È una caldissima seconda domenica di giugno a Santa Croce sull’Arno, il sole batte sulla zona industriale e sembra quasi ci voglia punire per essere venuti allo Stadio. Per noi invece è un dovere esserci. È come la messa per i credenti. Solo che la nostra religione si chiama Calcio, e il nostro prete, anzi, i nostri preti si vestono di Nero-Verde e corrono predicando la dottrina del Tuttocuoio.

Già, il nostro Tuttocuoio, quello dei pontaegolesi veri, oggi si gioca la salvezza in serie C. Se fosse stato un qualunque anno di serie C2/Seconda divisione (per noi è stato il primo), si sarebbe sofferto ben poco in quanto in classifica siamo arrivati decimi e la salvezza sarebbe stata certa da un mese circa . Ma quest’anno, con la riforma, ci sono gli spareggi e chi resta ha la possibilità di rimanere in una C unica, tutti gli altri dovranno riaffrontare il campionato dilettanti.

Oggi ci giochiamo tutto e noi della Brigata Nero Verde, come sempre, ci siamo.

Arriviamo allo stadio molto presto, nonostante la partita inizi alle 16 (da pazzi giocare a quest’ora, non ci voleva un genio per capire che causa clima torrido, giocare alle 18 era meglio per tutti) ma fino alle 15:30 non ci fanno entrare.

Ad assistere alla partita con noi oggi ci sono i nostri amici delle Brigate Bianco Blu di Rosignano e i nostri fratelli de La Scala di San Miniato, gli Ultras Scalesi. Ci fermiamo alla rete poco dopo l’entrata, perché non ci riconosciamo nei valori del pubblico in tribuna: un pubblico fatto di gente che con Ponte a Egola, e chi come noi era presente fin dai tempi della Prima Categoria, non ha niente da spartire.

Sistemiamo lo striscione e la nostra pezza, “Ultras Ponte a Egola 1957”. Ponte a Egola, il nostro paese di soli 9 mila abitanti che ha una squadra in serie C. Sembrava un sogno esserci, oggi si lotta per rimanerci.

Arrivano anche i tifosi dell’Arzanese, una cinquantina circa, che ben si comportano per tutta la durata della partita, cantando e facendosi bene intendere dall’altra parte degli spalti.

Il match? Il match è sofferenza allo stato puro. Si parte male, la squadra non ingrana e subisce su palla inattiva l’1 a 0 ospite. Poi il secondo tempo pali e gol sbagliati clamorosamente. Fino a che, verso l’ultimo quarto della partita, Santo Cherillo entra in campo. Pochi minuti e, su una palla vagante in semi-rovesciata, la butta dentro: decisamente uno dei momenti più belli e intensi della nostra vita.

Ma non finisce qui: fino al fischio finale è una vera e propria tortura, specialmente quando Catanese fallisce il raddoppio davanti alla porta e sul contropiede successivo un attaccante bianco blu dell’Arzanese spara la palla in bocca al nostro portiere Bacci.

Il triplice fischio suona proprio come un “andate in pace” e finalmente godetevi questa benedetta domenica. È grande festa, condita da un’invasione di campo che non ci lasciavano nemmeno fare.

Ancora una volta il nostro piccolo paesino di 9 mila abitanti ha scritto la storia, e ancora una volta oggi, 8 giugno 2014, noi c’eravamo. La sofferenza dovuta alla partita e al clima è stata ripagata a pieno, Ponte a Egola ancora una volta nella storia del calcio, Ponte a Egola in Serie C unica.

L’unica nota storta della giornata, se possiamo cosi definirla, è questo ammasso di cemento anonimo chiamato “Stadio L.Masini”, perché noi siamo credenti fino all’osso e quindi siamo anche affezionati alla nostra piccola chiesa, lo Stadio Leporaia di Ponte a Egola. Questo Stadio non ci appartiene. Noi non siamo Samminiatesi e nemmeno di Santa Croce Sull’Arno, Siamo di Ponte a Egola.

Testo di M.P.
Foto di Luca Lelli.