L’autobus numero 32 è in ritardo di almeno mezz’ora. La gente si ammassa nevrotica sulla banchina, mentre a me sembra di rivedere alcune scene della mia adolescenza. Su quel lembo di marciapiede, a pochi metri dalla stazione metro Ottaviano, ho fatto spesso la proverbiale “buca”, attendendo anche più di un’ora quel maledetto torpedone.

Ho smesso di prenderlo regolarmente ormai da una decina di anni. Mi ci ritrovo ogni tanto, con l’intenzione di accorciare il percorso verso il botteghini degli accrediti. Armato di app in grado di fornirmi gli orari del suo passaggio. Inutile dire che oggi questi non vengano minimamente rispettati.

Alcuni ragazzi con la bandiera azera mi precedono, facendo abbastanza baccano per causare la divertita reazione di una decina di tifosi romanisti. Il tutto si risolve con un “Roma, Roma!” e “Qarabag, Qarabag!”. Davvero troppo distanti da qualsiasi concezione di tifo organizzato e da ogni logica “maliziosa” a cui siamo abituati in Europa per essere attaccati da qualcuno.

Se ne rende conto anche la polizia evidentemente, che li lascia transitare su Lungotevere con sciarpe e bandiere senza batter ciglio. E alla fine della fiera, volendo essere franchi, risulteranno anche meglio di tante tifoserie viste all’Olimpico. Almeno considerata la distanza, i costi del viaggio e anche quelli del biglietto dello stadio. Basti pensare che i romanisti a Baku hanno pagato il tagliando 1,50 Euro, mentre i supporter del Qarabag non avranno sborsato meno di 40 Euro. Provenendo da un Paese dove lo stipendio medio non va oltre i 250 Euro.

La storia del club azero, originario della città di Agdam ma esiliato a forza nella Capitale da ormai 25 anni a causa dei bombardamenti armeni che distrussero sia la città che lo stadio, è salita agli albori delle cronache negli ultimi tempi, proprio grazie ai successi del Qarabag. A tal proposito merita sicuramente lettura uno dei diversi articoli realizzati da Damiano Benzoni. Una squadra che inoltre non è da considerare “materasso”. Lo dimostrano l’ormai consolidata partecipazione alle coppe europee e anche i discreti risultati ottenuti con molte “big”, messe in difficoltà sia in casa che fuori grazie a una tenacia e a un’ottima organizzazione di gioco. La Roma stessa, nonostante le due vittorie nelle rispettive gare del girone, non ha avuto di certo vita facile.

Se prima si parlava di prezzi alti per gli azeri, non vanno certo considerati facilmente accessibili per i tifosi capitolini. E il colpo d’occhio lo dimostra. Per una partita del genere, fondamentale per il passaggio del turno, un tempo si sarebbe registrato il tutto esaurito, mentre oggi si stenta a superare i 30.000. Sarò anche ripetitivo, ma con curve a 30 Euro, Distini a 40 e Tevere a 70 è davvero difficile pretendere il sold out. L’esigenza di un “prezzario popolare” è stata messa nero su bianco da Roma-Spal, dove la società giallorossa ha invece attuato un’intelligente ribasso dei tagliandi, ottenendo un ottimo colpo d’occhio malgrado il match disputato alle 18:30 di venerdì.

Dato che questo martedì verrà ricordato anche come quello del “sì” ufficiale allo stadio, sin da oggi si sottolinei e si spinga sull’importanza di questo aspetto. Stadio nuovo non dovrà voler dire eliminazione della classe meno abbiente, ma comprensione di tutti i tifosi della Roma. Vale a dire biglietti e abbonamenti acquistabili da tutti.

Venendo alla partita degli spalti, nonostante i numeri non alti, il pubblico di stasera sembra aver un piglio diverso rispetto a tante partite in cui l’Olimpico ha offerto scenari svogliati e un po’ mosci. La Sud offre una buona prestazione, sembrando finalmente in grado di scrollarsi di dosso quella zavorra che troppo volte non le ha permesso di spiccare il volo, malgrado un potenziale notevole. Il collante tra muretti e parte bassa è forte e il sostegno ne risente in positivo. Buona l’intensità e la continuità nei cori, sempre bello l’incessante sventolio dei bandieroni che colora il settore per tutta la partita. Ottima anche l’esultanza al decisivo gol di Perotti, a inizio ripresa.

E se la Sud è degna di nota, oggi anche i due muretti della Nord meritano menzione. Bella la coreografia con le bandierine che appare su quello contiguo al settore ospiti, mentre da sottolineare l’esposizione di uno stendardo raffigurante il volto di Federico Aldrovandi in quello sotto al tabellino. Un messaggio di solidarietà ai tifosi della Spal, cui era stato vietato l’ingresso del bandierone con la stessa immagine qualche giorno prima, ma anche nei confronti di chi vorrebbe l’eliminazione del suo ricordo. Magari per pulirsi la coscienza. Come diceva De André nella sua splendida Canzone del maggio? “Anche se vi credete assolti siete lo stesso coinvolti…”.

Come detto la Roma vince per 1-0 conquistando la qualificazione. A partita terminata si attende il risultato di Chelsea-Atletico Madrid, che determinerà il posizionamento dei capitolini. Squadra e tifosi sembrano stringersi in un’attesa che sa di vecchio calcio, quando giocatori e pubblico erano un’unica entità. Purtroppo, invece, da troppo tempo a Roma (e non solo) le due componenti vivono distanti e distanziate. E i rari saluti dei calciatori verso la propria gente ne sono il fulgido esempio.

Finisce con l’esultanza di tutti per il pareggio di Stamford Bridge che regala la vetta del raggruppamento alla Roma. Esultanza che viene però un pochino smorzata dall’ormai odiosa moda di sparare musica a palla in fase di pre e post partita. Ok una canzone per celebrare la vittoria, ma tramutare gli spalti in discoteche è davvero fastidioso, oltre che lesivo all’unica musica che si dovrebbe udire sulle gradinate: quella del tifo!

Simone Meloni