Eppure prima che arrivasse la Serie C con i suoi divieti e le sue restrizioni, lo sfizio di vedere la Casertana al “Pinto” me lo dovevo togliere. Leggo sul giornale che la società rossoblu ha organizzato un’amichevole di lusso mercoledì 21 contro la Juve Stabia. Ecco l’occasione, non me la posso far sfuggire. La prima partita dopo la promozione sono sicuro che sarà da vedere. Dopo più di 15 anni i “Falchi” hanno fatto il loro ritorno nel calcio professionistico e questo, in una città che da sempre vive di sport, non può certamente passare inosservato. Oltretutto le due tifoserie sono legate da una forte amicizia e ciò mi permetterà certamente di vedere all’opera anche una rappresentanza ospite. Considerati i tempi di magra che attraversiamo, direi che gli ingredienti per una bella serata ci sono tutti.
Ore 14,01 Stazione Termini, treno Regionale per Benevento. Si parte. Chiunque ogni tanto arrivi almeno alla ventesima riga dei miei logorroici racconti, sa quanto ami viaggiare sui treni, se poi questi sono vetusti, fetidi e pericolanti allora è ancora meglio. È proprio il caso di questo Regionale. Trasuda sporcizia da tutti i pori ed i suoi occupanti offrono uno spicchio d’Italia che ancora resiste all’omologazione ed all’amena modernità. Con i libri dell’università, guarda caso sociologia, il viaggio trascorre tutto sommato abbastanza veloce e le due ore che mi separano da Caserta vengono ottimizzate portandomi avanti di qualche pagina con lo studio. Peccato che mi sia fatto male i calcoli, e con la partita che si gioca alle 20, quando l’orologio segna le 16:15 io sono già a destinazione. Vorrei raggiungere Casertavecchia, piccolo centro medioevale a una decina di chilometri dalla stazione, ma gli orari troppo risicati dell’autobus non me lo permettono. Così opto per un giro nei giardini della Reggia, che ricordavo esser gratuiti (almeno quelli dell’entrata). Ma niente, ci sono i tornelli ed ormai anche per mettere un solo piede in uno dei siti storici obiettivamente più belli d’Italia si deve pagare. Ci sono stato tre volte in vita mia e quindi decido di fare marcia indietro. Passerò un’oretta e mezza in giro per il Corso per poi avviarmi verso lo stadio. Essendo in pieno Agosto è ovviamente quasi tutto chiuso e di gente in giro ce n’è davvero poca. Rientro in stazione, scatto qualche foto alle vecchie littorine ancora in esercizio sulla linea per Napoli via Cancello e poi, intorno alle 18:30, m’incammino direzione “Pinto”, distante circa 2 km.

Man mano che mi avvicino, noto sempre più bandiere e sciarpe con i colori sociali della Casertana, intuendo come il clima sia quello delle grandi occasioni. Una volta arrivato davanti ai cancelli, per prima cosa voglio accertarmi che il mio accredito ci sia. Mi avvicino alla porta carraia e chiedo ad uno steward che annuisce. Mentre sosto un po’ là davanti per vedere l’affluenza dei tifosi e l’arrivo degli stabiesi, noto che anche qui i tentacoli del professionismo stiano creando disagi. Tutti infatti vorrebbero parcheggiare a ridosso dello stadio, cosa evidentemente consentita fino allo scorso anno. Ma stewards e polizia spiegano che dalla stagione che verrà, molte cose cambieranno e bla bla bla. Insomma, ciò suffraga quello che sostengo ormai da anni. Chi ha la Serie D se la tenga stretta. Certo, io capisco che i tifosi casertani dopo oltre tre lustri di dilettantismo pretendessero serie consone alla propria squadra ed alla propria città, ma alla fine della fiera, secondo me, i disagi superano di gran lunga i vantaggi e le soddisfazioni. Poi chiaro, io ragiono da un punto di vista “curvaiolo”. Al tifoso di tribuna che magari spenderebbe anche 400 euro per un abbonamento e farebbe la tessera per seguire la squadra in trasferta senza problemi perché “io non ho niente da nascondere”, non interessa di vedere una curva bella, festante e colorata ma preferisce il bomber della propria squadra che fa una quaterna a partita.
Uscendo dalla noia di discorsi triti e ritriti torniamo a noi. Quando manca una mezz’ora al fischio d’inizio arrivano anche gli ultras di Castellammare, salutando subito amichevolmente i padroni di case con cori e birre. Io decido di entrare e con insolita facilità accedo prima negli spogliatoi, prendendo la casacca, e poi direttamente sul campo. Ora, qui davanti mi ritrovo l’intero corredo dei casertani ma, soprattutto, mi ritrovo davanti quel Fedayn Bronx lunghissimo che ammiravo da bambino sulle pagine di Supertifo. Sono stupidaggini forse, gioie infantili, ma vederlo dal vivo mi fa davvero piacere. Ci sono poi una miriade di altri striscioni e pezze nei Distinti, settore che storicamente ospita il tifo caldo dei “Falchi”. Dopo qualche minuto entrano nel settore ospiti gli stabiesi, in totale ci sono circa cento tifosi gialloblu, di cui una cinquantina di ultras che appendono sulla vetrata Curva Sud Stabiae e la pezzetta Ultras non Codificabili. Manca poco all’inizio del match ma dal settore di casa già si sentono i primi cori ritmati dal tamburo ed un paio di torce vengono accese. Niente male come premessa.

Le squadre fanno la loro entrata in campo, lo stadio è pieno praticamente in ogni ordine di posto. I casertani accendono parecchie torce tendendo contemporaneamente le sciarpe. Davvero bella sensazione.
Comincia l’incontro e comincia lo spettacolo del tifo rossoblu: cori tenuti a lungo, battimani sincronizzati, torce, fumogeni, tutta la Curva che a tratti salta e balla. Per un momento mi sembra davvero di esser tornato indietro di qualche anno. Cori di stima tra le due tifoserie ed uno striscione dei Fedayn Bronx che recita: “Salutiamo Castellammare”. Gli stabiesi, dal canto loro, tifano forse in maniera un po’ discontinua ma, tuttavia, vanno alquanto bene trattandosi di un’amichevole estiva che per loro, in fondo, calcisticamente, non ha davvero nessun significato.
In campo i padroni di casa se la giocano alla pari contro una formazioni superiore di tre categorie ed è incredibile vedere come il pubblico s’infiammi quasi si trattasse di una partita vera. Rimango colpito dal tutto, inutile girarci attorno. Forse non sono più abituato a vedere una curva che canta per intero facendolo con trasporto e passione. Ormai i nostri standard sono tutt’altra cosa e spesso ci si trova al cospetto di tifoserie che sembra siano là per dovere o per assolvere ad un compito o un lavoro. Invece qua, a pochi chilometri da Napoli, con una delle più importanti squadre del calcio italiano che chiaramente porta via tifosi, c’è una realtà che ha resistito ad anni di oblio e stasera sta forse sfogando tutti i sentimenti accumulati, gioiosi o rabbiosi che siano.
Non mancano ovviamente i cori contro il nemico comune, i salernitani. Derby, quelli campani, a cui ho sempre sognato di partecipare. Questo oggi non sarà mai più possibile forse, ma l’odio, la passione, la violenza ed il trasporto che c’era, ed in parte c’è ancora da queste parti, tra questi paesi spesso divisi da una manciata di chilometri, è stato e rimarrà un qualcosa di unico e spettacolare per il calcio italiano. Ma è inutile intristirsi in questa serata, voglio godermi con spensieratezza il tifo.

Al rientro delle squadre in campo ecco le tifoserie ricompattarsi. Se c’è una cosa che davvero mi fa scendere l’entusiasmo durante la partita, in genere è l’inizio del secondo tempo quando, ma questo dalla luce dei tempi del movimento ultras credo, le curve non si sa perché calano fisiologicamente. È un qualcosa di matematico, se non vi è mai capitato fateci caso. Temevo quindi questo crollo che però i casertani hanno saputo gestire molto bene, riscaldando nuovamente i motori e ritornando su ottimi livelli. Ancora tante torce e molte bandiere a sventolare. Questa è una delle cose che più mi è piaciuta, vedere una moltitudine di vessilli rossoblu issarsi al cielo. Ormai siamo quasi abituati al poco colore ed invece stasera, per alcuni momenti, ho avuto dei flashback di alcune fotografie anni ‘90 in cui le curve erano ricche di bandiere e sciarpe. Cosa che in fondo, almeno credo, abbia attirato tutti noi inizialmente verso il mondo del tifo. L’attrazione per il colore, il folklore, la passione. Inutile fare paragoni con gli inglesi ed i loro hooligans. Come a molti piace fare negli ultimi anni. Noi siamo stati, ed in parte lo siamo ancora, un mix di tutto. Tifo, violenza, intelligenza e fantasia. E forse sarò presuntuoso, ma penso che possiamo tutti essere d’accordo nel dire che i nostri anni ‘70, ‘80 e ‘90 hanno formato la poi tanto decantata e sputtanata “mentalità ultras”, o meglio il modo di essere ultras dentro e fuori gli stadi, che tutta l’Europa ha copiato ed incollato all’interno delle proprie tifoserie. Est e Balcani compresi. Ogni tanto, quando si vivono belle giornate di tifo, è bene ricordarlo, dal momento in cui ormai tendiamo sempre a buttare l’occhio oltre i nostri confini guardando con ammirazione e compiacenza movimenti che spesso sono il massimo dello stile nelle foto ma il minimo della “ciccia” nella sostanza.
In tutto ciò devo dire che la mia macchinetta mi avrà senz’altro maledetto, incamerando foto e video tanto da finire praticamente tutto lo spazio disponibile. Oltre al gran tifo di marca rossoblu, nel secondo tempo c’è da segnalare la buona prestazione degli stabiesi condita anche dall’accensione di un fumogeno arancione.
La partita nel frattempo si porta avanti con la Juve Stabia più impegnata a respingere le offensive casertane che a cercare il gol del vantaggio. Al fischio finale del direttore di gara il punteggio è di 0-0. Una prestazione che strappa gli scroscianti applausi del “Pinto” mentre il settore dei Fedayn Bronx continua a saltare e ballare sul coro “E gireremo tutto lo Stivale, cantando sempre forza Casertana…” tenuto per almeno un quarto d’ora.
Quando le squadre abbandonano definitivamente il terreno di gioco, le due tifoserie restano ancora un po’ dentro per salutarsi, scambiarsi i vicendevoli attestati di stima e beccare nemici comuni come savoiardi e nocerini.
Dopo aver scattato le ultime foto, riconsegno la pettorina ed abbandono lentamente lo stadio. Al di fuori della Tribuna sono tante le scritte, tutte molto belle e colorate. Mi soffermo a rimirarle un po’ per poi avviarmi verso la stazione. Il treno per Roma passerà tra qualche ora, casertani e stabiesi stanno già festeggiando assieme tra birre, vino, pasta e pizza. Guardandoli penso che la fratellanza ed il rispetto tra chi parla la stessa lingua è un qualcosa che forse non potranno mai vietarci. Però, come sarebbe bello tornare ad un calcio, non dico tanto libero e pulito, ma almeno vivibile, in cui la maggior parte delle trasferte siano aperte e negli stadi vrnga lasciata ai tifosi la possibilità di esprimersi liberamente. Perché fondamentalmente, se sulla violenza si può discutere e comprendere relativamente le misure per arginarla, la repressione e l’oppressione del folklore, di una coreografia, di una torcia accesa, di uno striscione, di un megafono e di un tamburo restano veramente incomprensibili. E dal mio modesto punto di vista rientrano in quel temibile quadro di annientamento delle caratteristiche e diversità del nostro paese. Vogliono toglierci ogni forma di divertimento alternativo e di folklore spacciandoli sempre come pericoli per la sicurezza e per l’ordine pubblico. La verità è che stanno riducendo un paese vivo, amabile, esplosivo e festoso come il nostro in un ameno paesaggio per robottini asettici ed omologati. Chi può quindi continui a tenersi stretti i propri spazi di aggregazione e tramandi alle generazioni future la nostra cultura e le nostre tradizioni. Ormai vogliono farci credere che insegnare ai più giovani l’amore per la propria terra, i propri costumi ed il proprio folklore sia un qualcosa di datato. Vecchio. Antico. E soprattutto politicamente scorretto. Razzista. Sono questi gli ultimi pensieri prima che il treno per Formia si fermi sulla banchina, ripartendo stancamente alla volta della cittadina tirrenica. Poi da là ultimo cambio e in un’ora e mezza sono a Roma. Stanco, sporco e fetido. Proprio come il treno dell’andata. Ma contento e soddisfatto di aver passato la serata sul manto erboso del “Pinto”. La speranza resta quella che la Serie C non distrugga quanto di bello ancora esiste a Caserta. Staremo a vedere.

Simone Meloni.