Mancavo da un po’ dal “Dino Manuzzi”, stanco di tessere, divieti ed altre esasperazioni che mi avevano spinto nei campi minori a respirare, o almeno cercare di farlo, le vecchie atmosfere del calcio italiano che fu, dove la tifoseria era parte integrante dello spettacolo o, molte volte, lo spettacolo principale in assoluto.

Guadagnata la mia postazione, non so se è l’astinenza che condizioni le mie valutazioni, ma trovo una “Curva Mare” carica come da tempo non vedevo. Sui numeri poco da meravigliarsi: questa gente ha sempre seguito il “cavalluccio marino” con grandissima passione persino in Serie C, ma è dal punto di vista vocale che mi pare spiri una ventata di freschezza. Dopo gli anni del disorientamento postumo all’introduzione della tessera, dopo le annate di A con le ovvie gioie ma anche con parecchi veleni, ho l’impressione che la Curva abbia trovato la sua quadratura del cerchio. Questo almeno quando è il momento di sostenere la causa comune, perché qualche frizione interna c’è, almeno a giudicare da qualche screzio venuto fuori in occasione dell’amichevole estiva in quel della vicina Santarcangelo.

Anche i lancianesi sono in buon numero: già da tempo la maggioranza del pubblico di fede rossonera ha scelto di sottoscrivere la tessera, superando così di slancio ogni restrizione. Senza dimenticare il solito generoso manipolo di non tesserati che continua a pagare tutto il peso della propria coerenza, ma di restare a casa proprio non ne vuol sapere, presentandosi fuori ad ogni settore in cui la propria squadra gioca, quantomeno per provare a imbucare le maglie del sistema, laddove si possa fare. Cosa che, in questo frangente, non è riuscita.

Tra tutti gli striscioni della “Mare”, mi salta subito all’occhio, in mezzo al nero e al bianco imperante, il lembo di stoffa rossa firmata “CC 97”, ovverosia “Canstatter Curve” dei loro gemellati di Stoccarda. Le sigle del tifo cesenate sono le stesse di sempre: a parte “Viking” e “Menti Perdute” che resistono nell’anello inferiore, troviamo al secondo anello le “WSB” al centro, affiancate da “Sconvolts” e “Sempre noi”, inframezzate da varie pezze delle compagnie di provincia, come “Cervia” o “Predappio”. Ai due estremi ci sono “Bronx Vigne” e “Tipi tosti”. In seconda battuta la mia attenzione è richiamata da una bandiera (molto bella) con un vichingo e noto anche al secondo anello una pezza dei “Viking” per cui, verosimilmente, devo ritrattare quanto poc’anzi riferito perché, a parte lo striscione in vetrata, molto probabilmente i ragazzi del gruppo di Forlì sono fisicamente stanziati in alto con il resto dei gruppi. Sia sopra che sotto è presente, in diversa fattura, lo striscione “Trasferte libere”.

Gli ospiti rossoneri, per quanto io sia una schiappa con la matematica, credo si aggirino sui 200 abbondanti, piuttosto sparpagliati nel primo anello, stretti a ridosso dell’ombra fornita dall’anello superiore, per cercare un minimo di scampo da una giornata veramente caldissima. Ad un manipolo di poco più di cinquanta persone il compito di portare avanti il sostegno alla propria compagine, cosa che fanno fin da subito e con discreta continuità, raggiungendo picchi di potenza notevole solo quando il resto del pubblico “normale” decide di accompagnarli nel tifo. Le loro insegne, come i presenti, sono sparse in lunghezza per tutta la vetrata, a causa di vari ed orribili sponsor che evidentemente gli steward impediscono di oscurare. C’è “Curva Sud”, “Stonati”, “Lanciano”, più un paio di drappi più piccoli che non riesco ad identificare.

Ad inizio partita, i padroni di casa, oltre a varie bandiere, tra cui la già citata del vichingo più tre con le iniziali del gruppo principale, si vedono belle nuvole di fumo bianco. Ovviamente ben nascoste le colpevoli torce, criminalizzate per il solo fatto di far colore, vuoi anche per evitare ancor più pesanti addebiti penali a chi le ha innescate. Colonna sonora il classico “Romagna e Sangiovese”, cavallo di battaglia della tradizione popolare locale.
Per i lancianesi solo mani mentre i propri undici scendono in campo, con un bandierone ed una manciata di bandiere più piccole a dare un minimo di colore. Anche i padroni di casa fanno uno smodato uso di manate nella fase iniziale, in particolar modo mi colpisce un battimani molto coreografico, una sorta di “ola” alla fine della quale una metà di settore si alza in piedi ad indicare l’altra metà al proprio fianco che resta seduta, dopodiché quest’ultima si alza e risponde per le rime, con la metà opposta che nel frattempo si è seduta. Bel colpo d’occhio.

Dopo un inizio molto vivace da ambo le parti, gli ospiti calano parecchio, soprattutto in continuità, perché di tanto riescono a farsi sentire con qualche acuto, ma forse pagano la maggior esposizione ad un sole veramente feroce oggi. Padroni di casa più continui, che arrivano sempre cantando fino al fischio che porta le squadre negli spogliatoi, però anche loro, come i dirimpettai, hanno perso parecchi effettivi nel corso dei primi quarantacinque e a tifare, nell’ultimo scorcio, rimangono non tantissimi. Per la cronaca, le squadre vanno al riposo con un nulla di fatto.

Ad inizio secondo tempo vengono fatte girare le cifre ufficiali degli spettatori: 10.292 il totale, di cui 2.471 i paganti ed il resto sono invece gli abbonati. I locali ricominciano ringraziando il mai dimenticato ex allenatore Fabrizio Castori presente in tribuna, seguito subito dopo da un coro per Pierpaolo Bisoli, l’allenatore attuale. In questa prima fase è anche e subito tempo di una sciarpata, sempre su “Romagna e Sangiovese”, con un certo numero di sciarpe biancorosse degli amici tedeschi che si notano perfettamente. Continua la fase discendente degli ospiti, che in questo inizio di secondo tempo sono ulteriormente sfilacciati e discontinui ma, fortuna loro, ci pensano i ragazzi in campo a mettere benzina nei loro motori, trovando un goal che alza umore e decibel. Mentre gli ospiti trovano la partecipazione di quanti fino a quel momento erano rimasti distaccati, interessandosi solo alla partita in campo, i cesenati perdono ulteriori forze numeriche: pur continuando a tifare, sono in notevole calo, a differenza dei propri opposti che riescono in più riprese a distinguersi con forza grazie ad un paio di ripetuti, alcuni battimani ben partecipati ed un buon mix di cori secchi e ritmati.
Quando il Cesena ricorda di essere in campo cominciando a spingere sull’acceleratore alla ricerca del pareggio, si alza anche il ruggito del “Manuzzi” con un “Che bello è quando esco di casa…”. La Curva ci mette tutto quanto in proprio potere per cercare di spingere la squadra alla rimonta, per qualche tempo è molto bello il modo in cui, giocatori in campo e tifosi sugli spalti, si spronano a vicenda, ma con lo scorrere del cronometro e con la diga abruzzese che tiene bene, la carica vocale ed agonistica va pian piano esaurendosi.

A questo punto, con la gara che mi sembra aver dato tutti i suoi responsi, decido di congedarmi da questi minuti finale ed assolvere all’obbligo morale di portare il mio saluto ai lancianesi senza tessera. Strette di mano, saluti, una bevuta in compagnia e una piacevole chiacchierata sul momento attuale del movimento ultras, a Lanciano e nel resto dello Stivale. Aspetto il triplice fischio con loro e dall’esultanza finale capisco che di averci preso sull’esito dell’incontro, che finisce 1-0 per gli ospiti. Vittoria che credo sia una grande gratifica soprattutto per questo gruppo di romantici, che solo per amore dell’idea si sono sobbarcati una traversata non da poco, già sapendo che non sarebbero potuti entrare.

Dico la verità, e la dico fino in fondo, quando mi ritrovo a ragionare su questi gruppi e su certe loro scelte, sono sempre internamente molto combattuto nell’elaborarle. Se fosse un libro, la loro storia sarebbe senza dubbio quella scritta da Cervantes, “Don Chischiotte de la Mancha” per gli illetterati. Vista con distacco, la loro caparbietà di imbarcarsi e perseverare in una guerra per certi versi inutile, come quella del cavaliere spagnolo contro i mulini a vento, che per i più cinici può sembrare anche ridicola, ha però un qualcosa di epico e commovente. Lo capisci quando amaramente ti confessano di aver girato tutti, ma proprio tutti i campi in cui ha giocato il Lanciano, alcune volte persino con il biglietto alla mano, seppur di altri settori, ed alla fine della conta si ritrovano con non più di una manciata di tentativi di ingresso portati a termine. Tutto questo a fronte di altri sedicenti “cavalieri erranti” che, invece, riescono sistematicamente ad entrare in tutti i settori ospiti di tutti gli stadi, ed apparentemente sempre senza compromessi, il che non può destare più di qualche ragionevole dubbio sulla lealtà alla causa del resto dell’armata.
Gratta gratta l’oltranzista che ti esce fuori il colluso, per parafrasare un noto detto: tutti sono pronti a giurare e spergiurare coerenza, idealismo, ortodossia, poi scopri che uno è tesserato e non lo dice, l’altro entra con l’1+1, un altro ancora entra sempre con l’1+1 perché al rivenditore compiacente, per ogni ospite biglietto venduto ad un tesserato, si “sblocca” un biglietto per un non tesserato e te lo rivende anche se fisicamente “l’amico tesserato” non è con te. Chi ha comprato questo biglietto gli piace credere che non sia un 1+1 anche se tecnicamente lo è, chi ha una tessera X gli piace credere che sia diversa dalla tessera Y, chi in un modo o nell’altro si arrende preferisce accusare altri di essere servi, chi sbandiera slogan e altissimi valori di purezza etica li usa il più delle volte come ornamenti di parata vuoti e senza significato, buoni giusto per agghindare una pezza e conseguentemente una balaustra. Don Chisciotte aveva ragione e il pazzo non era lui.

Matteo Falcone.