Prima che l’anno solare 2014 vada in archivio ho ancora da togliermi qualche sassolino dalla scarpa. Tra cui quello di vedere i sambenedettesi in trasferta in una partita importante. Macerata si presenta come l’appuntamento ideale visto il primato dei biancorossi e la massiccia presenza che i tifosi adriatici si apprestano ad effettuare. Tra le due tifoserie c’è anche una discreta rivalità, rinfocolata dalla storica amicizia che lega gli ultras rossoblu ai civitanovesi. E allora si parte, senza pensarci troppo su.

Siamo in due a incamminarci verso le Marche quando l’ora di Roma segna le 9,30. La partenza è fissata dalla stazione metro Rebibbia; qualche chilometro e siamo sul Raccordo Anulare per poi immetterci sull’autostrada, uscire a Orte e proseguire con la superstrada. Il viaggio corre spensierato, con qualche sosta per sgranchirci le gambe e fare colazione. Il panorama che ci offre l’Appennino è come sempre mozzafiato e, nonostante alcuni tratti siano leggermente scomodi, mi piace davvero molto percorrere questa strada che attraversa alcune tra le province più belle e verdi del Belpaese. Arriviamo a Macerata quando l’orologio segna le 13. Ad attenderci c’è Francesco, altro volto noto del mondo sportpeopoliano. Mangiamo qualcosa assieme sorseggiando una birretta e ci avviciniamo ai botteghini per ritirare l’accredito.

Mi spiace essere ripetitivo e sottolineare ogni volta la militarizzazione che ormai imperversa attorno gli stadi, ma è un qualcosa a cui davvero non farò mai abitudine. Passando davanti la curva di casa notiamo addirittura un agente che con la telecamera riprende uno ad uno i tifosi maceratesi in entrata. Sarà normale per qualcuno, ma io lo trovo allucinante. Mancano solo i servizi segreti a controllare che tutto fili liscio in una partita con poco più di 4.000 persone della quarta serie di calcio italiano. Siamo diventati un paese quanto meno curioso, è vero che lo siamo sempre stati, ma negli ultimi anni il nostro livello di particolarità, chiamiamola così, è aumentato in maniera esponenziale. Non va dimenticato inoltre che per questa gara i geni di Osservatorio e Casms hanno imposto la vendita nominativa dei biglietti anche ai tifosi di casa e addirittura per i minorenni, costringendoli a presentarsi accompagnati dai genitori. Questi signori ci parlano di stadi pieni e procedure snellite ma chi continua a credergli è cieco, ignorante o palesemente in malafede. Sono talmente snervato da tutte queste idiozie che non nascondo di avvicinarmi, negli ultimi tempi, con una certa irritazione agli stadi, soprattutto quando mi viene richiesto di mostrare documenti, biglietti, codici fiscali, tessere e tesserini. Almeno in Serie D si dovrebbe respirare un po’ di serenità, invece anche qua riescono a creare disagio e rompere, anzi sfracellare, i coglioni. Passatemi il francesismo.

Riscontrata la presenza del nostro accredito possiamo prendere la pettorina e mettere piede sulla pista d’atletica dello stadio Helvia Recina. Non sarà un impianto moderno a cinque stelle, ma a me piace. Tutto sa di calcio vero qua dentro, dalle tribune basse e vetuste, al campo che profuma d’erba bagnata. E se vogliamo dirla tutta, il settore ospiti è anche ben fatto, oltre che spazioso. Ai tifosi ospiti sono stati venduti ben 1.300 biglietti. E’ triste, oltre che comico, constatare come, in vista del derby Ancona-Ascoli, ai tifosi piceni si sia deciso di riservare solamente mille tagliandi in uno stadio che può contenere oltre 20.000 spettatori e che in tempi non sospetti ha ospitato gare di Serie A, mentre oggi in un impianto che per forza di cose è meno sicuro rispetto al Del Conero, gli ospiti abbiano, giustamente, potuto usufruire di un numero maggiore di tagliandi. Come dico sempre, a questi fenomeni non interessa nulla dell’ordine pubblico, il loro unico obiettivo è quello di depotenziare le curve e uccidere la passione dei tifosi laddove arriva l’occhio della televisione oltre che il rimbombo della grancassa mediatica.

Pochi minuti prima del fischio d’inizio ecco entrare i ragazzi della Curva Nord di San Benedetto che appendono sull’inferriata il loro gigantesco striscione Ultras Samb. Fa sempre piacere vedere pezze così grandi e ricche di fascino. Il settore è quasi totalmente pieno, molto suggestiva la cosa. Ok, la partita è importante e la distanza non è certamente incolmabile, però parliamo pur sempre di Serie D e di una squadra fallita quattro volte negli ultimi vent’anni, che oltretutto si trova anche in un periodo di flessione nel campionato corrente. Dall’altra parte i maceratesi hanno riempito il proprio settore e stanno preparando la coreografia che si innalza all’ingresso delle due squadre, tanti cartoncini con i colori sociali e lo striscione “Fedeli alla nostra bandiera”, mentre nel settore affianco vengono accesi dei fumogeni biancorossi. Niente male direi. Semplici e d’impatto. E’ giusto spendere più di qualche parola sui ragazzi di Macerata, io penso che vadano considerate molte cose. Da queste parti non si fa calcio professionistico da ormai oltre vent’anni e, rispetto ai dirimpettai, la Maceratese non ha mai assaporato palcoscenici nobili del calcio italiano. Quindi mettere a confronto le due piazze è, almeno per me, sbagliato. Io tutte le volte che mi sono trovato al loro cospetto ho avuto ben poco da appuntargli. Il tifo lo fanno, sono colorati, usano torce e fumogeni e si mettono in mostra con belle sciarpate. Cose che oggi hanno ampiamente confermato. C’è anche da tener conto che il loro settore fa tutto tranne che favorire il tifo essendo disposto per lungo e in modo molto più basso rispetto a quello riservato agli ospiti.

Il “saluto” alle squadre dei sambenedettesi è fatto di torce accese numerose in balaustra. Effetto ovviamente bellissimo e reso ancor più godibile dalla classica Lambada in sottofondo e dai bandieroni sventolati numerosi. Rimango sotto di loro a inizio gara per immortale qualche battimani e notare con attenzione come il popolo rossoblu segua con trasporto la partita. Il bello di questo stadio è il poter girare attorno al campo per cambiare angolazione di scatto, così comincio a peregrinare senza sosta. Tornando agli ultras della Samb, il loro primo tempo è davvero di alto livello. Manate, treni, torce accese a raffica e cori a rispondere che fanno tremare lo stadio. Da fermo immagine l’esultanza al provvisorio gol del vantaggio. Da segnalare, peraltro, un massiccio scambio di torce con i vicini maceratesi e i continui cori d’offesa tra le due tifoserie che, ovviamente, come leitmotiv hanno i “pesciaroli”, i “pistacoppi” e i civitanovesi chiamati nella contesa in più di un’occasione. Epica rimarrà la scena del tifoso biancorosso che, da solo, decide di scavalcare la recinzione, ricadendo nella “strada di mezzo” che separa la tribuna dal settore ospiti, per gettarsi addosso al rete dove sono assiepati i sambenedettesi non ricevendo ovviamente soavi regali di Natale.

In campo, dopo il vantaggio su rigore, le cose si mettono male per la Samb che rimane addirittura in nove subendo il gol del pari nel recupero del primo tempo. La gioia biancorossa è tanta e tutto lo stadio partecipa con entusiasmo. Nella ripresa la Maceratese trova altri due gol che le assicurano la vittoria. A livello di tifo i tifosi ospiti reggono bene i primi 30’, per poi lasciarsi andare alla rabbia dovuta alla sconfitta, togliendo lo striscione e mettendo a nudo tutto il loro malumore. Clima ovviamente opposto per la Curva Just che salta e canta a squarciagola il coro “La capolista se ne va”. Finisce con i giocatori di casa a festeggiare lungamente sotto i propri tifosi mentre quelli in maglia rossoblu salutano timidamente e da lontano i 1.300 giunti dalla Riviera. Un atteggiamento che ho trovato davvero poco onorevole, troppo facile prendere solo gli applausi e i complimenti. Poi questi sono gli stessi che alla prima contestazione gridano allo scandalo additando i tifosi come male assoluto.

Visto che il buio sta scendendo sull’Helvia Recina e il ritorno ci attende, recuperiamo i documenti e ci avviamo verso la macchina. Devo dire che ne è valsa assolutamente la pena di macinare questi 500 chilometri per vivere una giornata di bel tifo. Se chi di dovere lasciasse i tifosi liberi di esprimere la propria fantasia e la propria passione ci sarebbero ancora tante occasioni di assaporare giornate simili. Ce ne andiamo con questo cruccio, mentre il cielo si fa sempre più nero e nessuna stella ci accompagna fino a Roma. Il maltempo infatti sta per tornare sul centro Italia. Poco male, il lunedì non ci sono partitelle.

Simone Meloni