Sono passati poco meno di otto mesi da quando l’Altamura ha disputato la sua ultima gara interna al Tonino D’Angelo. Era il 21 aprile e i murgiani, battendo per 2-1 il Gallipoli, conquistavano per la prima volta l’accesso nella terza serie professionistica, dando il la a una festa che si sarebbe protratta fino a notte fonda per le belle viuzze del centro storico. Come ben sappiamo, da qualche anno, quasi sempre salto di categoria significa dover rinnovare le proprie strutture sportive o, nei casi più estremi ma non meno frequenti, abbandonare la propria città per trasferirsi in stadi limitrofi a norma. Questo problema, logicamente, si è posto anche nella città federiciana, dove già prima della promozione matematica, quando il campionato lasciava ormai intuire l’andazzo, dirigenti e comune hanno cominciato a proiettarsi mentalmente ed economicamente in tutti i lavori da fare. Non pochi e non semplici, come ben descritto nell’articolo del match tra i biancorossi e il Benevento, giocato in quel di Bari. Già, perché in questi mesi il San Nicola è stato teatro delle gare casalinghe dell’Altamura: una scelta obbligata che ha pesato gravosamente sulle casse del club (60.000 Euro il costo dell’affitto per ogni partita) e ha ovviamente posto dei seri ostacoli alla partecipazione del pubblico: pensate quanto alla lunga sia pesante dover percorrere cento chilometri tra andata e ritorno ogni due settimane, soprattutto se non si ha un mezzo proprio e nei fine settimana si deve sottostare ai difficili orari delle Ferrovie Appulo-Lucane. Mettiamoci poi che in uno stadio così grande e dispersivo, dove anche i baresi hanno talvolta difficoltà a far sentire il proprio calore, due o tremila spettatori sembrano almeno la metà.
Ecco perché il ritorno tra le mura amiche era a dir poco vitale e necessario, tanto è vero che il club ha preferito “riappropriarsi” del D’Angelo anche non potendo usufruire della sua capienza totale, considerata la tribuna scoperta non ancora agibile totalmente. Un ritorno a casa che è stato in dubbio fino a pochi giorni prima del calcio d’inizio, manco a dirlo ostaggio (tra i vari fattori) dell’ipocondria della Questura, che non avrebbe voluto concedere l’agibilità e soprattutto avrebbe volentieri fatto a meno della presenza ospite, come da italico – vergognoso – costume. In tal senso provvidenziale è stato l’intervento del sindaco di Altamura, che il giorno precedente al match si è preso la responsabilità (udite, udite!) di firmare un provvedimento con cui concedeva il nulla osta all’utilizzo della tribuna coperta (1.768 posti) e al settore ospiti (700 posti), per una disponibilità totale di 2.468 posti. Risposta molto semplice a chiunque abbia mosso la critica “Eh ma allora non era meglio continuare a giocare al San Nicola anche le ultime tre gare dell’anno solare?”: ovviamente no. Innanzitutto il numero dei presenti nel capoluogo era divenuto ormai inferiore alla disponibilità provvisoria del D’Angelo e, quindi, non dovendo sborsare i 60.000 Euro di cui sopra, già di suo rappresenta una motivazione più che valida per accelerare i tempi. Se poi ci si mette che nell’impianto di Via Mura Megalitiche per i tifosi è stato possibile, finalmente, creare un ambiente più caldo e vicino alla squadra, la scelta appare ineccepibile. Infine mi si permetta una considerazione: nell’epoca in cui nessuna istituzione, generalmente, vuol prendersi responsabilità in tema di ordine pubblico, va dato atto, una volta tanto, al primo cittadino altamurano di aver fatto il proprio lavoro in modo corretto. Così come è senza dubbio una mosca bianca la tempistica con cui i lavori sono stati consegnati, rispettando il cronoprogramma (inizio il 13 settembre, fine il 13 dicembre) e coinvolgendo molte aziende locali (cosa che probabilmente ha favorito suddetta celerità).
Se quasi sempre stigmatizziamo i tempi biblici con cui in Italia si fanno questo genere di cose, in questo caso va riconosciuto a tutte le parti in causa di esser state fedeli ai proclami iniziali, riconsegnando l’impianto alla città per le date previste. Anche perché il restyling necessario per rendere lo stadio idoneo non era propriamente un’inezia: innanzitutto sono state reimpiantate le torri faro, dotate davvero di un’ottima luce, tanto è vero che scattare in notturna è stato meno problematico di altre volte. Sulle gradinate sono stati apposti seggiolini con i colori sociali, mentre le recinzione che separava il campo dagli spalti è stata tolta e rimessa nuova. Ovviamente si è reso obbligatorio rivedere totalmente l’accessibilità, migliorandone i percorsi; tutto lo stadio è stato ridipinto. Come da prescrizione della Lega, inoltre, è stato necessario compiere dei lavori di rifacimento degli spogliatoi e delle panchine, nonché creare gli skybox e uno spazio utile al GOS. Sebbene non fosse obbligatorio, cogliendo la palla al balzo il Comune ha anche sostituito il manto erboso, apponendo quello sintetico. Per quanto possa sembrare tutto semplice e lineare, si tratta di opere costose e complesse, che in genere si protraggono sempre oltre i tempi previsti, lasciando giocare le partite casalinghe della squadra cittadina in trasferta per buona parte dell’anno. Ma su questo Altamura ha senza dubbio mostrato tutta la sua operosità ed efficienza, che per certi versi è persino esponenziale rispetto a quella già notevole che caratterizza la Puglia e che ha permesso a questa regione di ergersi tra le prime nel Sud Italia per sviluppo delle infrastrutture e realizzazione delle opere pubbliche.
In virtù di tutto ciò, c’è stata una malcelata incertezza sull’idoneità dell’impianto, con il semaforo verde che, come detto, è arrivato solo nella serata di mercoledì e solo nel tardo pomeriggio di giovedì è stata aperta la vendita ai tifosi irpini. Cinquecento biglietti a disposizione, con la deroga (ovvia ma non scontata) sull’acquisto, possibile sino a mezzogiorno del dì seguente. I tagliandi verranno polverizzati in poche ore, così come quelli messi a disposizione dei tifosi di casa, designando un quadro senza dubbio preventivabile ma ugualmente appagante: posti disponibili sold out ed entusiasmo alle stelle. Personalmente torno ad Altamura dopo oltre un anno, trovando una città che nel frattempo ha assimilato la Serie C e si è ridipinta in molti suoi angoli con scritte e murales fatti dai gruppi. Oltre a quelli dipinti sul muro di cinta dello stadio, molto belli e identitari quelli sparsi in varie zone della città, quasi a voler marcare il territorio e a spingere ancor più sull’acceleratore di quel legame tra squadra e comunità che in questi anni, anche grazie agli ottimi risultati, è palesemente cresciuto, costituendo una base solida, che sarà senza dubbio importante anche in futuro, se i risultati dovessero venire meno.
Quando manca un’ora al fischio d’inizio, già molte persone sono in fila davanti al prefiltraggio dello stadio, approntato quest’anno per la prima volta e “custodito” da una masnada di omini in pettorina gialla, spalleggiati dai funzionari della PS armati di telecamera. Sicuramente uno scenario ben differente rispetto a quello della Serie D, dove gli ingressi erano molto più blandi. Chiaro che anche l’avversario abbia giocato un ruolo fondamentale nell’organizzare il servizio d’ordine, sebbene tra le due fazioni non esistano precedenti e, di fatto, ci sarà totale indifferenza per tutta la partita. Nei bar di fronte all’impianto l’entusiasmo è palpabile e decine di ragazzi riscaldano il pre partita tra birre, cori e fumogeni. L’attesa è grande, così come la voglia di tornare a gremire quelle gradinate dove, negli ultimi anni, i murgiani sono gradualmente cresciuti, scrivendo pagine importanti della loro storia e perfezionando stile e modo di vivere lo stadio. Prima che la gara inizi, a centrocampo va in scena una sorta di cerimonia inaugurale dell’impianto a cui partecipano il sindaco, il Ministro Andrea Abodi, i dirigenti del club e il sacerdote della locale diocesi, chiamato a benedire lo stadio. Il tutto mentre gli ultras pugliesi stanno riscaldando l’ambiente con i primi cori, per caricare la squadra impegnata nella fase di riscaldamento. Tra le fila biancorosse da sottolineare la presenza dei ragazzi di Angri, con la pezza appesa sopra lo striscione degli Irriducibili. Quando i ventidue calciatori stanno facendo il loro ingresso in campo, nel settore ospiti gli ultras irpini ancora non sono entrati. Questo – da un punto di vista meramente fotografico – mi permette di non avere l’ansia di mancare qualche passaggio importante, infatti mi piazzo sotto al settore dei gruppi altamurani, godendomi la bella e fitta sciarpata iniziale, illuminata da qualche torcia e da alcuni flash. Penso che in questa materia i biancorossi siano veramente bravi e capaci, pertanto ho apprezzato molto il non voler realizzare particolare coreografie, affidandosi a un classico per ogni tifoso da stadio: sciarpa, bandiere e pirotecnica. Elementi semplici ma che assicurano una riuscita perfetta! Peraltro neanche il tempo di iniziare, che l’Altamura passa in vantaggio, facendo esplodere la tribuna e favorendo i cori coordinati dai ragazzi col megafono in mano. In un settore pieno zeppo, anche di persone che non frequentano abitualmente il tifo organizzato, questi ultimi si fanno logicamente in quattro, riuscendo comunque a far cantare i presenti e a dar vita a una buona prestazione, che come sempre restituisce tutte le principali caratteristiche dello stile in voga tra i locali: cori secchi e mani a ritmare, ma anche molto colore con due aste e bandiere.
Intorno al decimo minuto anche gli avellinesi prendono posto nel loro settore, compattandosi dietro il consueto striscione da trasferta e cominciando a macinare tifo. Negli anni mi sono spesso trovato al cospetto della Sud biancoverde e anche stavolta ho avuto la conferma di come, dal punto di vista del tifo, sia una di quelle realtà con cui si va sul sicuro. Gli irpini sfoggiano il loro solito repertorio, fatto di cori tenuti a lungo, manate granitiche, bandieroni sventolati incessantemente e buon utilizzo della pirotecnica. Non mi piace classificare le tifoserie in base alla categoria che meriterebbero, perché il calcio ci insegna che i risultati sportivi quasi mai marciano di pari passo con il valore di un pubblico, ma è innegabile che ci siano piazze di un livello superiore, sia per la tradizione e la storia passata, sia per il lavoro di ricostruzione e rinnovamento fatto dalle nuove generazioni. Ad Avellino, in questi ultimi anni, si sono avvicinati veramente tanti ragazzi – sulla scorta di un ricambio generazionale che ha coinvolto tutto il Belpaese – e questo ha portato una ventata di energia ed entusiasmo, come sempre dovrebbe essere all’interno di un movimento che nasce giovanile ma che, spesso, troppo si lega (quasi in maniera schiavista) a personaggi vecchi (di età e di idee) che fungono più da freno a mano che da fattore corroborante. Questo per dire, più complessivamente, che la la gente al seguito del Lupo è veramente l’espressione di una provincia che nei colori biancoverdi si identifica, sino a rappresentare un serbatoio fondamentale per una città che di suo conta 52.000 abitanti.
Ecco, forse si potrebbe dire che il confronto odierno è tra una realtà affermata e di livello, una grande piazza volendo essere onesti, e un’altra che appartiene a quella fascia di ottime tifoserie, bravissime nel crescere e nello sviluppare un senso di comune sinergia con la propria collettività attraverso gli ultras, che in città non sono visti come un corpo estraneo ed elitario, ma come un centro di aggregazione al quale riferirsi. E onestamente, per quei pochi che hanno avuto l’ardire di imbarcarsi in polemiche sul fatto che non sia giusto che il tifo organizzato abbia, in generale, la priorità sui biglietti quando questi sono pochi, mi viene solo da rispondere che nella vita esiste (o dovrebbe) un ordine delle cose, nonché una meritocrazia e un rispetto dei ruoli. Non voglio scendere nel banale e retorico “Io sono venuto cento volte, te manco una”, però davvero certi commenti te lo tolgono dalla bocca: se Tizio ha visto tre partite negli ultimi cinque anni e Caio è stato presente a Pezze di Greco come a Catania, senza saltarne neanche una, perché mai Tizio e Caio dovrebbero avere la stessa priorità su un tagliando? Ma questo il tifoso da stadio lo sa bene. Sono i cosiddetti occasionali, o per meglio dire “spettatori da teatro”, a non comprenderlo. Quindi lo ribadisco: la scelta di tornare su suolo natio anche a stadio non completamente aperto, è stata sacrosanta. Anche perché pure la società avrà fatto le sue valutazioni logiche e lungimiranti, pensando a quanto possa essere la media stagionale, anche contro avversarie meno blasonate o in partite meno importanti di un evento storico come quello di stasera.
Tornando alla partita, a metà primo tempo i campani pervengono al pareggio, per poi affondare il colpo nella ripresa e sbancare Altamura con un perentorio 1-3, risultato tuttavia troppo pesante per una Leonessa che ha dimostrato tutto il suo valore, impegnando i dirimpettai e sfiorando in varie occasioni il secondo gol. Finisce così con le squadre a raccogliere l’applauso delle rispettive tifoserie. Gli irpini si stringono agli ultras, cantando con loro e raccogliendo la spinta dei presenti, che successivamente chiudono la bella serata di tifo scandendo numerosi cori in favore del movimento ultras e contro la repressione. Voce e mani anche tra le fila murgiane, dove il ritorno a casa vuol essere vissuto fino all’ultima goccia, prima che i soliti, inutili, steward vengano a reclamare l’uscita del pubblico “perché dobbiamo andar via”. Repetita iuvant: la figura più insensata e inutile del calcio contemporaneo! Dedico gli ultimi scatti allo stadio vuoto e poi anche per me è arrivato il momento di congedarmi. Malgrado il freddo e forte vento che mi taglia la faccia, queste sono le serate che mi restituiscono un minimo di armonia con il mondo che amo e mi danno ancora un po’ di voglia nell’approfondirlo e scoprirlo. Quando esco mischiandomi alla folla mi rendo conto di quanto questo rituale, che ripeto ogni settimana, sia vitale per me. Di quanto il sentire i tifosi chiacchierare e sbraitare faccia parte della mia routine e quegli assembramenti folli e illogici di fondo, siano ancora la cosa più bella ed empatica che riesca a vedere e sentire nell’arco dell’intera settimana!
Simone Meloni









































































