Per valutare la qualità di una tifoseria non basta assistere solo alle grandi partite, e sicuramente assumono molto importanza quelle sfide cosiddette “minori”, dove magari non esistono rivalità di sorta con la fazione opposta. Così è per la trasferta più lunga dell’anno che il Rapid Vienna deve affrontare nella piccola Altach, comune vicino al confine con la Svizzera, a circa 650 Km di distanza dalla capitale.

Lo stadio è stato recentemente rinnovato e allargato con due curve coperte. La capienza di quasi 8.500 posti ha superato il numero totale di abitanti (ca. 6.770) della piccola cittadina.

Cosi non è una sorpresa che, nonostante il nome altisonante dell’avversario, la partita è lontana dal tutto esaurito. Gremito solo il settore ospiti, dove sono esposte tutte le pezze dei gruppi principali, e anche dagli amici di Norimberga.

Ad inizio partita i biancoverdi offrono un bel colpo d’occhio con tante bandiere a due aste, qualche bandierone e un fumogeno.

Il settore casalingo è composto da una trentina di ragazzi raggruppati dietro le loro pezze bianconere e con qualche bandiera al seguito, sventolate per tutta la partita. Cercano sempre di incitare la propria squadra, tuttavia il confronto coi dirimpettai è impari e l’intensità è quel che è.

I viennesi tengono le bandiere sempre in alto, tutto il settore è sempre in movimento e si presenta ottimamente colorato. Vengono accesi a più riprese alcune torce e dei fumogeni, anche all’inizio del famoso “quarto d’ora del Rapid”.

La squadra sul campo dà il suo contributo e vince la partita con un secco 3 a 0. In festa quindi il settore ospiti; al contrario, infuriati i tifosi locali, che contestano la squadra quando passa sotto la curva. In questa stagione le aspettative sono aumentate (dopo anni di successi culminati con la qualificazione all’Europa League di due anni fa), ma ad oggi sono disattese. Una situazione delicata per la società, dopo l’investimento fatto per la squadra e per la struttura.

La tifoseria del Rapid, invece, ha offerto un’ottima prestazione, anche ben lontana dal proprio stadio.

Jurgen de Meester