Chi si interessa al mondo del tifo estero sa benissimo che in Grecia è difficilissimo, se non impossibile trovare partite con due tifoserie. Sono ormai anni che si vietano trasferte di ogni tipo e ogni tifoseria, tranne che nelle finali di coppa di Grecia, questo sia per mancanza di fondi per la gestione del servizio d’ordine (è nota a tutti la crisi economica che da anni investe l’area), sia per mancanza di chi se ne assuma direttamente la responsabilità gestionale e “politica” così, monco di una delle sue due componenti, il tifo greco è andato perdendo fascino, anche se non sono mancate prestazioni memorabili ed incidenti che, spesso in assenza di entrambe le tifoserie, sono andati a focalizzarsi contro la polizia.

Su Aek-Paok si potrebbe scrivere un libro. È stata già la finale della coppa di Grecia 2017, si giocò alla presenza delle due tifoserie (ultima partita con due tifoserie in Grecia) nel campo neutro di Volos (a centinaia di km tanto da Atene che da Salonicco, nella speranza che ciò bastasse a far da deterrente). Eppure ci furono ugualmente scontri, molto duri, sia tra tifoserie opposte che tra gruppi di ultras e polizia, con diverse decine di feriti in uno scenario a tutti gli effetti di guerriglia urbana.

Recentemente, ad alimentare la tensione tra i due club, contrapposti a Marzo in un incontro di campionato, ci ha pensato il presidente del Paok, Ivan Savvidis il quale, dopo un gol annullato alla propria squadra, scese in campo minacciando l’arbitro con addosso una pistola in bella vista. Destino ha voluto che la finale di coppa di Grecia 2018 fosse di nuovo Paok vs AEK e appreso che la partita si giocherà ad Atene (facilmente raggiungibile da Napoli) nonché alla presenza delle due tifoserie, non esito ad organizzare tutto e partire, accompagnato in questa avventura da un amico che, come me, è un malato di partite dall’atmosfera incandescente.

Arrivati ad Atene ci fiondiamo per prima cosa alla sede della Federcalcio greca, organizzatrice dell’evento, per ritirare gli accrediti, sinceramente sorpresi dalla grande e gentile accoglienza riservataci: c’è qualche intoppo e le pratiche vanno per le lunghe, ma mai un cenno di seccatura o di chiusura nei nostri confronti così alla fine, concessici i pass, ci salutano quasi onorati della presenza straniera per questo evento.

Dopo aver fatto un giro nel centro di Atene, ci dirigiamo in metropolitana verso lo stadio e più ci avviciniamo alla fermata dello stadio Olimipico (sede designata della finale ma anche sede abituale delle partite casalinghe dell’AEK, che quindi gioca praticamente in casa) tanto più aumentano le maglie giallo-nere a bordo. Quando mancano 4/5 fermate all’arrivo, da lontano giungono i cori dei primi gruppi ultras dell’AEK, che già cantano nell’attesa del treno ed appena si aprono le porte dello stesso, entrano a spinta continuando a cantare. Nessuno vestito

Stone Island, Fred Perry o altri status symbol di moda tra gli ultras italiani: tutti rigorosamente con maglie dell’AEK e sciarpe degli Original 21. Le fermate restanti sono un trionfo di canzoni, battimani e cori a rispondere, con i finestrini o le porte del treno usati come tamburi. In tutto questo scenario, le signore ed i vecchietti presenti si incantano a guardarli e si compiacciono tra di loro: ha quasi dell’incredibile a vederlo dalla prospettiva del nostro paese di provenienza, dove il cittadino medio vive certi eventi puramente folkloristici con lo stesso terrore di un attentato.

Arrivati a destinazione, si riversano tutti per strada accendendo torce e bombe con il corteo che si forma in maniera del tutto naturale. Ci accodiamo e li osserviamo muoversi compatti, non si smettono di cantare un secondo; tra di loro molte facce davvero brutte (o belle, dipende dal punto di vista). Quando mancano un centinaio di metri allo stadio si vede una colonna di pullman della polizia che fa da prefiltraggio e mentre ci mettiamo in fila partono i primi scontri, con la polizia che carica e i tifosi che rispondono: mancano ancora due ore al fischio di inizio e già si consumano scene ormai inedite (o quasi) in Italia. In mezzo alle cariche, prima dei tifosi e poi della polizia, inizia una serie interminabile di esplosioni di petardi da primo dell’anno, saranno stati forse 150 o 200, davvero impossibili da contare.

Quando la situazione si calma e la polizia fa passare i tifosi, decidiamo di passare anche noi. Superato il prefiltraggio, scorgiamo un’altra cinquantina di persone incappucciate con passamontagna gialloneri che rompono mattoni e pietre e si dirigono di nuovo verso la polizia a caricarla e se in faccia non li si poteva vedere, nei loro occhi si leggevano quella stessa rabbia sociale e quell’odio che da qualche anno, da queste parti, si riversa verso la polizia, identificata come parte integrante di chi il potere lo esercita e a danno del resto della popolazione che lo subisce.

Tra mille difficoltà riusciamo a guadagnare il campo quando manca un’ora e mezza. I due settori sono già praticamente stracolmi: 18mila presenze per tifoseria, esattamente quanti erano i biglietti a disposizione. Appena entrati sembriamo due bambini nel paese dei balocchi: ci piazziamo subito sotto la curva dell’AEK dove, nonostante manchi ancora molto all’inizio, si alzano cori da paura, battimani mostruosi con braccia apertissime e striscioni ben in mostra. Fra questi si notano subito le pezze rubate ai rivali ed una dei gemellati livornesi, mentre in contemporanea anche quelli del Paok cominciano a scaldare i motori insultando i dirimpettai (deduco siano cori ostili per i fischi di disapprovazione dei tifosi dell’AEK). Altra nota degna di menzione, alla sinistra della curva dell’AEK si posizionano un centinaio di ragazzi in passamontagna a ridosso della polizia, provocandola in continuazione, sparandogli petardi addosso ed approfittando anche per offendere i rivali.

Ci spostiamo sotto quelli del Paok ed è lì che restiamo per tutto il primo tempo. Si fa subito notare un gruppo alla destra del settore che, anche in questo caso con il volto travisato dal passamontagna, risultano comportamentalmente speculari ai tifosi dell’AEK nei pressi della polizia, ovvero investendola di bombe, torce e insulti, cercando di romperne il cordone per arrivare a contatto con gli avversari. Il resto del settore, invece, tifa con una potenza inaudita, con battimani e cori che fanno tremare le gambe per la potenza e la partecipazione, con un bel picco anche dal punto di vista “coreografico” quando si girano tutti spalle al campo.

Un signore in giacca e cravatta, non capisco se un dirigente o cos’altro, si avvicina al gruppo più facinoroso di tifosi del Paok nel tentativo di distoglierli dai loro intenti bellicosi ma questi, incuranti della sua presenza e dei suoi inviti, continuano a sparare bombe fino al punto che l’uomo desiste. Nel frattempo entrano le squadre in campo e parte una bella torciata da parte del Paok ed una fumogenata gialla da parte AEK: la maggior parte delle torce vengono lanciate contro la polizia a bordo campo che si difende come può. Finita la torciata, diradatosi il fumo, intorno alla polizia si nota di tutto, pietre, fumogeni, pezzi di ferro e bulloni.

Il tifo procede con qualche pausa durante il primo tempo, ma quando tifano, tifano tutti, a differenza di come ci siamo abituati in Italia dove ormai il tifo è sempre e solo ad appannaggio di una macchia centrale di Curva. A metà primo tempo viene fischiato un rigore per il Paok e l’esultanza per questa decisione è qualcosa di veramente incredibile ed è altrettanto spettacolare l’esultanza dei tifosi dell’Aek tre minuti dopo per la prodezza del portiere che neutralizza il penalty.

Finito il primo tempo ci spostiamo sotto la curva dell’Aek dove stanno distribuendo torce in tutto il settore ed i ragazzi quasi litigano per accaparrarsi una torcia. Al rientro delle squadre in campo parte la torciata, non fittissima ma comunque suggestiva nel suo effetto ottico. Nel frattempo, i ragazzi posizionati alla sinistra del settore in cerca di scontri sono ancora là e le loro intenzioni non sono cambiate: sempre minacciosi e con i visi travisati, continuano a sparare bombe verso la polizia.

Il tifo dei gialli è spettacolare sul serio, sembra quasi che la curva balli cantando, poi segna il Paok e nel settore opposto è il delirio: pirotecnica a profusione, torce lanciate in campo e addosso alla polizia, bombe, succede davvero di tutto.

Il tifo dell’AEK cala un po’ ma non cala la quantità di bombe del gruppo di incappucciati. Gli ateniesi attaccano, ma senza mordente e in pieno recupero, il Paok raddoppia dando sfogo ad un’altra esultanza da brividi. Contemporaneamente, ma davvero contemporaneamente, quasi come un fallo di reazione, parte la carica dei ragazzi incappucciati nei confronti della polizia nel tentativo di raggiungere gli avversari. La polizia risponde e spara molti lacrimogeni che rendono l’aria irrespirabile.

Mentre l’arbitro fischia la fine, gli scontri continuano. Con il settore dell’AEK che va svuotandosi, decidiamo di fare nuovamente un giro sotto i supporter del Paok dove assistiamo all’ennesima scena assurda della giornata: mentre il grosso del settore festeggia, un gruppo di un centinaio di loro si lancia verso il cordone della polizia nel tentativo di romperlo e raggiungere i rivali, ma focalizzandosi poi a scontrarsi con la polizia.

Passato poco più di un quarto d’ora, con il settore dell’AEK ormai vuoto, alcuni tifosi del Paok entrano in campo per farsi foto ricordo, altri indossano la maschera con il volto del presidente del Paok (quello della pistola…) ma noi decidiamo di guadagnare l’uscita dove ci aspetta un amico dell’AEK.

All’esterno, incredibile ma vero, la situazione non si è affatto calmata, anzi, ci sono ancora scontri tra polizia e tifosi dell’AEK che a vicenda si caricano. Poliziotti con manganelli e lacrimogeni, tifosi con pietre e cinghie: una propensione e una ricerca così veemente agli scontri che ha dell’incredibile. Per raggiungere la metro, dove ci aspetta l’amico greco, siamo costretti ad un giro lunghissimo per non imbatterci negli scontri. Solo una volta raggiunta la fermata e partito il treno realizziamo le scene folli che abbiamo lambito!

Senza fare troppi paragoni tra Italia e Grecia, che andrebbero contestualizzati sulla scorta delle rispettive situazioni sociali e dei rispettivi apparati legislativi, se è vero che in Italia abbiamo una repressione che non permette nemmeno di ruttare senza essere diffidati, è altrettanto vero che nessuno impedisce direttamente di cantare o di fare un battimani ed invece ci si ritrova segregati, sempre gli stessi a cantare in una zona circoscritta in cui il gruppo centrale si impegna nel tifo evidenziando forti fratture con il resto del pubblico. I battimani a tutto settore sono diventati una rarità, le braccia aperte e alte da parte a parte, l’intera curva che canta con rabbia seguendo i coristi sembrano un reperto d’archivio dei documentari degli anni ’80 e ’90. Inutile negarlo, ci siamo un po’ troppo imborghesiti, sovvertendo l’ordine gerarchico fra essenza ed estetica: auguro un AEK-Paok a tutti i malati del mondo ultras ma più di tutto mi auguro che si possa ristabilire quell’ordine naturale delle cose e che si possa recuperare quella furia agonistica e quella voglia di tifare perse per strada.

Emilio Celotto