Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità”, è una citazione attribuita a Joseph Gobbels, giornalista e politico tedesco, uno dei più importanti gerarchi nazionalsocialisti e Ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945.

Un aforisma che – e questo la dice lunga – è, di fatto, alla base di un certo tipo di informazione unilaterale e che, nonostante siano passati parecchi anni da quel periodo e da quel contesto storico, sembra essere quanto mai attuale anche nei giorni nostri. Grazie anche all’incapacità e all’incompetenza di alcuni giornalisti dei tempi moderni, perennemente alla ricerca, convulsa e frenetica, di visibilità e di sensazionalismo, senza per altro curarsi di verificare se e quanto raccontato nei propri articoli corrisponda o meno alla verità.

Eppure il controllo delle fonti e della veridicità delle notizie riportate è di fondamentale importanza per il codice deontologico dei giornalisti. Ma è evidente che in una società come questa, dove la condivisione su internet e sui social è diventata una priorità, ogni tipo di remora e di scrupolo in tal senso passa totalmente in secondo piano.

Viviamo in un’epoca durante la quale ci si abbevera alla fonte dello scalpore a tutti i costi: le classiche “notizie bomba”, quelle che raccontano indiscrezioni particolari o verità scomode e nascoste, sono senza dubbio le più lette e le più condivise sui social network, e per i siti di informazione (o presunti tali) che basano la propria esistenza sulla visibilità e sul cosiddetto “clickbaiting”, queste storie sono vera e propria manna dal cielo.

La maggior parte di queste storie, però, sono in realtà delle bufale create ad hoc per attirare visualizzazioni e attenzione, alcune delle quali, con la condivisione continua, finiscono per arrivare anche su autorevoli e distratte testate giornalistiche, assumendo ulteriore credibilità, diventando addirittura verità conclamate, nonostante siano palesemente false e inattendibili.

In questo frenetico delirio del tutto incontrollato, accade quindi che una pagina facebook chiamata “Storie romantiche sul calcio” (per altro chiaramente satirica, così come specificato dai propri autori nello spazio dedicato alle informazioni), pubblichi delle storie totalmente inventate su molti calciatori del nostro campionato, che vengono però ritenute attendibili da diversi e numerosi utenti, che iniziano a condividerle compulsivamente dando per assodato che quanto raccontato sia vero.

Nessuno (o quasi) si preoccupa di verificare da dove provengano quelle informazioni. Nessuno (o quasi) si preoccupa di andare a leggere le info della pagina facebook autrice del post, dove è chiaramente specificato che Ci inventiamo storie sul calcio palesemente finte. Perchè avete rotto il cazzo di far diventare tutto romantico. Perché la merda non è romantica.”. Nessuno (o quasi) si preoccupa di verificare l’effettiva esistenza dei fantomatici giornalisti citati al termine di ogni articolo (da Gennaro Strollo di Napoli News 25 a Lucas Rejetto di Radio Moi Lolita 101,5 FM, da David Indignato di Radio Milanello a Gianmario Scroto de Il Messaggio della Calabria).

Assolutamente no. L’imperativo unico è condividere. Condividere come se non ci fosse un domani. Condividere e dare per scontato che quella storia “romantica” sia vera. Sempre e comunque.

E come loro, ci cascano anche diverse pagine, più o meno celebri, che trattano l’argomento calcio e ultras.

È accaduto, ad esempio, recentemente con la storia di Klose che manda un ragazzino della Primavera della Lazio in un cantiere per fargli capire il valore del lavoro e del sacrificio, condivisa addirittura da numerose pagine laziali, con tanto di commenti a margine che si ostinavano a confermare la veridicità della vicenda.

Ma il massimo lo si raggiunge proprio in questi giorni con la vicenda legata alla finale di Champions League giocata a Cardiff tra la Juventus ed il Real Madrid.

A seguito del concitato trasferimento di Dani Alves al PSG, sempre la pagina “Storie romantiche sul calcio” (alla quale, tra l’altro, vanno i miei più sinceri complimenti perché sta contribuendo fattivamente a smascherare un certo tipo di giornalismo, approssimativo e superficiale) pensa bene di pubblicare una fantomatica dichiarazione dell’ex calciatore bianconero nella quale racconta di aver avuto una lite con Dybala prima dell’inizio della finalissima, in quanto l’attaccante juventino era poco concentrato e stava passando tutto il tempo a giocherellare con il suo smartphone. Una lite che termina con il telefonino scagliato sul pavimento dello spogliatoio e con la dirigenza bianconera che, alcuni giorni dopo la finale, prenderà le parti del giovane argentino.

Una bella storia, non c’è che dire. Ricca di particolari, ma ovviamente inventata di sana pianta.

Ma non tutti si premurano di verificare che quanto raccontato sia reale, e parte dunque la condivisione senza freni, alimentata inoltre dalla contemporanea vicenda legata al trasferimento di Bonucci al Milan conseguenza, secondo i “bene informati”, di una netta spaccatura all’interno dello spogliatoio juventino.

Apriti cielo. La storia di Dani Alves fa il giro del web, ripresa da centinaia e centinaia di utenti. E finisce addirittura sui giornali.

Il primo a pubblicare la notizia è Dagospia, seguito a ruota da Libero, Il Giornale, Giornalettismo, e Il Fatto Quotidiano. Per finire poi sulle pagine di Fox Sport e TuttoMercatoWeb. E via discorrendo.

Nel delirio più assoluto, mentre si cerca timidamente di far capire che l’indiscrezione rilanciata è chiaramente finta, qualcuno chiede addirittura lumi e assicurazioni su twitter a personaggi e giornalisti affermati, che confermano senza remore la veridicità della storia.

Il tutto in un vortice allucinante, e quanto mai irreale, basato sulla condivisione senza freni di una notizia palesemente inventata me che, ormai, pubblicata e rilanciata ovunque ha assunto la caratteristica di verità a tutti gli effetti, senza nessuna possibilità di smentita.

Proprio come affermato, alcuni anni fa, da Joseph Gobbels.

E, alla luce di tutto questo, viene spontaneo chiedersi quante delle informazioni che ogni santo giorno apprendiamo siano basate su fatti realmente avvenuti e soprattutto siano state effettivamente verificate prima di essere pubblicate? Quante delle informazioni che ci sono state propinate corrispondono alla realtà, e quante invece sono false, inventate, non confermate o manipolate ad hoc?

Domande alle quali difficilmente potremo dare una risposta esaustiva, ma che dovrebbero comunque farci riflettere e farci aprire ulteriormente gli occhi su come è gestita l’informazione attuale, affinché tutto quello che ci viene quotidianamente raccontato non venga preso sistematicamente per oro colato.

E chi, come il sottoscritto, è cresciuto in un mondo, come quello degli ultras (e da qualche anno sta pure provando a raccontarlo, in un certo senso), da sempre bistrattato e additato come il male assoluto del calcio ed il mostro da sbattere in prima pagina, non può che trovarsi a disagio di fronte a tali interrogativi. Interrogativi che, più che altro, dovrebbe porsi chi, da sempre, prende per oro colato l’annosa campagna di demonizzazione mediatica nei confronti del mondo ultras.

Daniele Caroleo.