Tira dritto per la sua strada l’Intercity 703, partito da Roma poco dopo le 7. Scavallato l’Appennino le prime balle di fieno su una piana distesa di appezzamenti verdi e gialli mi informano che siamo in Puglia. Il Tavoliere si estende per svariati chilometri, fin quando dal finestrino comincio a intravedere l’azzurro del mare.

Bari è a un tiro di schioppo. E da là ancor più facile sarà raggiungere Monopoli. La mia destinazione finale.

Mi ero ripromesso, a inizio stagione, di battere maggiormente questa terra. Per approfondire i suoi contenuti ultras e non solo. Ciò che è al di là della spina dorsale appenninica conserva da sempre un’aura di mistero. Ed è arrivato il momento di dare un volto, dei colori e un giudizio a 360 gradi a questo mondo.

La Finale di Coppa Italia Eccellenza è forse la migliore occasione per vedere all’opera due squadre e due tifoserie blasonate. In una cornice altrettanto suggestiva, quale lo stadio Veneziani.

Il lauto anticipo con cui arrivo in città mi permette un bel giro turistico, da cui rimango alquanto soddisfatto. Camminare per le bianche vie del centro storico di Monopoli, odorare a polmoni pieni la salsedine che di tanto in tanto penetra dalle viuzze che scendono sulla banchina del porticciolo e immergersi nei sapori culinari dei forni piazzati qua e là è un’esperienza che di suo vale il viaggio.

Lo stadio è poco distante dalla stazione e man mano che si avvicina comincio a intravedere le sue luci, nel frattempo accese al calar del sole.

Monopoli è stata una scelta lunga e travagliata. Questa partita si sarebbe dovuta disputare circa un mese fa, a Grottaglie. Prima sede scelta dalla Federazione. Decisione che ha fatto storcere il naso ad ambo le società. Non a torto, se si pensa che la distanza da Fasano è di circa 60km mentre da Trani addirittura 160. Fattore che avrebbe messo a serio rischio la massiccia partecipazione del pubblico ed esposto i club a ulteriori spese. Alla fine le rimostranze hanno spinto il Comitato Regionale a rimandare la data del match.

Il Veneziani è stadio vero, senza le moine imbellettate che caratterizzano molti impianti dove al giorno d’oggi vengono fatte disputare simili partite. Spalti alla vecchia maniera, struttura circolare, pista d’atletica al centro (ottima per i fotografi, un po’ meno per i tifosi, diciamolo onestamente) e cinta muraria che rimanda ai tempi in cui un po’ tutti, per non pagare il biglietto, vi si arrampicavano per scrutare il campo.

Basterebbe enumerare i biglietti andati via in prevendita per comprendere quanto il calcio, a queste latitudini, sia vissuto ancora con una bella partecipazione corale. Circa 1.300 quelli staccati a Trani, oltre 2.500 quelli venduti a Fasano. A questi vanno ovviamente aggiunti i tifosi che hanno deciso di acquistare il biglietto direttamente all’ultimo e gli sportivi locali interessati all’evento in posizione neutrale. Prezzo unico 5 Euro. Zero documenti da mostrare, zero tornelli da superare. Poi ci vogliono ancora far credere che caro prezzi e modalità machiavelliche di ingresso agli stadi non abbiano allontanato la gente!

Quando metto piede sul manto verde e mi guardo intorno il colpo d’occhio è semplicemente notevole. E non sono uno che si esprime con giubilo gratuito. Mi fa effetto però vedere tutta questa gente già un’ora prima del fischio d’inizio, con altrettanti tifosi che continuano ad affluire. Su fronte fasanese gli striscioni sono già tutti affissi, con relativi tamburi appesi in balaustra. I megafonisti arringano la folla e lasciano partire i primi cori.

Da lì a poco anche i supporter del Trani fanno il loro ingresso, sostando sulla pista d’atletica per appendere lo striscione che ultimerà la coreografia. Dietro lo stesso fanno capolino anche le pezze con cui attualmente si riconosce il tifo tranese, a cui vanno aggiunte quelle degli amici monopolitani e manduriani.

Unico neo è la musica a tutto volume che inutilmente pervade lo stadio, spaccando i timpani dei presenti e non favorendo i rumori prodotti dal pubblico, che dovrebbero essere gli unici consentiti. Non si capisce il perché questi cerimoniali prevedano spettacolini pacchiani e fastidiosi, quando vivere il calcio all’ennesima potenza vuol dire evidenziare e permettere tutte le sue peculiarità e le sue componenti.

Fortunatamente l’entusiasmo e la voglia di farsi sentire sono talmente vivi che in più di un’occasione ambo le gradinate sommergono letteralmente tutte le peggiori hit del momento.

Un altro aspetto affascinante è senza dubbio quello calcistico. Di fronte si ritrovano due sodalizi che, nel loro piccolo, hanno scritto belle pagine di storia del calcio regionale. Il Fasano può vantare diversi campionati di Serie C, mentre la Vigor Trani è la prosecuzione ideale e sportiva di quella Polisportiva Trani che negli anni ’60 raggiunse il traguardo della Serie B, riuscendo persino a vincere un derby col Bari, passato ovviamente agli annali nel calcio cittadino.

Percorsi che hanno contribuito a tenere sempre viva la fiammella del tifo organizzato. Trani e Fasano possono infatti vantare una storia di curva meritevole di considerazione. Ultras che ci sono stati a prescindere dalle vicissitudini dei propri club. E già questo basterebbe per capire di cosa stiamo parlando.

Infine c’è quel tocco di spiritualità tipicamente meridionale. Quell’attesa mistica di chi vuol tornare a esser grande e ha passato le giornate precedenti a contare i minuti che lo separavano dal fischio d’inizio. Qualcuno ha ingannato quest’attesa studiando la coreografie e organizzando il tifo, nella consapevolezza di dover gestire una folla ben più grande dei soliti habituèe.

L’immagine votiva attaccata su una delle due panchine (immagino quella utilizzata dal Monopoli) oltre a offrirmi uno spontaneo sorriso, la dice lunga su quanto a queste latitudini il pallone riesca a penetrare nelle anime di giocatori e tifosi, assumendo dei contorni apotropaici che teoricamente nulla dovrebbero aver a che fare con la religione in quanto tale. Ho visto simili immagini anche in altre città del Sud e ne sono sempre rimasto colpito. L’amore sacro e l’amor profano messi l’uno affianco all’altro.

Intanto l’orologio marcia spedito verso le 19:30. Le squadre sono rientrate negli spogliatoi e si preparano ad uscire. Le due gradinate stanno ultimando la preparazione delle proprie coreografie. Persino l’odiosa musica ha finalmente smesso di irrorare le due note.

Nella gradinata scoperta, quella occupata dai fasanesi, cominciano a comporsi una miriade di strisce bianche e azzurre, che coloreranno tutto il settore in pieno stile argentino. Corredate dalla frase “Allora torna a sognare Fasano, te lo meriti” e da diversi big-flash accesi alla rinfusa. Dall’altra parte, su fronte tranese, si è invece optato per tantissime bandierine biancoblu, contorniate da torce e fumogeni e dallo striscione appeso sulla vetrata “Questo è un popolo che non muore mai”.

In ambo i casi la riuscita è pressoché perfetta, dando vita a uno spettacolo reso ancor più bello dalla semplicità con cui le scenografie sono state confezionate. Organizzare qualcosa di più elaborato avrebbe sicuramente richiesto la collaborazione di molti che allo stadio ci vengono saltuariamente, mettendo a rischio il risultato finale. Bravi gli ultras a capire ciò, ripiegando su dei veri e propri classici del tifo italiano. Peraltro intramontabili.

Finalmente il momento atteso da giorni è arrivato. L’arbitro fischia il via e le due compagini possono contendersi la coppa. Comincia lo spettacolo sugli spalti, che si protrarrà per 90′.

Tra le due fazioni non c’è grandissima rivalità e durante la partita gli screzi si limiteranno a qualche “vaffa” e a un paio di “chi non salta” di marca tranese. Il vero fiore all’occhiello della serata è osservare le gradinate, carpire i sentimenti della gente, coglierne le esultanze e le disperazioni. E ovviamente ammirarne il tifo.

Ai fasanesi è stata assegnato il settore scoperto e questo, giocoforza, crea sicuramente più dispersione di voce. Ciononostante il blocco centrale, posto sopra gli striscioni, si evidenzia con una bella performance, che riesce spesso a trascinare dietro il resto dei presenti. L’esultanza all’iniziale vantaggio di Montaldi è di quelle passionali, che confermano ancora una volta come, seppure in tanti questa sera siano “occasionali”, di fondo l’attaccamento alla propria terra e alla propria squadra resti viscerale. Non sono spettatori “momentanei”, anche se domenica prossima non saranno al campo e la prossima apparizione la faranno tra chissà quanto tempo. C’è un legame e questo, mi permetto di dire, credo sia anche e soprattutto merito del tifo organizzato. Su ambo i fronti.

Tra le fila fasanesi da segnalare la presenza dei gemellati di Rionero, che nella ripresa esporranno anche uno striscione in favore dei pugliesi.

Non me ne vogliano gli altri gruppi, la mia è soltanto una considerazione figlia di una memoria adolescenziale: i ricordi di Allenati e Irascibili nelle foto di Supertifo mi fanno sentire per qualche istante sedicenne, donandomi per una frazione di secondo quell’odore di carta nuova sfogliata sotto i banchi di scuola. Con il desiderio, un giorno, di vedere dal vivo tutto ciò.

Oggi uno di quei giorni è arrivato. Certo, affianco ai due gruppi succitati ce ne sono altri (e anche validi), i tifosi e il movimento ultras italiano sono radicalmente cambiati eppure molte linee guida sembrano esser rimaste intatte.

Posando gli occhi sulla porzione opposta di stadio mi ritrovo ad analizzare il popolo tranese. Due o tre megafonisti piazzati sulla ringhiera coordinano il tifo e la riuscita devo dire che è davvero ottima. La passione sale e supera anche la delusione dell’iniziale svantaggio. Tanta pirotecnica e un tifo a tratti davvero irresistibile, con la copertura del settore che, ovviamente, finisce per aiutare, facendo rimbombare la voce e spingendo i presenti a tenere un ritmo costante e intenso nei cori.

Tra i tranesi presenti alcuni gruppi monopolitani e gli ultras del Manduria.

Nella ripresa il Trani concretizza una latente superiorità territoriale e ribalta il risultato andando a segno ben tre volte, per l’infinito giubilo dei suoi tifosi e la delusione dei dirimpettai.

Finisce 3-1 e ovviamente la festa è tutta per i tifosi della Vigor. Lapalissiana delusione per i sostenitori del Faso che, dopo la premiazione, richiamano la propria squadra sotto al settore. In questi tempi di “dialoghi vietati” tra curve e giocatori, ritengo sempre salutare il contrario. Un confronto tra uomini che non per forza deve essere minaccioso o violento. Esporre la propria delusione e chiedere il rispetto per chi oggi ha portato quasi 3.000 persone al campo lo ritengo quasi un atto dovuto.

Inoltre è oggettivamente bello vedere il blocco ultras fasanese rimanere all’interno dell’impianto anche a partita abbondantemente conclusa. Si continua a cantare e accendere torce.

Ovviamente il clima è completamente diverso tra i tifosi del Trani. La gioia è quasi irrefrenabile e la squadra viene chiamata numerose volte sotto il settore. La pezza per Antonella, una ragazza scomparsa troppo presto, viene legata attorno alla coppa e issata al cielo e per svariati minuti un bel connubio giocatori/tifosi si crea sulla pista d’atletica del Veneziani.

Forse questa serata è un piccolo premio per chi, su entrambi i fronti, negli ultimi anni ha mandato giù tanto letame, non voltando mai le spalle alla propria terra, al proprie ideale e ai propri compagni di curva.

Gli ultimi cori riecheggiano prima di spegnersi definitivamente. Resta il suono di una tromba nelle mani di un bambini. Ultimo simbolo del calcio che fu, rediviva  reliquia di quegli stadi liberi e fruibili in base alle proprie passioni. Benché, lo ammetto, odio le trombe in maniera inverosimile.

Sono le 22. Il mio pullman partirà esattamente due ore e mezza dopo. Non mi resta che fare un altro bel tour della città vecchia, gustarmi il mare di notte e stuzzicare focacce e pucce. Cosciente di aver impiegato bene il mio tempo e ripromettendomi di tornare in terra di Puglia quanto prima.

Testo Simone Meloni

Foto Simone Meloni e Fabio Mitidieri