Mi sento costretto a partire da un presupposto sportivo: la ridicolezza del campionato italiano di Serie A. Un torneo ormai dominato da una squadra – nettamente superiore a livello tecnico, organizzativo e di potere – dove già a gennaio è possibile sapere quasi tutti i responsi: dal vincitore finale alle retrocessioni.

Un campionato svuotato di tutti i suoi interessi diviene così una vetrina per partite futili (e spesso alquanto ambigue, ma nel Paese dell’eterno calcioscommesse questo è ormai un fattore fisiologico) e finisce per dissipare ancor più quel patrimonio culturale che è il tifo italiano.

Non ho potuto far a meno di pensarlo durante questo Roma-Juventus. Una partita che fino a qualche anno fa era sinonimo di fomento generale. Un momento corale a cui partecipavano ben volentieri anche le tribune, rumoreggiando ed inveendo per novanta minuti e oltre. Insomma, un clima ben differente da quello ovattato degli ultimi incontri tra giallorossi e bianconeri.

Anche in questa serata con la Sud di ritorno manca qualcosa. E quel qualcosa, l’ho capito rielaborando ogni frame di questa serata, è la spinta popolare del pubblico romanista. Perché? Sarebbe complesso e articolato da spiegare, ma “per farla corta e per farla breve” – come dice una nota canzoncina romanesca – gli spalti della Tevere, per esempio, un tempo espressione di quell’essere romanisti non “curvaioli” ma ugualmente viscerali e spontanei, sono ormai occupati per gran parte da turisti e avventori casuali (non solo occasionali, ma proprio casuali, cioè che si ritrovano lì per caso). E da loro non si può certo pretendere la bava alla bocca per un fallo non concesso o una vittoria maturata dopo tanti anni contro la Vecchia Signora.

E poi c’è, come accennato, l’aspetto sportivo. Sarà pur sempre un Roma-Juventus, ma inconsciamente è certo che la maggior parte dei presenti non abbia quell’incentivo dato da un vera lotta al vertice o dall’ambizione di un trofeo. Il secondo posto non accende gli animi e l’imborghesimento che ormai attanaglia il pubblico della massima serie finisce per generare un approccio più consono a un teatro che a uno stadio.

Mi spiace andare controcorrente, perché nell’immediato post partita ho sentito parlare di un grande ambiente e di uno stadio “carico”. Forse ho dei ricordi troppo accesi e vivi, in cui persino la Tribuna Monte Mario era in grado di alzarsi in piedi e gridare senza pudore. Siamo nell’epoca del bon-ton a tutti i costi, credo che dovrei essere più elastico con me stesso e il mondo che mi circonda. Ma per ora non ci riesco proprio.

Se parliamo prettamente della Curva Sud, sicuramente va detto che il tifo è stato al di sopra delle precedenti uscite, anche grazie al risultato che ha aiutato a mettere un po’ di pepe in più nell’atmosfera. A sprazzi ottimi i cori tenuti a lungo e come sempre molto belle le esultanze e i bandieroni sventolati costantemente.

L’ho detto ai margini di Roma-Lazio di Coppa Italia, che sancì il ritorno ufficiale della Sud: di strada da fare per tornare a livelli accettabili ce n’è sicuramente tanta. La curva, ancor più degli altri settori, ha risentito della “infiltrazione” di personaggi che con il tifo della Roma – e il calcio in generale – c’entrano ben poco (basta appostarsi alle uscite della Sud per fare la conta di nipponici con la macchinetta al collo, inglesi e tedeschi che pensano di esser stati al cinema e chi più ne ha più ne metta) e in futuro per scongiurare che ciò si ripeta, ci sarà bisogno di una massiccia campagna abbonamenti da parte dei romanisti che abitualmente hanno occupato quel settore. Tuttavia si rivedono i primi, lontani, spiragli di luce, almeno a livello di tifo.

La curva, che per tutti noi è il cuore del tifo, deve saper trasmettere senso d’appartenenza e quei valori che attraverso l’aggregazione riescono a fare di tutte le componenti un muro omogeneo in grado di respingere gli attacchi del mondo esterno. È il momento più difficile per il movimento ultras della Capitale e solo l’unità d’intenti può fungere da base per una vera e propria ripartenza. Ne ha bisogno la città, ne hanno bisogno i ragazzi che Roma la sentono sempre meno loro e sempre più ostile verso i propri punti di sfogo quotidiani.

Se devo trovare un aspetto positivo, complessivamente, direi che è stato bello rivedere uno stadio gremito. Pur senza dimenticare che nemmeno in una partita dal valore non certo primario come questa il prezzo minimo di un biglietto era di 35 Euro. Settantamila delle vecchie Lire per vedere una Juventus infarcita di seconde linee da una curva che dista centinaia di metri dal terreno di gioco. Anche questo è un cane che si morde la coda e in tempi di recessione è alquanto normale che tanti biglietti vadano a finire in mano a turisti ed affini.

Ancor peggio è andato ai tifosi ospiti, che di Euro ne hanno dovuti sborsare 45. Un prezzo che in proporzione è più alto di quello delle Tribune (compreso tra i 50 e gli 80 Euro). Colpa anche di un movimento ultras che negli ultimi anni ha totalmente abbandonato la battaglia sul caroprezzi. Una delle tante lotte lasciate morire per strada. In questi anni l’unione avrebbe fatto veramente la forza. È vero che ogni volta è sopraggiunto un qualcosa di più grande e gravoso da combattere, ma è pur vero che una presa di coscienza generale, a partire dalle piccole tematiche, avrebbe portato quanto meno ad arrecare maggiore fastidio alle teste non-pensanti che governano il nostro sgangherato pallone.

A proposito di settore ospiti, non me ne voglia nessuno, mi permetto di dire che la prestazione degli juventini in questa serata di metà maggio è stata una delle peggiori mai registrate all’Olimpico. Praticamente quattro o cinque i cori ben distinti (e cantati giusto all’inizio e nei momenti successivi al gol) poi mutismo pressoché totale. Non è un bel momento per il tifo organizzato bianconero e inoltre sembra che l’infinita sequela di vittorie abbia soltanto peggiorato l’approccio alle gradinate dei propri tifosi. E del resto, non avendo quasi mai rivali in Italia e giocando un campionato a sé, da un parte posso anche capire che le motivazioni per entrare allo stadio col veleno siano un po’ scemate.

Sul terreno di gioco, come accennato, la Roma ritrova il successo contro i bianconeri dopo qualche anno. All’iniziale vantaggio di Lemina rispondono De Rossi, El Shaarawy e Nainggolan, mettendo una seria ipoteca sul secondo posto.

Testo di Simone Meloni.
Foto di Salvatore Izzo.