La signora Esperia avrebbe potuto essere mia madre. Avrebbe potuto essere la mamma di tutti noi che da adolescenti mettevamo la sciarpa in tasca, salivamo sul primo treno maleodorante, zeppo di sogni e passioni e partivamo alla volta di un settore ospiti qualunque. Senza paura, senza pensare minimamente che quelle ore di orgoglio e spensieratezza avrebbero potuto essere le ultime della nostra vita.

La signora Esperia se n’è andata in silenzio. Come in silenzio ha vissuto per tutta la sua vita il dolore per la prematura scomparsa di Antonio. Sopravvivere ai propri figli è forse il dolore più grande che si possa provare nella propria esistenza. Sopravvivere ai propri figli non è più vivere, ma semplicemente non morire. Non ha mai alzato la voce, non ha mai cercato compassione. Malgrado nessuno da queste parti abbia dimenticato quel 4 giugno del 1989. Nessuno ha mai dimenticato quel ragazzo di borgata. Le nostre borgate. Quelle in cui giocavamo tutto il giorno a pallone per strada sognando di essere i nostri calciatori preferiti. Le borgate in cui le mamme ci chiamavano dalle finestre quando la cena era pronta ma tu volevi ancora segnare un gol, volevi ancora correre e volevi ancora divertirti con gli amici di quartiere.

La signora Esperia è stata la dignità del popolo. È stata uno sguardo triste e svilito dagli accadimenti della vita. È stata la mamma di altri figli che l’hanno sorretta, le hanno dato il loro amore e le hanno dato quel minimo di forza necessaria ad andare avanti.

La sua Torre Maura. I murales al capolinea della linea 558. I ragazzi della Sud che l’hanno sempre coccolata e ad Antonio hanno dedicato un evento tutte le estati. Una giornata in cui sorridere e piangere. In cui onorare la sua memoria e ricordare al mondo intero che stadio e curva sono sinonimo di aggregazione, coscienza collettiva e memoria storica. Perché gli ultras della Roma non l’hanno mai abbandonata la famiglia De Falchi.

“Conosco un posto nel mio cuore, dove tira sempre il vento. per i tuoi pochi anni e per i miei che sono cento”. Forse la sora Esperia se n’è andata così, parafrasando Lucio Dalla. Pensando a quel posto “dove tira sempre vento” e dove a breve avrebbe ritrovato Antonio. Finalmente liberi di abbracciarsi di nuovo, finalmente insieme. Con la compostezza di sempre. Con il dolore ma anche con la gioia. Magari con una sciarpa giallorossa portata al collo. Lontani da quella giornata milanese. Distanti da San Siro e dal suo asfalto che mai dovrebbe fare da ultimo letto a un ragazzo.

“Chi c’ha mamma nun trema”. L’ho sentito dire centinaia di volte. Ed è vero. Le mamme sono quegli esseri in grado di darci tutto anche in cambio di nulla. Di regalarci un loro pezzo di cuore e di proteggerci spesso anche laddove non ci sarebbero i presupposti. Antonio non ha tremato in tutti questi anni, ne sono certo.

Addio donna Esperia. Addio donna del popolo!

Simone Meloni