Se da una parte sono decisamente restio a mettere piede negli stadi di Serie C (o Lega Pro, fate vobis), dall’altra ero molto curioso di tornare al Fattori di L’Aquila dopo anni. L’ultima volta, peraltro, era stata in occasione di una partita di Coppa Italia di Eccellenza. Sono quindi passati diversi anni e per il capoluogo abruzzese sono cambiati diversi scenari dal punto di vista sportivo, con la squadra che è tornata a calcare i campi del calcio professionistico. Inoltre l’aria d’alta classifica che i rossoblu respirano costantemente dalla prima giornata, è senza dubbio un qualcosa che mi spinge ad approfittare dell’occasione offertami dal calendario della terza serie, il quale quest’oggi prevede che il match tra L’Aquila e Benevento si disputi nell’anticipo del sabato.

Una delle ultime giornate di sole mi accoglie oltre il portone di casa. Per risparmiare qualche euro ho deciso di evitare l’autostrada almeno all’andata. L’A24 infatti si conferma una delle più care d’Italia e, dovendola percorrere per ben due volte nel giro di 48 ore, cerco quantomeno di fare un minimo di economia. L’alternativa si chiama Salaria fino ad Antrodoco e poi una statale che in poco meno di un’ora mi porta nel centro abitato della città. Certo il tempo di percorrenza è quasi raddoppiato rispetto all’autostrada (poco meno di due ore) tuttavia, potendomela prendere con calma, mi godo il panorama che mi circonda con le stupende vallate, i piccoli ruscelli ed il cielo di mille colori che avvolge questa zona di confine tra Lazio ed Abruzzo.

Una volta entrato nel centro abitato aquilano non posso far a meno di notare le decine di gru che si ergono sulla parte più vecchia della città, laddove il terremoto ha portato via buona parte degli edifici e dove, nonostante le retoriche di governo ed istituzioni, ancora si fatica a vedere la luce in fondo al tunnel. Prima di parcheggiare la macchina cerco e trovo un distributore di metano per garantirmi anche il ritorno senza toccare la benzina, dopodiché posso finalmente spengere il motore nei pressi dello stadio e dirigermi verso il botteghino per ritirare l’accredito. Dovendo circumnavigare il perimetro dell’impianto, noto chiaramente che ci sarà una buona affluenza di pubblico. Incrocio anche un paio di transit con a bordo alcuni tifosi sanniti, non sembrano tuttavia esserci problemi con quelli di casa, anzi, più tardi saprò che trascorreranno la mattinata assieme in ringraziamento all’aiuto offerto subito dopo il sisma.

Nonostante una discreta fila ritiro abbastanza velocemente il biglietto e varco il cancello d’entrata che è comune a quello degli spettatori della tribuna. Fa piacere vedere come qui non ci siano ancora tornelli o strani marchingegni elettronici, tuttavia se i rossoblu riusciranno a centrare la promozione, sarà inevitabile erigere barriere ed installare i varchi voluti dall’allora Ministro dell’Interno Pisanu (va ricordato, lo stesso che era solito scambiare lunghe chiacchierate telefoniche con Luciano Moggi al fine di salvare la Torres). Una volta scese le scalette della tribuna mi avvicino alla porta per l’accesso in campo, lo steward cerca il mio nome tra i fotografi e, anche se non risulta, assieme ad un dirigente della società di casa trova una veloce soluzione e con molta gentilezza mi fa entrare senza problemi sul terreno di gioco. Ci tengo a sottolinearlo, quantomeno in par condicio a situazioni simili in cui regna menefreghismo e maleducazione.

Mancano circa venti minuti al fischio d’inizio e lo stadio è ancora semivuoto, parlando in generale devo purtroppo constatare come questa sia diventata ormai la prassi in tutti i nostri stadi. Ricordo ancora quando, qualche anno fa, già un’ora prima del fischio d’inizio buona parte delle gradinate erano occupate dai tifosi, ma se da una parte gli stessi si sono “modernizzati” sotto questo punto di vista, dall’altra capisco anche che fare aggregazione all’interno di un posto dove prima devi subire minimo due perquisizioni, e spesso ricevi multe e Daspo anche per una parolaccia, non sia la cosa più bella ed attrattiva di questo mondo. Poco prima dell’ingresso delle due formazioni, la curva aquilana si riempie: sopra agli stendardi dei Red Blue Eagles si raggruppano all’incirca duecento ragazzi, che saranno il vero e proprio cuore del tifo. Nel settore ospiti, invece, circa cento i supporters giunti dal Sannio. Dopo aver esposto le loro pezze, si raggruppano mettendosi subito in mostra con battimani e cori a rispondere.

Sin dalle prime battute si capisce che gli ultras abruzzesi sono in forma. Battimani, bandiere, cori tenuti a lungo e bei boati sono il loro marchio di fabbrica. La squadra in campo gli dà una mano, portandosi in pochi minuti sul 2-0. Le regole imposte in questa categoria per i fotografi sono abbastanza ristrette e quindi non posso spostarmi da una parte all’altra dello stadio, pertanto decido di passare i primi 45’ in prossimità dei Campani ed i secondi sotto la curva di casa. Poco prima dell’intervallo i rossoblu si producono anche in una bella e lunga sciarpata. Gli ultras dello Stregone, nonostante un buon inizio, con il tempo vanno via via spegnendosi, risultando alquanto discontinui. La prestazione della propria squadra provoca parecchi malumori tra di loro, che in più di un’occasione spronano gli undici in campo a tirar fuori gli attributi. Sicuramente significativa e bella a vedersi l’esecuzione del coro “Noi non molleremo mai”, tenuto per tutti i 15 minuti dell’intervallo alternando saltelli coordinati a bei battimani.

Come detto, nella seconda frazione di gioco mi sposto sotto la curva degli RBE. Il tifo si conferma compatto e continuo. Molto bello il coreografico coro “Tutti a destra, tutti a sinistra” fatto eseguire a tutta la curva dal lanciacori. Se gli Aquilani sugli spalti continuano a macinare tifo, lo stesso non si può dire per quelli in campo. La squadra di casa, infatti, sembra esser entrata sul verde prato del Fattori con sufficienza e subisce il ritorno degli avversari, che non ci stanno a subire l’ennesima sconfitta di un campionato sin qui anonimo. Così nel finale succede l’imponderabile, dapprima i giallorossi accorciano le distanze con un calcio di rigore e poi, in pieno recupero, siglano il punto del 2-2.

Beffa per i padroni di casa, soddisfazione per i giocatori sanniti. Non per i tifosi però. Gli ultras beneventani, infatti, in piena contestazione, seguono il penalty voltando le spalle al campo e dopo il gol del pari scandiscono a gran voce “Il pareggio non serve a un cazzo”. Prima di questo la loro prestazione del secondo tempo era stata sugli standard dei primi 45’, con alcuni bei momenti di tifo ed altri di stanca. Il pubblico aquilano, malgrado la delusione, applaude comunque i propri beniamini, consci peraltro di avere una partita in meno rispetto alle dirette avversarie e quindi di poter essere ancora potenzialmente primi da soli. Il freddo sta cominciando a scendere sullo stadio e dopo aver effettuato gli ultimi scatti, ripongo l’attrezzatura nell’apposita borsa, riconsegno il fratino e mi dirigo verso l’uscita.

Conclusioni finali: lo dico molto onestamente, quando vado a vedere partite di Serie C non ho grandi aspettative. So che qui più, che in ogni altra categoria, decreti, restrizioni e divieti hanno totalmente distrutto gli stadi. Tuttavia oggi posso tornare a casa con una moderata soddisfazione per aver visto almeno uno stadio, se non pieno, con un pubblico numeroso ed una tifoseria ospite nel proprio settore. Anche se da loro mi sarei aspettato qualcosa di più. Mentre sono immerso in questi pensieri raggiungo la macchina e dopo aver aspettato il deflusso dei tifosi mi rimetto in strada. Stavolta niente strade secondarie ma autostrada fino al casello di Tivoli dove, onde evitare di ripetere la snervante esperienza del ritorno da Avezzano-Francavilla (un’ora e cinquanta minuti di fila alla barriera di Roma Est), esco percorrendo una stranamente sgombra Via Tiburtina fino a Roma. All’indomani sarà ancora Abruzzo con un interessante Sulmona-Ancona di Serie D. Come diceva una coreografia d’inizio anni 2000 “Perché non ci si fermi mai”.

Simone Meloni.