Esiste un torneo, quello di basket, che oltre a non finire praticamente mai (con una finale che contempla la possibilità di arrivare a Gara 7, il rischio di finire ad inizio Luglio è più che un’ipotesi), ti dà la possibilità di rifiatare da quello pesante e spesso stressante del pallone. L’ho detto centomila volte e continuerò a ripeterlo fino allo sfinimento.

Sperando che nessuno decida di metter mano su questa che, almeno per ora, resta ancora un’oasi felice, almeno a livello di pubblico, non appena è possibile, mi prendo una boccata d’ossigeno mettendo piede nei palazzetti.

Prendiamo Siena, a naso direi che negli ultimi due anni sono venuto al PalaEstra ben sette volte. Non una bazzecola insomma, eppure devo dire che ogni volta non c’è da annoiarsi, anche fosse solo per le partite che riservano sempre tanto entusiasmo, condito dalle rivalità sugli spalti. È in quest’ottica che decido di sobbarcarmi nuovamente questi 500 km andata e ritorno, coinvolgendo stavolta anche la mia ragazza, con la scusa di una bella giornata a Siena tra monumenti e, perché no, i tipici prodotti culinari che la Valdichiana offre gustosamente.

Partiamo con netto anticipo e l’autostrada risulta abbastanza sgombra, con il cielo che intervalla secchiate d’acqua a sprazzi di sole e cielo azzurro. Una volta entrati sulla superstrada Bettolle-Siena i chilometri passano velocemente ed ecco materializzarsi davanti a noi il centro cittadino, dopo aver passato i tanti paesini e borghi che sono romanticamente disseminati in questa tranquilla zona d’Italia. Lasciata la macchina tra il palazzetto ed il centro storico, possiamo goderci per qualche ora la città.

Assolti i compiti turistici, quando l’orologio segna le 19:30, è ora di incamminarsi verso il PalaEstra. La strada ormai la conosco, così come il posto dove lasciare la macchina. Come spesso mi accade, la mia personale “area di parcheggio” nei pressi degli impianti sportivi, è contraddistinta da una rigogliosa natura che si sviluppa selvaggia tra licheni e pioppi. Oltre all’erba umida che logicamente penetra nelle mie scarpe dandomi la mera illusione di essere in Piazza San Marco durante l’acqua alta. Riprendiamo la strada asfaltata ed in pochi minuti siamo davanti alle entrate. Ritiro il mio accredito e subito dopo siamo dentro.

Il PalaEstra si sta riempiendo, come spesso accade da queste parti, infatti, i biglietti sono andati quasi tutti esauriti per il primo atto delle semifinali scudetto. A mettere ulteriore pepe a queste sfide c’è l’orgoglio ed il senso di appartenenza del pubblico senese, che sente tali incontri come una vera e propria chiamata alle armi per quelle che potrebbero essere le ultime battaglie di grido, prima della discesa negli inferi delle serie inferiori a causa dei noti problemi legali del presidente Minucci.

La Brigata si fa sentire subito, spronando i giocatori che sono impegnati nel riscaldamento, mentre sul fronte ospiti, quando manca qualche minuto all’inizio della partita, fanno il loro ingresso i Roma 1960. In totale sono un centinaio i tifosi provenienti dalla Capitale, una rappresentanza più che buona, che si mette subito in evidenza con un paio di battimani che punzecchiano gli avversari toscani. C’è spazio poi per la sciarpata biancoverde sulle note della classica Verbena, coro che viene cantato praticamente da tutto il palazzo e che non tradisce mai le attese.

Le due squadre si portano nel centro del campo, con l’arbitro che dà il la alle ostilità scodellando al cielo la palla a due. Sugli spalti il clima è di quelli giusti, gli ultras senesi cantano al ritmo dei loro tamburi, facendo un bello sfoggio di bandierine e bandiere che in più di un’occasione offrono un gran colpo d’occhio. Gli ospiti sembrano carichi e motivati con le loro manate secche ed il loro “Tutti quanti cantano e bevono per te” che risulta davvero possente e ben fatto in più di un’occasione.

La rivalità tra le due fazioni è ormai cosa arcinota ed è stata infiammata dalla finale scudetto dello scorso anno, con le molte recriminazioni su sponda romana per qualche arbitraggio giudicato, a loro modo di vedere, iniquo. È proprio sulla scorta di questo che il pubblico mensanino offende a pieni polmoni il presidente della Virtus Claudio Toti, reo di aver rilasciato dichiarazioni contro il club toscano e la sua politica societaria.

Intanto in campo le due squadre si fronteggiano a viso aperto, con i primi due quarti che si disputano sul filo dell’equilibrio. Un andamento della partita che galvanizza le tifoserie, le quali non si risparmiano rispondendosi coro su coro. È negli ultimi due quarti che gli equilibri mutano, con i padroni di casa che prendono dapprima il sopravvento, conquistando un cospicuo vantaggio, salvo poi subire il ritorno dei romani nella ripresa con un epilogo che rischia di essere clamoroso. L’ultima azione, infatti, è nelle mani del giallorosso Jones che, con la sua squadra sotto di un punto dopo averne recuperati oltre dieci, penetra in area avversaria ma non riesce a fare canestro, provocando l’esplosione del PalaEstra che esulta per il successo.

Ultime schermaglie tra le tifoserie e poi anche per noi è ora di fare retromarcia e riguadagnare la strada di casa. L’umidità chiaramente rende il mio già provvisorio parcheggio un vero e proprio pantano, così a farne le spese sono nuovamente le mie scarpe, che diventano pressappoco come quelle delle mondine nelle risaie piemontesi. L’immagine non è certo idilliaca, ma quantomeno veritiera.

Altre due ore e mezza ci separano da casa ed il buio della superstrada per Bettolle non è certo un buon inizio. Mentre la mia ragazza dorme, io rielaboro nella mia testa un po’ tutta la serata del palazzetto, e come sempre sono contento di aver vissuto quest’ambiente che fa da cornice ad uno sport ancora poco contaminato come il basket. Il mio personale antidoto all’alta tossicità del calcio moderno.

Simone Meloni.