Un personaggio mi salta alla mente prima di tutto quando sento nominare San Giorgio a Cremano. Si tratta di Massimo Troisi, che in questo paese – uno dei primi della fascia vesuviana venendo da Napoli – è nato e cresciuto. Uno che ha segnato fortemente la recente storia culturale dell’Italia. E non solo in fatto di cinematografia. Uno che è entrato di diritto nella nostra lingua parlata e figurata, venendo sovente citato per gioco ma anche per mettere in metafora qualcosa di più profondo.

Ma questo paesone (45.000 abitanti, il terzo nell’area metropolitana di Napoli), che deve il suo nome al “battagliero” San Giorgio – a cui la leggenda dà il merito di aver salvato i cittadini da un’eruzione del Vesuvio alla fine del X secolo –  è anche legato visceralmente alla figura del pittore Luca Giordano e a quella del celebre comico Alighiero Noschese.

In questi anni di tour per il circondario partenopeo sono passato tante volte di qua, senza mai trovare l’occasione di fermarmi. Conosco ogni singolo frammento visibile dalla Circumvesuviana in marcia. Mi ricordo gli angoli delle stazioni, le case costruite l’una sull’altra e quell’eterna immagine caoticamente profonda che solo Napoli e il suo hinterland ti sanno dare. E solo quando il sole attenta all’incolumità della mia testa, per le vie di San Giorgio, mi rendo conto di aver messo un altro tassello mancante alla mia personale mappa geografica dei posti visitati grazie al pallone.

Perché parliamoci chiaro: se questa masnada di folli che ogni domenica girano lo Stivale per seguire le partitelle avesse fatto altro nella vita, in quanti avrebbero conosciuto posti sperduti tra le Alpi e gli Appennini o paesini piccoli e spesso nascosti al grande pubblico? I radical chic di turno ci vogliono inculcare che il calcio non sia cultura, ma dicono una fesseria abnorme. Se vissuto in maniera giusto il calcio crea sapere, stimola la mente a conoscere e accresce l’interesse per materie – come la storia e la geografia – strettamente connesse a esso.

Sta di fatto che assieme all’allegra ciurma con cui ho viaggiato riusciamo nell’impresa di saltare la fermata perché immersi nelle nostre chiacchiere, vedendoci costretti a scendere in quella successiva: Cavalli di Bronzo. Non un posto a caso per chi – appunto – ha prestato attenzione alla carriera di Troisi. Via Cavalli di Bronzo 31, infatti, è l’indirizzo che in “Ricomincio da tre” il papà del protagonista Gaetano dà alla Madonna pregando. In realtà si tratta del vero indirizzo dove negli anni sessanta si trasferì la famiglia del comico.

L’ora di pranzo fa delle strade un vero e proprio deserto e soltanto avvicinandoci allo stadio cominciamo ad intravedere i primi movimenti, fino all’arrivo in fila indiana dei pullman contenenti i tifosi ospiti.

È l’ultima domenica di pallone per questa annata. E per onorarla al meglio ho scelto una sfida inedita: campo nuovo e tifoserie mai viste all’opera. Certo, il 2-0 dell’Altamura all’andata ha indirizzato chiaramente il discorso promozione, ma il popolo sangiorgese non vuol lasciare nulla al caso e in settimana ci sono stati tanti proclami per portare la gente allo stadio, nel tentativo di ribaltare il risultato.

Fattore numerico che ha creato non poche polemiche ai piedi delle Murge. Formalmente i biglietti a disposizione dei tifosi biancorossi sono soltanto 170, come disposto per il settore ospiti del piccolo stadio Paudice. Una quantità che ovviamente non soddisfa la massiccia richiesta proveniente da Altamura. Sta di fatto che a settore riempito si potrà chiaramente notare come – stranamente – si sia optato per utilizzare un po’ di buon senso e far entrare qualcosina in più rispetto a quelli consentiti.

Che poi, pur essendo un settore abbastanza piccolo, personalmente ritengo che potesse tenere davvero più di 170 persone. Ma siamo in Italia e anche quando un problema non sussiste bisogna crearlo per poi poter sostenere di averlo risolto. Malgrado parliamo di Eccellenza e di una sfida senza rivalità tra le opposte fazioni, non dimentichiamolo.

Il caldo asfissiante costringe buona parte dei presenti a rimanere senza maglietta, mentre anche la tribuna di casa offre un bel colpo d’occhio. Agli spettatori ufficiali vanno aggiunti quelli “ufficiosi” posti sui numerosi balconi che sovrastano il campo: un vero e proprio spettacolo nello spettacolo. Famiglie e signore di una certa età tutte appollaiate sulle ringhiere dei balconi a soffrire per la propria squadra.

Dopo alcune premiazioni arriva il momento dell’ingresso in campo da parte delle squadre. Il settore ospiti si accende con una bella torciata condita anche da fumogeni sparsi. Un bello spettacolo a cui fa da contraltare il bandierone granata issato al centro della tribuna di casa, proprio al lato del manipolo di ultras sangiorgesi che sin da subito si mette in mostra con belle manate e cori a rispondere, tutto in stile prettamente partenopeo.

Come detto è la prima volta che mi trovo al cospetto delle due tifoserie. Degli altamurani ho un ricordo di riflesso, quando nel 2005 disputarono al Flaminio una finale di Coppa contro la Colognese. Io non andai (faccio ammenda, non lo sapevo) e ne venni a conoscenza solo quando vidi alcuni ragazzi raggiungere l’Olimpico – dove la sera giocava la Roma – con alcune sciarpe biancorosse. Spesero buone parole per i tifosi pugliesi e fondamentalmente da quella vota mi rimase la curiosità di vederli all’opera.

Sarà anche perché all’Altamura associo uno dei miei primi album Panini, quello della stagione 1996/1997, con la Leonessa in Serie C2.

Curiosità che alla fine viene ben ripagata grazie alla bella prova canora dei biancorossi. Partendo dal presupposto che era tutt’altro che facile compattarsi in un settore così piccolo e lungo, con molta gente costretta a stare attaccata alle reti per non soffocare. Il risultato finale è di tutto rispetto: tanto colore, tifo tenuto praticamente sempre in alto (con un secondo tempo davvero di ottima fattura) e massiccia partecipazione corale da parte dei presenti. Ad Altamura c’è entusiasmo e si vede ed è anche innegabile che il germoglio ultras – malgrado abbia conosciuto fasi alterne dovute anche alle molteplici trasformazioni del club cittadino – sia ben instillato nella mente di molti ragazzi.

Mi è sembrato di vedere un bel connubio tra vecchi e giovani. La Serie D conquistata sul campo sarà un traguardo importante per testare le proprie ambizioni e le proprie qualità. A livello calcistico ma soprattutto a livello di tifoseria. Il poter tornare a viaggiare oltre i confini della Puglia può soltanto far bene a una tifoseria in ascesa come quella altamurana.

Per quanto riguarda i supporter di casa, dicevamo del loro marcato stile napoletano. Una prova tutto sommato buona, beninteso che generalmente (almeno a giudicare da alcune foto viste) i loro numeri sono molto inferiori rispetto a quelli odierni. Ma del resto il San Giorgio non ha una tradizione calcistica forte e di prestigio come le vicine Torre del Greco e Torre Annunziata ed essendo praticamente una propaggine di Napoli non deve essere per nulla facile invogliare il seguito attorno a una squadra che galleggia sempre tra l’Eccellenza e le serie inferiori.

Ci sono applausi per tutti però al fischio finale (0-0 il risultato) che sancisce la promozione in D dei pugliesi. Per i campani c’è l’ultimo abbraccio con il proprio pubblico mentre per gli ospiti si fa largo una piccola invasione di campo e la bella festa sotto al settore. Qualcuno tira fuori la classica forma di pane d’Altamura mentre altri abbracciano giocatori e mister per ringraziarli di un traguardo atteso ormai da quindici anni.

Lo stadio va man mano svuotandosi, con i torpedoni ospiti che si incolonnano verso l’autostrada per tornare verso casa, dove li attende la festa serale da parte di tutto il paese.

Anche per me la giornata è terminata. La stanchezza, acuita dalla forte calura, si fa sentire e mi consiglia di rimettermi in marcia verso casa.

La Serie D del prossimo anno si prospetta interessane e ricca di sfide piene di fascino. Non può che essere uno spasso per chi ama il calcio dilettantistico e le sue tifoserie, spesso meritevoli di ben altri palcoscenici.

Simone Meloni