Devo essere sincero, non avrei mai creduto di rivedere un derby tra Salernitana e Avellino con la presenza di entrambe le tifoserie. Sono passati davvero tanti anni da quel 2006/2007 in cui, assieme ad un altro noto scrivano di Sport People, partimmo dalla Capitale zaino in spalla per raggiungere il Partenio ed assistere a quella che, tutt’oggi, resta una delle sfide storiche per il calcio irpino. Quel giorno i biancoverdi ebbero la meglio sui rivali per 4-0. Inutile rivangare sui tempi che furono, semplicemente ci avevo messo una croce sopra e anche alla composizione dei calendari, con il derby in prima giornata, mi ero detto: “Vieteranno, sicuramente”.

In barba a tutte le mie previsioni, invece, la trasferta è regolarmente aperta ai possessori di tessera del tifoso, senza ulteriori limitazioni (non fossero già sufficienti quelle poste in essere). Gli ultras dell’Avellino ci saranno ed allora, in tempi di magra come questi, non posso assolutamente mancare. “Pecore” contro “pisciaiuoli”, una sfida dal sapore antico e una rivalità regionale mai sopita, caricata anzi dalle tante amicizie delle due tifoserie che la fanno durare anche al di fuori della partita stessa.

Come sempre ringrazio Trenitalia, e la sua povera offerta di treni domenicali, quando la sveglia suona all’alba. Arrivo a Salerno che l’orologio segna mezzogiorno e già dalla stazione trovo una città completamente imbandierata di granata, con un numero infinito di ragazzi che sciarpa al collo si avviano in motorino verso l’Arechi. Mi piace l’aria, l’assaporo davvero con grande gusto, venendo da una città dove negli ultimi tempi al solo pensiero del calcio e dello stadio Olimpico mi prende l’orticaria. Da buoni malati, come il sottoscritto, non possono mancare un paio di ragazzi teutonici, con il sempiterno Sascha ovviamente in prima linea. Giusto il tempo di salutarci di fronte alla stazione, magiare una pizza con un paio di birrette e poi si può partire alla volta del match.

Manca più di un’ora all’inizio, ma più il lungomare si avvicina allo stadio e più la strada diventa nera di tifosi. Il ritorno in B della Salernitana ha dato l’imput finale a una piazza che, dalla sua discesa negli inferi del dilettantismo, ha sempre fatto registrare numeri da capogiro in casa e, fin quando le è stato permesso, in trasferta. Benché sulla Penisola sia piombata un’aria rinfrescante a refrigerio di un’estate torrida, quest’oggi la colonnina di mercurio supera abbondantemente i 30 gradi, fatto che sento completamente mentre in fila mi appresto a ritirare l’accredito.

Superato il cancellone adibito a ingresso per la stampa, sono finalmente all’interno dell’Arechi. Salgo i primi gradoni e, tra una rete e l’altra, mi si profila già un bel colpo d’occhio. Cosa che verrà totalmente confermata una volta terminata la “scalata”. Secondo dati ufficiali i biglietti venduti sono circa 25.000, compresi 2.000 acquistati dai tifosi ospiti. Cifre da capogiro per la Serie B dei giorni d’oggi. Ne rimango impressionato anch’io, pur cosciente che un tempo sarebbe stata la normalità.

In uno stadio impostato in modalità “vecchio stampo”, non posso fare altro che riprendere vecchie abitudini. Leggere tutte le insegne del tifo salernitano, aspettare che il contingente avellinese riempia totalmente il proprio settore e constatare come, da quest’anno, anche in Distinti sia presente un gruppo ultras. Ovviamente non conosco a pieno dinamiche e logiche del tifo granata, quindi non ho elementi per giudicare tale decisione. Posso dire che però i ragazzi posizionati in quella zona si fanno subito notare esponendo alcuni stendardi con pecore biancoverdi e striscioni con la scritta “Beeeee”, in scherno dei rivali. Gli striscioni saranno una delle note più belle di tutta la giornata. Sono cresciuto con il Derby di Roma, dove lo striscione era forse l’essenza massima, tanto che i due settori popolari spesso erano pieni già un paio d’ore prima del fischio d’inizio solo per sfottersi e dare spettacolo al resto del pubblico. Quindi non posso che apprezzare i parecchi messaggi che quest’oggi le due tifoserie si scambieranno “amorevolmente”.

Altra cosa da sottolineare è l’ingresso dei supporters avellinesi che indossano centinaia di mascherine antigas, cosa molto in voga tanti anni fa e della quale mi sorprendo che nessun fenomeno da baraccone, che rappresenta l’informazione o l’ordine pubblico, sia rimasto scandalizzato. Il gruppo portante degli irpini, con striscione al seguito, entrerà con qualche minuto di ritardo. Comunque la presenza è più che notevole, se si considera che probabilmente se non fosse stato imposto il limite di 2.000 tagliandi in prevendita, qualche altro biglietto sarebbe stato staccato. Ma in tempi di divieti a rotta di collo bisogna sapersi accontentare.

Alle 15 ecco spuntare le squadre dagli spogliatoi. La Sud non offre nessuna coreografia, ma una bella cartata dal sapore sudamericano e mani al cielo, trascinandosi dietro buona parte dello stadio. Qualche fumogeno viene acceso qua e là e lo spettacolo del tifo può iniziare. Come detto, 2-3 minuti dopo il fischio d’inizio ecco sbucare lo striscione “Avellino”, con i soliti stendardi e bandioeroni al seguito. Ora il match è completo.

Le due squadre si sfidano senza paura e sin dalle prime battute persino la sfida in campo risulta più che piacevole. I miei occhi però, sono puntati soprattutto sui tre settori movimentati dell’Arechi. Nel giudizio del tifo, soprattutto per i salernitani, va tenuto conto del pathos con cui gli spettatori seguono la partita. Non è solo un discorso di curve. Dal signore settantenne vicino a me, alla zona più alta della Tribuna Autorità, si strilla, si impreca e si segue ogni azione come fosse una finale di Coppa Campioni. E’ il derby signori, e la cosa che davvero mi riempie il cuore di gioia è sapere che nel nostro irriso e umiliato status di tifosi, abbiamo ancora quel seme di pazzia che per anni ci ha resi i più belli del mondo.

Da un punto di vista prettamente ultras poi, davvero poco da dire. Le due tifoserie rispondono colpo su colpo, sciarpata su sciarpata e coro su coro. Tamburi, megafoni, torce, bandiere e tanta voce. Onestamente non posso chiedere di più. Quando Gabionetta trova il primo vantaggio per i granata, l’esultanza della Sud è un qualcosa da vedere e rivedere nei secoli, una “cascata” umana che indirettamente manda a quel paese tutti i sapientoni che vorrebbero posti numerati e soltanto a sedere. Non è certo da meno quella avellinese, qualche minuto dopo, al momentaneo pareggio di Trotta.

Emozioni, colpi di scena e folate offensive delle squadre infiammano il pubblico. Gli irpini mostrano quanto di buono hanno fatto vedere nelle ultime stagioni, una tifoseria che ha saputo crescere ed ora recita un ruolo più che dignitoso all’interno del panorama ultras nazionale dopo gli anni bui in seguito al fallimento. Bello il modo con cui si dispongono e la sincronia con cui sostengono la propria squadra. Il fatto che il settore ospiti sia diviso in due tronconi sicuramente non li aiuta, non a caso nel secondo tempo noto che molti di quelli che occupano la parte sinistra si spostano dove è posto il gruppo centrale.

Su fronte granata, come sempre nelle ultime stagione, il tifo parte principalmente dalla parte inferiore. Tanti bandieroni e una bella compattezza come sempre. Molto bella la sciarpata durante la quale Gabionetta firma la sua personale doppietta facendo esplodere nuovamente l’Arechi. A questo punto il pubblico di fede granata è in visibilio e salta all’unisono, non intaccando tuttavia la performance degli avellinesi che, dopo qualche minuto di scoramento, riprendono ad incitare i ragazzi di Tesser, che sembrano crederci fino alla fine.

E’ un match infinito, con tante emozioni, al quale solamente Troianiello riesce a mettere la parola fine in pieno recupero. Il ritorno in cadetteria della Salernitana è di quelli da incorniciare, mentre i biancoverdi non ammainano le proprie bandiere neanche dopo il fischio finale. Resto ancora qualche minuto a godermi lo spettacolo e gli ultimi sfottò, poi arriva il momento di togliere il disturbo. I dintorni dell’Arechi sono ovviamente tutto un festeggiamento, ed io fatico e non poco a ritrovare i tedeschi. “E’ forse la partita più bella che abbiamo visto in Italia”, mi dicono. Non faccio fatica a crederci. E sono contento per loro, almeno hanno saggiato una piccolissima percentuale di cosa voleva dire entrare negli stadi italiani fino a qualche anno fa.