine curda, infatti, i tifosi che si sistemano nel settore non fanno mistero delle proprie origini: una bandiera del Kurdistan ed un paio con il volto di Ocalan mettono in chiaro provenienza e sentimenti di questi tifosi. Campanello d’allarme che suona per le rigorose misure d’ordine dello stadio: dopo pochi minuti dall’inizio della partita che vede Carpi e Roj affrontarsi, un paio di steward, assistiti da altrettante forze dell’ordine, si precipitano a sequestrare tutte le bandiere con un velo di disappunto e di incredulità da parte dei presenti, che non possono far altro che ubbidire. In tempi in cui la causa curda, impegnata sul versante siriano del suo territorio in una strenua battaglia contro il vituperato Stato Islamico, i presenti si aspettavano forse simpatia e appoggio, non già censura. Senza bandiere resta la voce: un paio di timidi “Kurdistan Kurdistan” ravvivano la serata, anche se il risultato sul terreno di gioco non è dei più positivi.

La curva di casa si presenta con larghi vuoti, inevitabile visto il periodo dell’anno e l’importanza dell’appuntamento. Un paio di cori contro la repressione, altrettanti per gli ultras scomparsi ed uno striscione per il mai dimenticato Sciascià è quello che offre la serata. Del resto, in questo caso, l’onda lunga delle diffide post Pisa – Brescia sta veramente monopolizzando l’attenzione di ultras e sportivi, il braccio di ferro è più duro che mai con decisioni che stanno andando ben al di là dell’ordinaria storia di repressione.

Valerio Poli.